Genitore 1: «Non capisco come mai mio figlio non riesca a memorizzare le tabelline. Se ha tempo a disposizione riesce a dirmi quanto fa, ad esempio, 6×6, ma ha bisogno di contare sulle dita e fa un procedimento lungo e complicato. Non riesce semplicemente a memorizzare che 6×6 fa 36. Ho provato diverse volte a farlo esercitare ma… nulla, dopo un po’ se ne dimentica».
Genitore 2: «Mia figlia, invece, sa procedere bene con i calcoli e conosce le tabelline, ma spesso confonde i numeri. Se deve scrivere 1.001 magari scrive 101, oppure 10.001, a volte inverte le cifre o non riesce a stabilire l’ordine di grandezza dei numeri, confondendo 2.554 con 2.545.”
Genitore 3: «Il mio confonde i segni aritmetici, oppure non riesce a incolonnare i numeri correttamente, o non segue la giusta procedura di calcolo. Alla fine vengono fuori calcoli completamente sbagliati. Eppure lui conosce le regole, solo che non riesce ad applicarle…”
Ecco un breve colloquio immaginario, ma assolutamente verosimile, tra genitori di bambini e ragazzi con “discalculia evolutiva” o, come si dice in questi casi, discalculici.
La discalculia evolutiva è uno dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento e riguarda in particolare l’inabilità ad apprendere e automatizzare i meccanismi di calcolo o di conteggio, i processi di lettura o scrittura dei numeri e/o la memorizzazione delle tabelline. L’inabilità ad apprendere può coinvolgere tutti i processi descritti o solo alcuni tra questi, per cui è possibile che un bambino non riesca a imparare le tabelline ma non abbia alcuna difficoltà a gestire numeri, conteggio e procedure, o viceversa.
Come avviene per tutti gli altri DSA, questo disturbo si può osservare in bambini e ragazzi con intelligenza nella norma, senza alcun deficit sensoriale o disturbo neurologico, non dipende dal non aver “studiato abbastanza”, ma dal fatto che, nonostante lo studio e l’impegno, non riescono a consolidare certi apprendimenti.
Esistono anche forme di discalculia non evolutiva. In questo caso si parla di “discalculia acquisita”, può manifestarsi a seguito di un danno cerebrale nel soggetto che, giovane o adulto, prima del danno aveva sviluppato adeguate capacità matematiche. Le discalculie acquisite, tuttavia, non rientrano tra i DSA, proprio perché non hanno un’insorgenza evolutiva e sono invece legate a particolari traumi cerebrali o malattie neurologiche.
La discalculia evolutiva si manifesta già nel corso dei primi tre anni di scuola primaria. Sin dagli esordi, i bambini con discalculia mostrano difficoltà ad apprendere le abilità matematiche di base, a fare semplici calcoli o a memorizzare le tabelline.
Tuttavia, una diagnosi di discalculia può essere effettuata solo dalla fine della terza classe della scuola primaria, allo scopo di ridurre il numero di cosiddetti falsi positivi, ovvero quei bambini che hanno un ritmo di apprendimento più lento ma che nel corso dei primi tre anni di scuola recuperano spontaneamente le loro difficoltà e raggiungono il ritmo dei coetanei.
Si ricorda a tal proposito che mentre la diagnosi può essere svolta anche presso i privati, la certificazione di DSA può essere rilasciata solo dai servizi sanitari o dagli enti accreditati con il Servizio sanitario nazionale, ai sensi della legge 8 Ottobre 2010 n.170 “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico”.
Nell’ipotetico dialogo riportato in apertura, non a caso i genitori descrivono difficoltà diverse nei loro figli, che possono manifestarsi in forma associata o anche in forma isolata nei bambini e ragazzi con discalculia evolutiva.
Esistono infatti diverse forme di discalculia e, a dispetto del nome, non tutte riguardano strettamente i processi di calcolo. Vediamole assieme.
Una prima forma di discalculia evolutiva può manifestarsi con un disturbo nei processi di comprensione e produzione numerica. In questo caso, le difficoltà riguardano la lettura e scrittura di numeri, la comprensione della grandezza numerica e le quantità a cui i numeri si riferiscono. Possono ad esempio essere tipici gli errori descritti dal genitore 2: difficoltà a memorizzare le cifre e tradurle nelle parole corrispondenti, che accresce quando i numeri da leggere presentano più cifre; sostituzione di cifre (ad esempio quando il bambino legge 5 piuttosto che 4, o 45 piuttosto che 44) o inversione nei numeri a più cifre (ad esempio 45 per 54). Quando i numeri presentano lo zero, è molto frequente la sua omissione o anche l’aggiunta (il caso in cui, come già detto, 1.001 viene letto come 101 o 10.001). Questo tipo di errori può compromettere la comprensione della grandezza e delle quantità a cui i numeri si riferiscono.
