Bambini che urlano per competere con i fratelli e poi hanno la voce rauca; bambini che mantengono una postura “rigida” e perdono periodicamente la voce; bambini che imitano per ore i versi dei personaggi dei cartoni animati e poi hanno il “vocione”: cos’hanno in comune queste situazioni?
Il logopedista risponderà: un utilizzo scorretto della voce che, protratto nel tempo, potrebbe portare a disturbi come la disfonia funzionale o, anche, la comparsa di noduli sulle corde vocali (niente di allarmante, diciamolo subito; si tratta di “calli” di natura infiammatoria e ci torneremo tra poco). Come intervenire?
Prima di tutto è necessario fare un po’ di chiarezza sui meccanismi che stanno alla base della produzione della voce. La voce è un’onda acustica che nasce dalla vibrazione delle corde vocali, viaggia e viene modificata nel “tratto vocale” (faringe, cavità orale e nasale, lingua, labbra), esce all’esterno e va a “sbattere” sui timpani, che danno il via alla decodifica del messaggio acustico.
Ma come fanno le corde a vibrare, cioè ad aprirsi e chiudersi qualche centinaio di volte al secondo? Nessun motorino al loro interno, anzi, utilizzano un sistema molto ecologico: l’aria di scarto. L’aria fuoriesce dai polmoni, passa nella trachea e arriva alla laringe, la “scatolina” che contiene le due corde vocali, sinistra e destra, disposte in orizzontale (e non in verticale come spesso si pensa). Più che a delle corde, a dire il vero, assomigliano a due minuscole ante della porta di un saloon (6-8 millimetri verso gli 8 anni), attaccate tra loro nella parte anteriore e libere di aprirsi e chiudersi in quella posteriore.
Durante l’infanzia, i vari tessuti muscolari e mucosi che le compongono sono ancora immaturi, ragion per cui tollerano meno gli sforzi vocali protratti. E siccome la voce dei bambini può contare su una minore amplificazione rispetto a quella degli adulti (perché la cavità della bocca è meno ampia), il rischio di sforzare troppo la voce è frequente. È dunque importante proteggere con attenzione l’apparato fonatorio dei bambini, evitando che si instaurino abitudini scorrette.
Dato che le frequenze che usiamo per parlare sono date dalle rapidissime aperture e chiusure delle corde vocali, se i due bordi delle corde vocali, anziché avvicinarsi dolcemente, sbattono con forza, nel medio periodo si crea un’infiammazione: gonfiore delle corde, laringe pesante e aggravamento della frequenza vocale. Se poi non si lascia riposare un po’ la voce, ma si continua a parlare con le corde vocali infiammate, a lungo andare possono crearsi dei “bernoccoli” o calli chiamati noduli.
I noduli non provocano dolore, il bambino può tutt’al più lamentare, negli stadi iniziali, un fastidio nella deglutizione (da distinguere dalle classiche laringiti virali o batteriche). A differenze dei noduli vocali degli adulti, quelli dei bambini sono più larghi e più molli per cui non si nota subito la mancanza di voce, ma si assiste piuttosto a un abbassamento della frequenza, che diventa più grave; è però necessario avere un orecchio attento per rendersene conto, e non sottovalutare il fenomeno. Se trascurati i noduli possono indurirsi e causare una “fuga d’aria”, vale a dire portare a una mancanza di sonorità della voce, il che alimenta il circolo vizioso dello sforzo: il bambino sente che la propria voce non è sonora come vorrebbe e allora contrae i muscoli del collo per migliorare la sonorità, ma questo non fa che produrre ulteriore infiammazione.
Quali sono le situazioni più pericolose per l’apparato vocale? Tutte quelle in cui i bambini, pensando di non essere ascoltati, alzano l’intensità e la frequenza della voce, affaticando così i loro fragili organi fonatori. Se c’è competizione per il turno vocale (caso classico tra fratelli), o se il genitore adotta uno stile locutorio rapido con frasi molto lunghe, ad esempio, il bambino tenderà a parlare velocemente e con poche pause, quindi respirerà poco e finirà per incrementare la rigidità delle strutture fonatorie, con conseguenti danni alle corde vocali.
È anche importante moderare le prestazioni vocali dei bambini: cantare fa bene ma la voce va riposata ogni 15 minuti; il repertorio deve essere adeguato alle possibilità del piccolo, per ottave utilizzate e lunghezza delle frasi, ed è consigliato cantare in coro piuttosto che da solisti.
Che cosa può fare un genitore per aiutare i figli a usare correttamente la propria voce? Innanzitutto è importante porsi come un buon modello vocale: parlare senza fretta, pronunciare frasi brevi, facendo una pausa per riprendere aria, non gridare, mantenere le spalle e il collo rilassati, la bocca attiva, ma “morbida”. Ed è altrettanto fondamentale adottare corrette abitudini comunicativo-relazionali: disporsi a faccia a faccia mentre si parla, non chiamarsi da una stanza all’altra, saper ascoltare, educare al rispetto dei turni di parola. È bene anche sviluppare un’attenzione verso i rumori di sottofondo: se ci sono elettrodomestici accesi in casa (soprattutto la televisione), o se siamo in mezzo al traffico, la nostra voce dovrà “spingere” di più per farsi sentire, e i bambini faranno particolarmente fatica. Infine, bisogna evitare di parlare durante uno sforzo fisico, ad esempio salendo le scale o correndo. Anche posture scorrette e contratture di collo e spalle possono portare a un cattivo uso della voce, per cui non vanno sottovalutate.
E se si nota un abbassamento della voce, come comportarsi? Quando c’è una laringite in corso, la prima cura è il riposo vocale: evitare di far gridare i bambini, parlare il meno possibile, non bisbigliare (si crea comunque tensione). Per favorire lo sgonfiamento dell’apparato fonatorio è importante umidificare l’ambiente, far bere al bambino acqua fresca e idratare il naso e la gola (facendo respirare il piccolo attraverso garzine imbevute di acqua; predisponendo delle inalazioni umide con bicarbonato o camomilla romana, tiepide), non tenere sciarpe al collo, non assumere bevande o cibi troppo caldi.
Non bisogna comunque esitare a consultare il pediatra che, all’occorrenza, può prescrivere dei farmaci antinfiammatori.