La pazienza è una virtù che di norma non riconosciamo ai bambini. D’altra parte non facciamo che ripetere frasi come: «Aspetta un attimo!», «Non così in fretta!», «Guarda prima di fare!»
Ma l’adulto? Maria Montessori chiedeva al genitore (e all’educatore) di farsi umile e paziente, un osservatore capace di aspettare il momento opportuno per intervenire, per parlare, per aiutare, per fermare. I bambini, man mano che crescono, imparano a tutelarsi dall’“invasione di campo” dei grandi, chiedendo a gran voce tempo e spazio, ma nei primi anni di vita tale responsabilità è soprattutto nelle mani degli adulti che, lavorando sull’autocontrollo, possono garantire ai bambini la giusta libertà d’azione e la possibilità di manifestare sé stessi attraverso il comportamento.
Marta ha 1 anno e mezzo e prende la mamma per mano: vuole condurla da qualche parte. La mamma accetta l’invito, si alza e si lascia accompagnare nella stanza della piccola. La bimba le indica un pezzo di puzzle per terra, facendole così intendere di chinarsi a raccoglierlo. Inginocchiandosi, la mamma trova anche gli altri pezzi. Nota così la scatola vuota, probabilmente scappata dalle mani di Marta. Allora raccoglie tutti i pezzi, li ripone nel contenitore e, una volta chiuso il coperchio, vede che la bambina torna a occuparsi delle proprie cose. Anche lei, adesso, può riprendere le faccende che aveva interrotto. Tutto questo avviene senza una parola, attraverso una sequenza di azioni basate sull’ascolto e sull’accoglienza.
Anche quando i bambini non possono esprimersi con il linguaggio verbale, possiedono pensieri e piani d’azione ben chiari, a volte complessi, e facilmente interpretabili se si lascia loro il tempo di comunicare.
Pecchiamo di superbia credendo che senza di noi i bambini siano persi, disorientati e incapaci di trovare delle occupazioni: non si limitano infatti a reagire, ma agiscono. Concedendo loro il tempo di scegliere, fare, organizzare, sbagliare, correggere e muoversi, impariamo a conoscerli e al contempo permettiamo che crescano indipendenti e protagonisti. L’adulto umile sa dirsi: «Non so di cosa hai bisogno, ma ti offro un ambiente emotivamente accogliente e materialmente adatto affinché tu possa comunicare». Solo dopo aver osservato il bambino agire, l’adulto può intervenire per aiutarlo dove serve, non di meno, non di più. Optando per questo atteggiamento si rinuncia a un serrato controllo del bambino e si accoglie l’imprevedibile, che rende la relazione dinamica ma anche più impegnativa. Al contrario, saziare i bisogni psichici dei bambini intrattenendoli con varie attività, proposte una dietro l’altra, consente all’adulto di avere sotto controllo l’ambiente e l’operato dei piccoli, ma impedisce loro di crescere autonomi e indipendenti.
“Umiltà” per Maria Montessori significa anche saper ammettere di aver commesso un errore di valutazione, senza far ricadere la colpa sul bambino accusandolo di incapacità di adattamento. Facciamo un esempio. Papà Carlo ha trascorso l’intera serata a costruire un lavoro di incastro per il figlio di 2 anni: ha recuperato l’occorrente, ha foderato la scatola con una carta a fiori, ha cercato un cestino delle dimensioni adatte e poi, soddisfatto, ha riposto il materiale in bella vista affinché al mattino il bambino lo trovasse e cominciasse, contento, a giocarci. Ma le cose non vanno come si aspettava: appena sveglio Mattia vede il nuovo oggetto, prende i bastoncini che sarebbero serviti per completare il lavoro, li porta sul balcone e comincia a infilarli nei vasi delle piante. In questo caso l’adulto potrebbe sentirsi offeso: dopo tutta l’energia spesa!
Ma i bambini non lavorano per noi, e ogni tanto possono sembrarci addirittura “spietati”: se un gioco, una canzoncina, una lettura non suscitano il loro interesse, si alzano e cambiano stanza, senza pensarci due volte. L’adulto umile e, come direbbe lo psicologo Carl Rogers, «psicologicamente maturo», non considera tale comportamento un affronto, una scortesia o una mancanza di rispetto, ma piuttosto un insuccesso. Probabilmente non era il momento adatto per quell’attività, forse in quella circostanza l’interesse di Mattia era altrove, magari la lettura o la canzoncina non erano così stimolanti da “catturare” la sua attenzione.
In questo caso, con umiltà, si fa un passo indietro: si ricompone il lavoro d’incastro e si attendono sviluppi, si ripone il libro o si smette di cantare, senza sentirsi offesi, senza incolparsi, ma semplicemente prendendo atto della risposta del bambino.
La pazienza si accompagna all’umiltà ed è la capacità di attendere che il bambino si manifesti. «Per essere liberi serve essere indipendenti», ci insegna Maria Montessori, e per diventare indipendenti occorre esercizio. Perché il bambino si impegni e si perfezioni nella sua indipendenza è necessario che l’ambiente di vita risponda ai suoi bisogni e interessi. Chi deve predisporre quell’ambiente? Naturalmente l’adulto. E affinché questo lavoro di progettazione ambientale e predisposizione di materiali sia puntuale ed efficace occorre pazienza. Quando il bambino si comporta in modo inadeguato, disperdendo energie, maltrattando il materiale, manifestando rabbia, noia o frustrazione, significa che nell’ambiente (fisico, emotivo, normativo, relazionale) qualcosa non funziona. Non nel bambino, ma nell’ambiente.
Anna ha 2 anni e spesso corre per le stanze con le posate in mano. È un’attività problematica, perché pericolosa e poco igienica. Osservando la bambina, ci accorgiamo che è il cassetto a suscitare il suo interesse. Lo apre e lo chiude più volte, prende quello che contiene e lo porta in giro. Se nel cassetto ci fossero altri oggetti? Meno pericolosi? O se individuassimo un altro cassetto verso cui indirizzarla? Anna potrebbe soddisfare il suo legittimo bisogno in condizioni sicure e accettabili.
Solo l’osservazione può aiutarci a trovare la soluzione. Osservare significa astenersi per qualche tempo dall’azione, ritagliarsi uno spazio da cui guardare il proprio bambino mentre agisce. Che cosa fa? Che cosa cerca? Di cosa ha bisogno? Cosa lo fa arrabbiare? Come si mette in pericolo? Rispondendo a queste domande si individua dove è necessario intervenire. Invece di chiedere al bambino di comportarsi in maniera diversa, si modifica l’ambiente rendendolo più adatto ai bisogni del piccolo, e si indirizzano così le sue azioni in modo indiretto: sarà lui il protagonista del cambiamento.
formatrice, pedagogista e autrice, progetta e coordina servizi per la prima infanzia e svolge corsi di formazione per insegnanti e genitori sulla pedagogia montessoriana. Autrice del libro Qui abita un bambino edito da Uppa Edizioni, cura la rubrica "Tra il dire e il fare" su Uppa.