Siamo abituati a considerare il sonno come un fenomeno statico, ma non è così: durante la notte attraversiamo stadi del sonno sempre più profondi alternati a periodi più superficiali, fino alla veglia.
Il sonno matura e cambia con la crescita, per cui molti comportamenti che possono sembrare disturbi del sonno, nel neonato o nel bambino, sono in realtà espressione di una diversa struttura dovuta all’età.
«Ma come faccio a capire se il mio bambino soffre di un disturbo del sonno?» è questa una domanda molto comune tra i genitori che si interrogano sui motivi e le cause che non fanno dormire il figlio. «Sarà una cosa normale? È una fase della crescita oppure ha qualche problema?» aggiungono poi molto preoccupati. Scopriamo insieme come stanno le cose e quando si può davvero parlare di un “disturbo del sonno” in età pediatrica.
I disturbi del sonno del bambino possono essere di diverso tipo e comprendono:
Vediamo di seguito i disturbi del sonno più frequenti dividendoli in base alla fascia di età.
Nel sonno del bambino nel primo anno di vita si verificano importanti cambiamenti, che in parte si riflettono nelle grandi acquisizioni che possiamo osservare dalla nascita ai 12 mesi. Spesso quelli che vengono etichettati come “disturbi del sonno”nel bambino durante il primo anno sono solo fasi della crescita e quindi passaggi fisiologici.
Un neonato passa gran parte delle 24 ore dormendo, senza fare differenza fra il giorno e la notte, svegliandosi per ottenere il nutrimento, indispensabile per la sua crescita, a qualunque ora. Anche se comportano una disregolazione del sonno dei genitori, è raro che i risvegli notturni frequenti possono essere la spia di un disturbo del sonno del neonato, se il piccolo cresce regolarmente. Pertanto, è difficile parlare di “insonnia” nel neonato e poi nel lattante fino ai sei mesi.
Nei primi 6 mesi di vita del bambino, durante il sonno, si possono osservare comportamenti che possono allarmare i genitori, come un respiro irregolare o rumoroso, movimenti anomali o altri fenomeni che non sono presenti in età successive. Molti genitori si preoccupano inoltre che il proprio bambino “vada in apnea”, sebbene si tratti di un fenomeno molto comune, che di rado risulta pericoloso per il piccolo. Per diagnosticare le apnee servono esami precisi di medicina del sonno e non è possibile basarsi sulla semplice osservazione.
È quindi necessario mettere da parte la paura, talvolta causata dallo spettro della Sudden Infant Death Syndrome o morte in culla e seguire le regole per il sonno sicuro, di cui abbiamo parlato in questo articolo. È importante far dormire il bambino su una superficie piatta e abbastanza rigida in una culla in posizione orizzontale e supina, nella stessa stanza dei genitori fino almeno ai 6 mesi, senza inserire nel lettino cuscini/riduttori/peluches o altri abbellimenti che possano rappresentare un pericolo.
Dopo i 6 mesi di vita è possibile che il bambino, dopo aver diminuito il numero di risvegli notturni ed essere arrivato anche a dormire 6 ore di fila, manifesti nuovamente una fase di “regressione”. Talvolta questo si verifica quando uno dei genitori rientra al lavoro o il piccolo viene inserito al nido. Questa difficoltà si può superare con l’introduzione di una routine notturna ed eliminando le consuetudini che portano naturalmente il bambino a risvegliarsi, come vedremo nei prossimi paragrafi.
Tra i disturbi del sonno del bambino, intorno ai 2 anni, può comparire un fenomeno che per le sue caratteristiche viene chiamato “pavor nocturnus”, terrore notturno. Nella prima metà della notte, il bambino può svegliarsi come in preda a uno spavento, urlando e muovendosi come se fosse in grave difficoltà. Si tratta tuttavia di un comportamento para-fisiologico nell’ambito delle parasonnie. Il piccolo sembra sveglio nelle parole e nei gesti, ma il suo cervello dorme ancora: ne è un segno l’impossibilità di entrarci in contatto e l’assenza di ricordi al risveglio.
Nella seconda parte della notte, invece, possono comparire incubi, sogni dal contenuto spaventoso che svegliano il bambino.
Tra i 2 e i 4 anni può essere anche presente l’insonnia, con difficoltà a iniziare o mantenere il sonno, e può comparire un respiro rumoroso con russamento. Quest’ultimo comportamento è sempre da indagare: se infatti si verifica al di fuori di episodi infettivi può essere sintomo di Sindrome delle Apnee Ostruttive nel sonno (OSAS), una condizione in cui il passaggio dell’aria viene ostacolato durante il sonno. La causa più frequente di questo disturbo in età pediatrica è l’ingrossamento di adenoidi e tonsille: è importante riconoscere questa situazione, poiché il bambino, dormendo male, può manifestare disturbi durante il giorno, come ad esempio difficoltà nell’attenzione e nella concentrazione.
In questa fascia di età possono essere presenti tutti i disturbi del sonno già elencati. Fra le parasonnie più frequenti ricordiamo il sonnambulismo, in cui il bambino si alza durante la notte e riproduce comportamenti simili a quelli della veglia.
