L’Associazione Italiana Dislessia ha recentemente pubblicato il resoconto di una piccola indagine svolta su 35 studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (20 ragazze e 15 ragazzi), residenti nelle province di Biella e Vercelli, di età compresa tra i 14 e i 18 anni, con lo scopo di valutare l’impatto emotivo della didattica a distanza. Agli studenti e alle studentesse coinvolte è stato somministrato un questionario che, accanto agli aspetti più pratici, si soffermava anche sulla rilevazione degli stati emotivi nel corso dell’esperienza di didattica a distanza.
Naturalmente i limiti di un’indagine su piccoli numeri e relativa a un campione ristretto per provenienza geografica e ordine di scuola coinvolti sono evidenti, quindi ogni generalizzazione impropria va evitata e si deve tenere conto della possibilità di correzioni anche sostanziali, ma i dati sono lo spunto per alcune riflessioni interessanti.
Il quadro dell’esperienza con la didattica a distanza che emerge dall’indagine mette in evidenza, come immaginabile, alcuni aspetti positivi e alcune criticità.
Tra gli aspetti positivi della didattica a distanza, gli intervistati hanno citato il minor imbarazzo nell’uso di alcune delle misure compensative e dispensative previste dal Piano Didattico Personalizzato per superare le difficoltà caratteristiche del disturbo specifico dell’apprendimento. La consultazione di schemi e mappe concettuali o degli ausili tecnologici previsti è risultata più naturale, perché nella dimensione della didattica a distanza si ha meno l’impressione di essere tenuti “sotto controllo” dagli insegnanti o dal resto del gruppo classe.
Purtroppo una considerazione di questo tipo, sebbene possa sembrare, a uno sguardo superficiale, un aspetto positivo, in realtà punta il dito sul senso di disagio che ancor oggi accompagna il vissuto scolastico degli studenti con DSA. Il fatto che nel corso delle lezioni in presenza uno studente provi imbarazzo nell’adoperare le misure previste dal suo Piano Didattico Personalizzato per poter superare una difficoltà oggettiva e godere del proprio diritto allo studio rappresenta una grave sconfitta per la scuola, alla quale è necessario porre rimedio.
Il 70% del campione ha affermato, inoltre, che l’esperienza della didattica a distanza si è dimostrata un buon esercizio per potenziare un uso più strategico ed efficace degli strumenti tecnologici, allo scopo di superare le difficoltà collegate con il DSA.
L’aspetto più problematico messo in luce dall’indagine riguarda il vissuto emotivo: il 90% delle studentesse e degli studenti ha riferito di affrontare l’attività scolastica con un atteggiamento che non è di serenità o calma, in relazione sia all’esperienza quotidiana sia all’esito dell’anno scolastico. In particolare, l’80% riferisce di provare preoccupazione per la situazione e il 20% addirittura ansia. Tra gli aspetti più problematici vi è il senso di isolamento connesso con la diminuzione della dimensione sociale della vita scolastica. 34 studenti hanno riferito di aver vissuto un maggior numero di situazioni di isolamento e solitudine, ma il 40% rileva di aver avuto il sostegno dei compagni anche a distanza. L’aspetto giudicato più difficile da sopportare è stata la mancanza della relazione in presenza con gli insegnanti e i compagni di classe e i feedback più scarsi che si possono ricevere nel corso delle lezioni a distanza.
Nelle riflessioni finali del gruppo che ha coordinato la ricerca si rileva l’importanza di trovare nuove strade per aiutare gli studenti con bisogni educativi speciali ad affrontare in modo sereno la didattica a distanza, puntando, in particolar modo, sull’attenzione alle emozioni dello studente, che gli insegnanti devono essere in grado di gestire in modo corretto, aiutando gli allievi e le allieve a elaborare lo stress da isolamento. È anche fondamentale favorire l’adozione di forme alternative di comunicazione tra gli studenti, per sopperire almeno in parte all’interazione in presenza.