Nei primi studi sulla discalculia evolutiva, la difficoltà nel leggere e comprendere i numeri è stata infatti definita come “dislessia dei numeri”, in analogia con la difficoltà nel leggere e comprendere le sequenze di lettere tipica di alcune forme di dislessia. Peraltro, anche nella dislessia sono tipici gli errori di sostituzione, inversione, omissione o aggiunta di lettere. Questi errori possono riguardare anche la scrittura dei numeri in cifre, ad esempio durante un dettato o mentre si ricopia. È evidente che una difficoltà di questo tipo può compromettere moltissime prestazioni in ambito matematico, nella scuola primaria ma anche nel corso di tutta la vita. Si consideri infatti che l’errata trascrizione di una cifra, per quanto banale, comprometterà poi il risultato finale di qualsiasi operazione, perfino di quelle eseguite con la calcolatrice!
Le difficoltà di comprensione e produzione numerica non riguardano solo la lettura e scrittura di numeri, ma anche più in generale i meccanismi di conteggio. I bambini con questo tipo di difficoltà, in genere, memorizzano più lentamente la sequenza dei numeri e gestiscono con maggiore fatica anche il conteggio in avanti e indietro. Inoltre, molto spesso si osservano difficoltà già nella memorizzazione dei numeri, che poi inevitabilmente porta a una loro errata comprensione e trascrizione.
Un secondo tipo di discalculia può essere quello descritto dal genitore 1, e viene definita come “discalculia dei fatti numerici” (o dei fatti aritmetici). In questo caso, ciò che si osserva è una persistente e spesso cronica incapacità a memorizzare e automatizzare l’uso delle tabelline e altre operazioni molto frequenti. Questa forma di discalculia, in effetti, non compromette i veri e propri processi di calcolo, ma piuttosto la memorizzazione dei risultati dei calcoli più frequenti.
Un bambino o anche un adolescente con discalculia dei fatti numerici, quindi, di fronte alla richiesta di calcolare 7×6, può arrivare al risultato attraverso dei calcoli lunghi e faticosi (usando le dita o sommando sette volte sei) ma non riuscirà semplicemente e immediatamente a recuperare dalla propria memoria la cifra, compito che solitamente un bambino senza questo tipo di difficoltà riesce a svolgere già dalla terza classe della primaria in poi. La discalculia dei fatti numerici, quindi, corrisponde a un disturbo molto selettivo e particolare nella memorizzazione della tavola pitagorica e di altri calcoli frequenti (ad esempio: 8+7; 100+50 eccetera).
Un terzo tipo di discalculia corrisponde probabilmente a quello che, nell’immaginario comune, il termine stesso descrive, in quanto si manifesta come un disturbo nell’acquisizione dei meccanismi di calcolo e viene definita da alcuni studiosi come “discalculia procedurale”.
Un bambino o ragazzo con discalculia procedurale presenta generalmente una o più delle difficoltà descritte dal genitore 3, ovvero nell’uso dei simboli aritmetici, nella padronanza delle regole e delle proprietà delle operazioni, nella memorizzazione e applicazione delle corrette procedure per svolgere un calcolo a due o più cifre (ad esempio l’incolonnamento o l’uso del riporto o del prestito).
Ovviamente, tutti i bambini nelle prime fasi di apprendimento fanno errori di questo tipo, e generalmente hanno solo bisogno di un po’ di tempo per consolidare regole che poi vengono applicate in modo automatico e senza la richiesta di grandi risorse attentive. Al contrario, ciò che contraddistingue le situazioni di discalculia procedurale è il fatto che i bambini risultano in grado di apprendere queste regole e di utilizzarle correttamente quando sono seguiti e attenti e hanno modo di esercitarsi molto, ma allo stesso tempo tendono a non automatizzarle mai. Ciò comporta che in situazione di maggiore stanchezza o tensione possono commettere errori procedurali anche di una certa gravità, contravvenendo a regole e algoritmi che sembravano appresi. Inoltre, anche solo dopo un breve periodo di interruzione dello studio, sembrano “dimenticare” o non essere più in grado di applicare ciò che avevano imparato.
Infine va detto che, mentre alcuni bambini presentano le difficoltà sopra esposte in forma isolata, altri le presentano in forma congiunta, rendendo l’accesso al mondo dei numeri e della matematica una sfida davvero impossibile.
È molto importante considerare che, anche in presenza di difficoltà persistenti nelle abilità matematiche di base, non possiamo affermare con certezza di trovarci di fronte a una discalculia. Per una verifica accurata, è indispensabile avviare un percorso diagnostico con professionisti specializzati in materia, che riveli, in seguito al colloquio anamnestico e all’uso di test oggettivi:
I test per la discalculia sono in genere delle prove di matematica di base, in cui si osservano però in modo molto analitico altre tipologie di errore, incluso un anormale allungamento dei tempi di esecuzione. Esistono test in versione cartacea, che vengono somministrati individualmente sotto la supervisione di un clinico, o test per la discalculia online o su supporti digitali. In Italia, i test per la discalculia pubblicati da Erickson o Giunti OS sono tra i più utilizzati.