In età adolescenziale si possono osservare addormentamenti improvvisi mentre il ragazzo è occupato in attività tranquille: più che espressione dell’insonnia può trattarsi di narcolessia, una malattia rara causata da una carenza di orexina, uno degli ormoni che ci mantengono svegli.
La narcolessia compare soprattutto intorno ai 15 anni, ma spesso la diagnosi viene ritardata fino all’età adulta. Oltre ad addormentamento improvviso possono verificarsi anche:
In molti casi questi disturbi del sonno dell’adolescente sono associati a obesità e pubertà precoce. È importante in questi casi rivolgersi a centri specializzati per poter effettuare la diagnosi.
Da questa breve sintesi si evince che le difficoltà del sonno nei bambini sono tante e diverse tra loro. Le cause dei disturbi del sonno possono essere molte e riconducibili in certi casi a patologie vere e proprie, in altri invece a errate abitudini o convinzioni sul sonno.
Ma quando preoccuparsi se il bambino dorme poco? Innanzitutto occorre ricostruire la giornata tipo del nostro bambino, così da descriverla al pediatra che valuterà se la quantità di sonno è adeguata all’età. I segni di sonno di scarsa quantità o qualità non si manifestano nella tendenza ad addormentarsi durante il giorno, bensì con irrequietezza, difficoltà a concentrarsi o a giocare con gli altri, fino ai disturbi nella crescita nei casi più gravi.
È bene precisare che, per i disturbi del sonno dei bambini, i rimedi “fai da te” sono assolutamente da evitare: nei prodotti da banco reperibili in farmacia o in erboristeria (come la melatonina) possono infatti essere presenti sostanze che sono farmaci a tutti gli effetti, i cui dosaggi vanno concordati con il pediatra.
Quindi come affrontare i disturbi del sonno nei bambini in modo corretto? Come abbiamo già detto spesso le difficoltà nell’iniziare il sonno e i frequenti risvegli nella maggior parte dei casi sono disturbi di natura “ambientale”. Ciò significa che non c’è nulla che non va nel bambino, ma che nell’ambiente circostante (in termini di abitudini e contesto) sono presenti degli elementi che non aiutano a sviluppare l’autonomia necessaria per addormentarsi e gestire i risvegli.
Negli anni sono state proposte infinite teorie per consolidare il sonno del bambino, ma in questo articolo ci limitiamo ad esporre quella basata sull’acquisizione di abitudini che aiutano a iniziare e mantenere il sonno.
Sin dai primissimi giorni di vita è utile cercare di instaurare una routine per il sonno dei bambini. Non c’è però un’unica routine possibile, perché le abitudini variano di famiglia in famiglia, ma esistono strategie comuni che si possono mettere in atto:
Sarebbe inoltre utile, per consolidare la routine, che fosse sempre la stessa figura ad addormentare il piccolo, evitando di sdraiarsi nel letto con il bambino. Solo quando il piccolo appare ben addormentato ci si potrà allontanare, per poi ritornare in caso di risveglio notturno. Questi risvegli andranno gestiti evitando di somministrare latte o bevande e cercando invece di rassicurare il piccolo con la presenza del genitore. Notte dopo notte il bambino apprenderà questo schema di comportamento fino a riprodurlo lui stesso in autonomia.
Per quanto riguarda le parasonnie e i disturbi respiratori del sonno è indispensabile una valutazione caso per caso da parte del pediatra, cui potrebbe essere utile sottoporre un video del comportamento notturno del bambino. Ricordiamo invece che in casi di disturbi del sonno del bambino quali pavor nocturnus e sonnambulismo non è utile svegliare il piccolo, mentre è indispensabile mettere in sicurezza l’ambiente, evitando che possa aprire porte e finestre o cadere dalle scale.
Abbiamo visto che i neonati non conoscono la differenza fra il giorno e la notte, e pertanto è assolutamente normale che si sveglino ogni 3-4 ore di notte. Se il piccolo cresce regolarmente e risulta consolabile, difficilmente si tratterà di un disturbo del sonno: va quindi sostenuto il nucleo familiare che dovrà adattare le sue abitudini a quelle del nuovo arrivato.
È invece una falsa credenza che sostituire il latte materno con il latte artificiale possa prolungare il tempo di sonno. Se da un lato questa può essere una strategia per consentire un po’ di riposo in più alla mamma, bisogna considerare che il latte artificiale ha caratteristiche che lo rendono meno digeribile, e porta alla perdita dei noti benefici dell’allattamento materno, anche in termini di protezione dalla morte in culla. Una soluzione potrebbe invece essere quella di tirareil latte materno che verrà offerto da un caregiver diverso durante la notte, in modo da far riposare la mamma.In conclusione, non esiste una ricetta predefinita in grado di risolvere i disturbi del sonno del bambino: ogni caso merita un trattamento personalizzato, condiviso sia dal pediatra che dalla famiglia.
pediatra presso la Struttura Complessa di Pediatria dell'Ospedale di Chivasso (TO), ha approfondito la Medicina del Sonno in età pediatrica con particolare attenzione alla prevenzione della SIDS (Sudden Infant Death Syndrome). Membro del comitato scientifico dell'Associazione SUID & SIDS Italia Onlus e dell'ISPID (International Society for the Study and Prevention of Perinatal and Infant Death).