Quando si avvicina il momento di decidere a quale scuola iscrivere i propri figli, i genitori si pongono, giustamente, l’interrogativo su come debbano procedere nella scelta. Un interrogativo a cui non è facile trovare una risposta poiché è abbastanza raro trovare scuole dotate di strumenti informativi realmente efficaci.
Quando un genitore mi chiede un consiglio su quali criteri adottare per tale scelta, rispondo senza alcun dubbio: “Cercate di individuare la scuola in cui i bambini vanno volentieri ogni giorno e dove il gioco, inteso nel suo senso più ampio e profondo, occupa un posto di rilievo nella vita della scuola”. Consapevole delle ovvie differenze, ritengo questa indicazione valida sia che si tratti della scuola dell’infanzia, sia che si tratti di scuola primaria (elementare) e, per certi versi, anche per la scuola media. Di fronte ai miei suggerimenti, molti genitori rimangono però un po’ sorpresi. Molti di loro hanno piuttosto l’idea di una scuola, specie quella primaria, in cui i bambini siano costantemente impegnati nello studio e nelle esercitazioni, attività che ritengono giustamente faticose e da svolgere restando seduti al banco per molte ore.
Una scuola quindi in netto contrasto con il gioco considerato da molti, erroneamente, solo come uno svago, come fuga dalla fatica del lavoro. Ma è importante capire che a questa reazione è sottesa un’idea soltanto adulta di gioco, molto lontana dalla realtà dei bambini.
Il gioco è lo strumento principe attraverso il quale il bambino esprime la propria identità e sviluppa le proprie conoscenze, anche le più complesse. Molti studiosi hanno dimostrato come il gioco libero e socializzato abbia un’importante e fondamentale funzione nello sviluppo delle capacità cognitive, creative e relazionali. Il gioco per i bambini è un’attività molto seria e può essere paragonato all’attività di un adulto appassionato per quel che sta facendo, un’attività in cui ha la sensazione di poter esprimere la propria personalità. In altri termini il bambino che gioca può essere paragonato all’adulto che fa il proprio lavoro con passione e che proprio per questo si reca con piacere sul luogo della propria attività lavorativa.
Partendo da questo parallelismo, la scuola migliore per i bambini, non solo quella dell’infanzia, ma anche la primaria, è quella che si dimostra capace di fare appassionare i bambini alla vita scolastica. Per farlo, o almeno per avere la speranza di riuscirci, deve sapere utilizzare e valorizzare al massimo la dimensione ludica, deve saper accogliere lo sviluppo infantile in tutti i suoi aspetti, motorio, percettivo, emotivo, cognitivo, comunicativo, sociale, linguistico e morale. In altre parole, deve essere una scuola realmente accogliente, capace di mettere al centro della propria attenzione il bambino intero.
Naturalmente tutto questo diventa vuota affermazione di principio se non si colloca in una realtà scolastica capace ogni giorno di mantenere viva la stretta relazione fra gli apprendimenti e la vita dei bambini, non solo quella futura che vedono solo gli adulti, ma, soprattutto, quella presente, percepita dai bambini. È necessario quindi che nelle scelte didattiche sia immediatamente chiaro l’intreccio fra gli apprendimenti e la vita concreta, tra le motivazioni e gli interessi del bambino, “qui ed ora”. Un intreccio realmente possibile se il bambino ha l’opportunità di vivere a scuola una vita sociale ricca di stimoli, esperienze e occasioni per mettersi alla prova e per assumere responsabilità verso se stesso e verso gli altri che solo una scuola intesa come comunità operante e cooperante può realmente offrire.
Storicamente nel nostro Paese una sintesi come quella che ho cercato di esporre, si è realizzata soltanto nelle esperienze più avanzate e per opera di insegnanti solitari nel nostro lungo Paese, spesso lasciati soli dall’amministrazione scolastica, ma che hanno saputo mettere in campo esperienze di grande progresso per tutta la nostra scuola. Insegnanti ed esperienze che hanno operato attraverso un approccio di educazione attiva e cooperativa, nell’ambito della quale hanno sviluppato una “didattica operativa” capace di realizzare una scuola che mette davvero il bambino al centro in tutte le sue dimensioni