In ogni caso, la presenza di un clinico per l’interpretazione dei risultati e per il completamento del percorso diagnostico, è assolutamente necessaria.
Un ulteriore importante indagine del percorso diagnostico deve poi essere relativa a eventuali situazioni di comorbidità. La discalculia evolutiva, infatti, come gli altri DSA, può presentarsi in forma isolata ma risulta anche frequentemente associata alla dislessia, alla disortografia e alla disgrafia, può rinvenirsi in associazione con il disturbo da deficit dell’attenzione con o senza iperattività, nonché con il meno noto DANV, Disturbo di Apprendimento Non Verbale (bambini che hanno difficoltà di tipo percettivo, nella coordinazione dinamica generale e oculo manuale).
Nel caso di diagnosi di discalculia, si richiede un intervento di sistema, che coinvolga in primo luogo la scuola, ma che spesso necessita anche dell’attivazione di un supporto extrascolastico.
In ambito scolastico, come previsto alla Legge 170, il consiglio di classe, sulla base di quanto riportato nella relazione diagnostica, ha l’obbligo di predisporre per l’alunno con discalculia un Piano Didattico Personalizzato (PDP), con la relativa previsione degli strumenti compensativi per la discalculia e di misure dispensative da utilizzare.
Alcuni esempi di strumenti compensativi per la discalculia sono la tavola pitagorica, la calcolatrice, le tabelle delle formule, delle misure e degli elementi; chiaramente, sono da applicare in funzione del grado scolastico raggiunto.
Se ad esempio il bambino nei primi anni di scuola non riesce a memorizzare le tabelline, è utile che possa sempre consultare la tavola pitagorica, ma magari non è il caso di consentire sin dai primi anni l’uso della calcolatrice, in quanto è comunque utile che impari le procedure delle operazioni e comprenda la logica che ne sottende lo svolgimento. La calcolatrice può risultare invece molto utile negli anni successivi, quando l’esecuzione di calcoli sempre più complessi rischia di ostacolare lo svolgimento di attività matematiche e di risoluzione di problemi più avanzate. Il PDP deve anche indicare le misure dispensative che verranno adottate per la valutazione dell’alunno. Ad esempio, l’alunno con difficoltà matematiche può essere dispensato dallo svolgimento di parte dei compiti per casa o dei compiti in classe (la legge prevede in tal senso una dispensa del 30% o un aumento del tempo a disposizione pari al 30%).
In ambito extrascolastico, è comunque utile considerare la possibilità di un trattamento specialistico di tipo psicopedagogico. Infatti, come già sottolineato, una diagnosi di discalculia può sottendere profili di funzionamento molto diversi gli uni dagli altri, ed è quindi particolarmente importante che il piano di trattamento sia personalizzato.
«Esistono degli esercizi di matematica per la discalculia?», mi chiedono spesso i genitori di bambini e ragazzi discalculici.
Gli esperti possono avvalersi di diversi materiali pubblicati, sia in forma di volumi con schede ed esercizi per la discalculia sia in forma di software didattici, pubblicati dalle case editrici specializzate in apprendimento scolastico, DSA e Bisogni educativi speciali. Rimane comunque fondamentale che tali strumenti vengano utilizzati nell’ambito di una presa in carico complessiva che non trascuri l’importanza di uno sviluppo personale armonico e la tutela del benessere psicologico.
Non dimentichiamo infatti che la matematica non è solo una materia scolastica, ma è nella vita di ogni giorno. Chi ha gravi difficoltà di calcolo può sentirsi a volte disorientato a livello spazio-temporale, non avere un perfetto senso di padronanza nell’uso del denaro o nella gestione del tempo. Ciò può generare un grado generale di malessere, e non sarà certamente l’accanimento didattico o l’iper-esercizio sulle abilità matematiche a risolverlo. Ecco perché, soprattutto nei casi di discalculia alla scuola superiore o secondaria, è bene guardare al funzionamento complessivo dei ragazzi con questo disturbo, al loro grado di adattamento e al loro benessere personale, sia ai fini di un’adeguata applicazione degli strumenti compensativi e dispensativi, sia ai fini dell’orientamento scolastico e professionale.
Ph. D. in Psicologia, è ricercatrice e Professoressa Aggregata presso il Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche dell’Esercizio Fisico e della Formazione dell'Università degli Studi di Palermo. Da diversi anni si occupa di Intelligenza Emotiva ed è autrice di diversi articoli di ricerca e libri sul tema.