Le teorie della pedagogista Maria Montessori (in questo articolo un approfondimento sul suo metodo educativo) e del didatta del violino Shinichi Suzuki sono note in tutto il mondo e il loro valore oggi in Italia è ampiamente riconosciuto dopo molti decenni di indifferenza e disinteresse. Queste due grandi personalità vissero nella stessa epoca storica e, sebbene non esistano testimonianze di una loro diretta conoscenza, certamente respirarono in Europa lo stesso clima di grande fervore riguardo al rinnovamento dei metodi educativi.
Montessori e Suzuki sostengono entrambi la centralità dell’apprendimento musicale nei bambini e, soprattutto, che non si possa distinguere tra bambini dotati o meno: ciascuno alla nascita possiede dei talenti che si possono sviluppare se lo permette l’ambiente in cui crescono. Entrambi descrivono l’esistenza di una sorta di istinto-guida presente sin dalla nascita, spinta vitale che porta ad agire: l’hormé (di origine greca) e il kan (termine giapponese). Per Maria Montessori l’hormé è una forza vitale «divina che lavora per l’evoluzione» e «nel bambino che cresce normalmente si manifesta con l’entusiasmo, la felicità, la gioia di vivere». Per Suzuki il kan è una sorta di intuito o sesto senso presente alla nascita, che guida il bambino nel suo sviluppo, dandogli fiducia in se stesso e portandolo ad agire: «L’essere umano è governato da forze vitali. L’anima e il suo desiderio di eternità generano una grande energia per adattarsi al proprio ambiente».
Montessori definisce mente assorbente una forma di intelligenza particolare che, attraverso la prodigiosa abilità di assorbire in maniera inconsapevole ciò che c’è intorno a sé, consente al bambino piccolo di costruire la memoria e la facoltà di capire e ragionare. Secondo Suzuki i bambini di tre anni apprendono senza fatica e le loro acquisizioni sviluppano in loro nuove forze. Egli afferma che «osservando e sentendo ciò che la circonda, la forza vitale si manifesta e sviluppa le capacità».
L’ambiente, secondo Maria Montessori, è caratterizzato da un diffuso potere educativo in grado di proporre situazioni molteplici e differenziate per permettere al bambino di sperimentare, confrontarsi e apprendere. Secondo Suzuki, in linea con Montessori, «le condizioni ambientali favorevoli e una educazione attenta non costituiscono soltanto una base preziosa, ma procurano ai bambini un vero benessere e sono una promessa di luce e di speranza per il futuro dell’umanità». Scrive ancora Suzuki: «La parola educazione implica due concetti: prima di tutto l’azione di formare un bambino o un ragazzo sviluppando e guidando le sue facoltà fisiche, morali e intellettuali, e poi l’azione di istruire. Ma nelle scuole si tiene conto solo del secondo […]». Con Maria Montessori la figura dell’insegnante cambia radicalmente: non istruire, bensì educare è il nuovo obiettivo da raggiungere.
Secondo Maria Montessori l’attitudine al lavoro è per il bambino un istinto vitale, necessario all’organizzazione della propria personalità. Si tratta di un lavoro non consapevole, realizzato da un’energia spirituale che si sta sviluppando, un lavoro creatore. Il bambino ha dunque un compito importante: lavorare per produrre l’uomo che diventerà. La ripetizione gioca un ruolo fondamentale sia nella didattica Montessori sia in quella Suzuki. Ripetere incessantemente un’azione, con energia e pazienza permette di raggiungere un obiettivo, rinforza l’impegno e la costanza e permette di accrescere la capacità di raggiungere una meta.
L’imitazione è un canale di apprendimento privilegiato per il bambino di età compresa tra i 3 e i 6 anni. Le neuroscienze, oggi, confermano questa tesi descrivendo l’esistenza di una classe di neuroni (specchio) che si attivano quando un individuo osserva un’azione compiuta da un altro soggetto. Esecutore e osservatore sono quindi in simbiosi dal punto di vista neuronale. Non a caso, tutta l’opera di Maria Montessori è costellata di richiami all’importanza della pratica e della conoscenza della musica per la formazione psico-fisica del bambino. In più di un’occasione insiste sull’esigenza di offrire a tutti i bambini una formazione musicale, perché la mancata educazione al gusto musicale genera individui privi di sensibilità, non solo verso la musica, ma verso tutto ciò che è espressione e comunicazione.
Nel caso della didattica Suzuki il materiale musicale è composto da un repertorio di brani, raccolti in dieci volumi, che propongono un percorso graduale e attraente che risponde ai medesimi criteri utilizzati da Maria Montessori. Sulla base di queste convergenze tra i due metodi è stata elaborata una proposta innovativa: introdurre nell’ambito del percorso “la Casa dei Bambini” nuovi materiali musicali, fra cui cartellette di nomenclatura dedicate all’argomento musica, libretti di approfondimento, applicazioni digitali (utilizzabili su tablet) per il riconoscimento dei diversi timbri. Inoltre si propone l’approccio allo studio di uno strumento musicale, pratica che contribuisce ad aumentare le capacità cerebrali, le abilità sociali, comunicative e linguistiche, a migliorare la memoria, a stimolare la risoluzione di problemi, a potenziare le capacità motorie, l’autodisciplina e l’autostima e a favorire la creatività e la libertà di espressione.
Per rendere possibile all’orecchio del bambino la percezione cosciente dei suoni e per affinarne le capacità di analisi e riconoscimento, Montessori ha compreso che è necessaria un’operazione preliminare, finalizzata al potenziamento delle capacità di attenzione e concentrazione, realizzabile grazie alla creazione del silenzio assoluto. La cosiddetta “lezione del silenzio” che ne è scaturita, ha riscosso nel tempo grande risonanza e clamore mediatico, tanto da essere considerata ancora oggi uno dei tratti distintivi del metodo. Il “silenzio” è concretamente assenza di suono e quindi di movimento. «Il silenzio assoluto equivale ad assoluta immobilità», scrive Montessori nel suo libro Educare alla libertà.
