Quello dei disturbi del comportamento alimentare in adolescenza è un tema da lungo tempo dibattuto sia in ambito scientifico che pedagogico. Questi disturbi sono purtroppo molto diffusi e aumentati in seguito alla pandemia di Covid-19, ecco perché è ancora più urgente e importante diffondere un’informazione corretta a proposito, insegnando alle persone che ruotano attorno al mondo degli adolescenti a cogliere i campanelli di allarme. Questo permette di arrivare a contattare con maggiore rapidità e prontezza gli specialisti nel trattamento di queste malattie e quindi di supportare nel modo migliore chi ne soffre.
I disturbi alimentari, infatti, sono malattie psichiatriche, complesse e gravi ma da cui, con adeguati interventi, si può guarire.
«Marta ha iniziato a essere sempre più di malumore, a saltare i pasti e a svolgere sempre più attività fisica… A preoccuparmi era soprattutto il fatto che lei sembrava non riconoscere di avere un problema. Così ho chiesto aiuto al medico…».
La situazione di Marta, adolescente di 13 anni con una diagnosi di anoressia nervosa, ci parla di alcuni degli atteggiamenti e dei sintomi dei disturbi alimentari in adolescenza più comuni, tra cui la negazione della malattia stessa da parte di chi si ammala, l’insorgenza di problemi nell’alimentazione, i cambiamenti dell’umore e dello svolgimento dell’attività fisica.
Saper riconoscere i disturbi alimentari in adolescenza, o per meglio dire i possibili campanelli d’allarme, è fondamentale per genitori e educatori al fine di poter attivare una richiesta di aiuto più precocemente possibile. È innanzitutto importante sapere che i disturbi alimentari sono malattie psichiatriche che portano a un’alterazione nel consumo del cibo e che hanno conseguenze significative sulla salute fisica, così come sul funzionamento psicologico e sociale. Essendo malattie complesse non c’è una sola causa che può spiegarne l’insorgenza, bensì si parla di fattori di rischio (biologici, psicologici e socio-ambientali) che possono predisporre e rendere più probabile l’esordio. Di solito sono più frequenti tra le femmine nella fascia di età tra i 12 e i 25 anni, ma possono colpire anche i maschi e tutte le fasce di età.
Ma a cosa fare attenzione esattamente? È molto importante osservare il comportamento dell’adolescente durante i pasti. Tipicamente si può notare una variazione delle regole alimentari e un rifiuto della fame e della bramosia di cibo, una tendenza a coprire la perdita di peso (indossando magari vestiti larghi), un maggiore interesse per il cibo (ad esempio cucinare per gli altri), l’interesse verso ricettari per dimagrire, una fissazione con il conteggio delle calorie.
Altri comportamenti tipici e da attenzionare sono:
I sintomi solitamente vengono nascosti o negati dall’adolescente (ad esempio, vomitare senza essere visti) e possono essere diversi a seconda del tipo di disturbo. I disturbi del comportamento alimentare più diffusi sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata.
Come dicevamo, i sintomi di questi disturbi tendono a venire nascosti. Le abbuffate avvengono tipicamente in solitudine (quindi è importante notare se manca frequentemente del cibo dalla dispensa, soprattutto biscotti, gelati o snack dolci e salati), così come i lassativi o i diuretici possono venire acquistati di nascosto con la paghetta settimanale, l’attività fisica può essere svolta di nascosto nella propria cameretta… Imparare a “leggere” e a intercettare questi comportamenti può essere di aiuto per individuare l’esistenza del disturbo e attivare la richiesta di aiuto.
Vediamo passo per passo cosa fare in caso di disturbi alimentari negli adolescenti.
Prima di tutto è importante avere consapevolezza di ciò che rappresentano queste problematiche, che non sono capricci degli adolescenti ma malattie gravi e serie di cui un individuo non si ammala volontariamente. Poi occorre riconoscere i sintomi di cui abbiamo parlato precedentemente e saperli osservare senza giudizio. Se sono presenti campanelli di allarme, è utile potersi confrontare con altri membri della famiglia, con gli insegnanti, gli amici e tutte le persone significative che ruotano intorno all’adolescente, per verificare se anche loro hanno notato dei cambiamenti e avere un quadro di insieme.
È importante poi che i genitori aprano un dialogo empatico con l’adolescente stesso, esprimendo con l’opportuna calma e in assenza di giudizio le loro preoccupazioni e il loro dispiacere. È bene evitare di farlo/a sentire in colpa, sbagliato/a o malato/a, ed evitare di parlare di questi aspetti nel momento dei pasti (meglio scegliere un momento tranquillo che favorisca la possibilità di un miglior dialogo, che faccia sentire l’adolescente compreso/a nella sua difficoltà). Per favorire una comunicazione empatica e un maggior avvicinamento emotivo tra i genitori e l’adolescente è bene tenere in mente quelle che Gordon ha definito le barriere della comunicazione, che possono fornirci una mappa utile su cosa è preferibile non fare. Tra queste, evitare di: fare la predica, rimproverare, criticare, ridicolizzare, minimizzare. Questi atteggiamenti, infatti, portano non solo a una chiusura dell’adolescente ma a un rinforzo dei suoi vissuti di inadeguatezza e solitudine.
È poi fondamentale contattare il medico di base o il pediatra per poter far richiesta di accesso ai servizi specializzati nei disturbi alimentari presenti sul territorio. Questo allo scopo di fare una valutazione approfondita e confermare o meno la diagnosi, per poi attivare eventualmente un opportuno programma di trattamento. Queste patologie, infatti, necessitano di servizi specializzati che prevedano interventi multidisciplinari e integrati, ovvero un progetto terapeutico di tipo psichiatrico, nutrizionale e psicologico. Dai disturbi alimentari si può guarire e il ruolo di chi sta vicino a chi si ammala è di grande importanza per attivare la richiesta di aiuto e durante il percorso di trattamento.