Nel 1909 Maria Montessori, nel suo primo libro Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle case dei bambini, dedica un intero capitolo a La natura nell’educazione, perché considera la natura un importante elemento da integrare nella sua visione pedagogica della realtà scolastica. Lei stessa definisce il bambino come «il più grande osservatore spontaneo della natura, il quale ha indubbiamente bisogno di avere a sua disposizione un materiale su cui agire».
La famosa pedagogista italiana riteneva infatti necessario affidare alla natura gran parte dell’opera educativa e non a caso scrisse: «Le cure premurose verso gli esseri viventi sono la soddisfazione di uno degli istinti più vivi dell’anima infantile. Perciò si può organizzare facilmente un servizio attivo di cure alle piante e specialmente agli animali. Nessuna cosa è più capace di questa di risvegliare un’attitudine di previdenza nel piccolo bimbo che vive il suo attimo passeggero, senza cure per il domani. Ma quando sa che quegli animali hanno bisogno di lui, che le pianticelle si seccano se non le innaffia, il suo amore va collegando con un filo nuovo l’attimo che passa col rinascere del giorno seguente».
Maria Montessori aveva colto l’importanza delle attività svolte all’aperto, a contatto con la natura e al di fuori delle aule, osservando i “Giardini d’infanzia” del pedagogista tedesco Friedrich Fröbel, il quale metteva a disposizione di ogni bambino un’aiuola da coltivare e curare. Attraverso questo spazio di verde il bambino avrebbe potuto osservare il ciclo vitale delle piante, seminate proprio dal bambino stesso, riuscendo inoltre a percepire il passare del tempo, l’alternarsi delle stagioni e cosa comportasse il cambiamento climatico.
Ma per Maria Montessori questa grande importanza della natura non è relegata alla sola età dell’infanzia. In Schema per una riforma della Scuola Secondaria, conosciuto come The Erdkinder – I fanciulli della terra, si fa riferimento proprio al rapporto natura/adolescenza. In particolare, nel testo La scoperta del bambino, del 1950, Maria Montessori sottolinea come questo rapporto abbia delle grandi potenzialità educative, tanto da ritenerlo un punto di base sul quale costruire il percorso curriculare di apprendimento per l’adolescente.
Maria Montessori ha pensato a un inserimento sistematico di attività riguardanti la natura. Con il figlio Mario, durante un lungo viaggio fatto in India, misero a punto una serie di materiali didattici riguardanti la botanica e la biologia vegetale, tuttora in uso nelle scuole Montessori. Il materiale riguarda lo studio della morfologia di alcune piante, è realizzato mediante nomenclature classificate, prepara e avvia i bambini allo studio sperimentale della fisiologia.
La metodologia Montessori prevede quindi che proprio i bambini, dal nido alla primaria, ma anche oltre e soprattutto nel particolare periodo dell’adolescenza, svolgano attività nel giardino o nell’orto, vivendo la natura e facendone esperienza in prima persona, all’esterno della classe o della scuola, prevedendo, inoltre, all’interno della propria classe, la presenza di un “tavolo della natura” che permetta ai bambini di osservare, scoprire, sperimentare e studiare quanto vissuto all’esterno.
Tutto questo lavoro può essere inoltre supportato, per esempio, da un oggetto chiamato “cassettiera di botanica”. Utilizzando la cassettiera di botanica il bambino sviluppa interesse e rispetto verso le piante, impara a riconoscere vari tipi di foglie e i loro nomi (lanciolata, obovata, alabardata eccetera), tracciandone i confini e abbinandoli a quelli dell’ambiente naturale. Inoltre impara a conoscere e nominare le parti della foglia, del fiore e della pianta.