Maria Montessori riteneva l’educazione musicale parte integrante del suo ideale di educazione cosmica ma, non essendone particolarmente esperta, per l’ideazione e la costruzione del materiale specifico si è affidata ai preziosi consigli dell’allieva e assistente Anna Maria Maccheroni, la quale si è dedicata con passione alla sperimentazione musicale con i bambini ed è stata in grado di concretizzare le sue intuizioni e mettere a punto la parte del metodo dedicata alla psicomusica.
All’interno del materiale di sviluppo sensoriale, quello musicale ha lo scopo di affinare la percezione dell’udito. È costituito da cilindri dei rumori, finalizzati al riconoscimento dell’intensità, e da campanelli per il riconoscimento dell’altezza dei suoni, ai quali si associano i tre pentagrammi con i relativi dischetti delle note per i successivi esercizi di posizionamento delle note sul rigo musicale. Le tecnologie in uso all’inizio del Novecento non hanno permesso lo sviluppo di un materiale specifico per il riconoscimento del timbro.
I cilindri dei rumori, contenuti in due scatole rettangolari contrassegnate da due colori, producono rumori identici a due a due, quindi sono appaiabili. Ciascuna serie presenta cilindri in gradazione con intensità variabile dal piano al forte. I campanelli sono suddivisi in due serie di tredici campanelli ciascuna, che riproducono tutti i semitoni compresi in un’ottava. La parte superiore dei campanelli è costruita con una lega metallica di particolare pregio capace di non modificare l’intonazione con l’usura; si fa risuonare colpendola delicatamente con un battente sul lato. Le due serie, riconoscibili dai colori, sono disposte una davanti all’altra su una tavola di posa che riproduce gli spazi bianchi e neri della tastiera del pianoforte. Questo materiale ha lo scopo di educare l’orecchio alla percezione dell’altezza del suono. La particolarità di questo materiale risiede nella capacità di rispondere al bisogno primario dell’orecchio musicale di poter scegliere e ascoltare una nota alla volta.
L’isolamento del singolo suono infatti è un fenomeno molto raro nell’ambiente quotidiano. Durante l’utilizzo dei campanelli si osserva come spontaneamente il bambino inizi a imitare con la voce la nota prodotta dal metallo educando la propria emissione alle diverse altezze del suono, così come il linguaggio parlato si adatta alla pronuncia. Il periodo di massimo interesse verso l’ascolto e l’imitazione del suono isolato è tra i tre e i cinque anni. I pentagrammi sono due tavolette di legno sulle quali è disegnato un pentagramma.
Nella prima, il pentagramma presenta degli incavi circolari in corrispondenza delle note, nei quali si possono incastrare i dischetti raffiguranti le note con il proprio nome scritto sul lato superiore; nella seconda, il pentagramma prevede l’uso di un rigo analogo ma senza incavi, quindi senza numerazioni per il controllo, per testare la memoria del bambino sul corretto collocamento delle note. L’utilizzo di questo materiale destò all’epoca della sua ideazione, e in alcuni casi tutt’ora, resistenze e opposizioni giustificate dal luogo comune, inconsistente quanto diffuso, che di musica si possano occupare solo i musicisti.
Uno dei punti salienti della didattica Montessori è l’intuizione del legame imprescindibile che esiste tra l’apprendimento e il movimento e l’estrema importanza conferitagli. Dalla predisposizione di un ambiente adeguato alla libera scelta degli esercizi da svolgere, dalle attività di vita pratica all’utilizzo del materiale sensoriale, tutto nel metodo Montessori è basato sul movimento, ma esso deve essere ordinato e controllato in autonomia dai bambini. Gli esercizi sul filo permettono l’acquisizione della sicurezza nell’equilibrio e la conquista del pieno controllo sui movimenti del proprio corpo.
Anna Maria Maccheroni iniziò ad accompagnare l’esecuzione di questi esercizi al pianoforte e notò che, ripetendo più volte la stessa selezione di battute di un brano musicale, nei bambini si generava spontaneamente una determinata andatura che mutava al cambiare del brano stesso. I bambini risultavano essere più sensibili ai ritmi molto caratterizzati e diversi tra di loro, così come avveniva per i contrasti utilizzati in tutto il materiale sensoriale e, fino ai quattro anni, mostravano di preferire chiaramente, tra le andature presentate, il passo lento e la corsa. L’importante era lasciarli liberi di “sentire” e interpretare il ritmo delle musiche proposte senza dare indicazioni.
Anna Maria Maccheroni ha potuto anche osservare come, dopo diversi ascolti delle stesse selezioni musicali, i bambini fossero in grado di capire e riproporre la suddivisione della battuta senza che questo concetto fosse mai stato spiegato e, dopo questa conquista, era molto più semplice presentare loro i valori delle note. Uno degli elementi di maggiore modernità nella proposta musicale del metodo Montessori risiede nell’importanza conferita all’educazione dell’ascolto consapevole e analitico. Anna Maria Maccheroni, a partire da alcune esperienze didattiche, ebbe l’intuizione di proporre ai bambini veri e propri concerti con musiche e strumenti vari uniti all’uso della voce, coinvolgendo, ove le condizioni lo permettevano, dei musicisti professionisti. Come scrive Montessori nel suo libro L’autoeducazione: «questa nuova applicazione “scientifica” dell’arte sarebbe una vera benefattrice dell’umanità».