«Gli esiti della ricerca riportata – ci ha detto Daniela Traficante, docente di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione all’Università Cattolica di Milano ed esperta di Disturbi Specifici dell’Apprendimento – si allineano perfettamente alle osservazioni emerse da altre ricerche, comprese quelle a cui ho partecipato personalmente. Psicologia e neuroscienze evidenziano, inoltre, da tempo come il vissuto emotivo degli studenti sia in grado di influenzare in modo sostanziale gli esiti dell’apprendimento. Se, da un lato, un livello di ansia moderato può anche contribuire a stimolare la concentrazione, dall’altro il suo eccesso, molto comune nel caso di questa difficile situazione, può risultare paralizzante e impedire di affrontare compiti complessi, che necessitano di capacità di rielaborare, di mettere in rapporto concetti, di fare delle inferenze. Lo sforzo richiesto da una verifica, per esempio, in queste circostanze, può essere fonte di grande stress per una studentessa o uno studente con un DSA».
Teniamo presente che i numeri, in parte rassicuranti, dell’indagine saranno anche stati influenzati dall’età del campione esaminato: si tratta, infatti, di ragazze e ragazzi nella fascia d’età delle scuole superiori, quindi piuttosto autonomi nella gestione dello studio. I problemi di gestione delle lezioni a distanza si fanno certamente più concreti per i più piccoli, che avrebbero bisogno di un supporto non sempre disponibile e questo limita in modo inaccettabile il diritto allo studio di tante bambine e bambini nel corso dell’emergenza pandemica.
Sottolinea Traficante: «Dai colloqui svolti con alcuni genitori, per esempio, è emersa la sensazione che alcuni insegnanti, probabilmente sopraffatti dalla difficile gestione delle tante attività connesse con la didattica a distanza, facciano fatica a tenere conto degli studenti con bisogni educativi speciali, che vengono coinvolti di meno, come se restassero sullo sfondo. Questo rappresenta un notevole passo indietro nei riguardi dell’inclusione scolastica. L’emergenza pandemica rappresenta senz’altro per tutti una notevole sfida, ma non dobbiamo permettere che si trasformi in una limitazione del diritto allo studio per alcuni studenti.
I principali problemi riguardano soprattutto i bambini più piccoli: i soggetti che presentano alcune difficoltà nei primi anni di studio e non le recuperano prontamente potrebbero veder crescere i propri problemi di apprendimento nel corso del tempo. È, infatti, noto che gli interventi di recupero, per esempio su abilità di base come lettura, scrittura e calcolo, risultano più efficaci quando sono attuati entro il secondo-terzo anno della scuola primaria».
Nei tempi lunghi e al di là della situazione emergenziale contingente, appare sempre più chiaro il ruolo importantissimo della formazione dei docenti relativamente alla didattica inclusiva. Le esperienze negative riferite da studentesse e studenti con disturbi specifici dell’apprendimento sono spesso legate a pregiudizi, conoscenze limitate o approssimative o, ancora, a falsi miti duri a morire relativamente ai DSA e alle strategie didattiche di compensazione. In questo senso, partire da un progetto di formazione che non si risolva in scarne lezioni teoriche, ma scenda più nello specifico della didattica di ogni disciplina, suggerendo strategie di immediata applicazione e fondate sulle evidenze scientifiche, rappresenta la strada migliore per non lasciare indietro nessuno e garantire a tutti il pieno rispetto del diritto all’istruzione.
«Per esempio, ho avuto personalmente modo di sperimentare alcune promettenti strategie di recupero a distanza, che danno buoni risultati, ma che non sono purtroppo note a tutti gli insegnanti. La didattica a distanza non va vissuta come mero trasferimento delle stesse modalità d’insegnamento in una forma digitale, ma come un’occasione per sperimentare nuove strategie, che, per esempio, consentono anche di socializzare e lavorare in modo collaborativo attraverso gli strumenti elettronici. In generale, in tutti progetti è importante pensare a un coinvolgimento attivo dei genitori, che devono, perciò, essere messi dalla società nelle condizioni di poter sostenere i figli nel loro percorso, con gli opportuni accorgimenti che riguardano la gestione del proprio lavoro e la disponibilità di mezzi informatici», conclude Traficante.
Divulgatrice scientifica, è socia effettiva e presidente della sezione pugliese del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) e membro del direttivo dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM. Scrive per diverse riviste cartacee e online, tra le quali Le Scienze, Mind, Uppa, Focus Scuola, Wired.it, Wonder Why, Scientificast.