L’anemia in gravidanza è una condizione piuttosto frequente. In presenza di valori dell’emoglobina bassi, alla gestante viene offerto un servizio di screening per poi, in seguito, stabilire un trattamento adeguato.
Ma cosa si deve fare esattamente in caso di valori dell’emoglobina bassi? Quali possono essere le cause dell’anemia in gravidanza? In questo articolo risponderemo a tutte le domande sul tema.
L’OMS definisce l’anemia della gestante come «una condizione nella quale il numero di globuli rossi o la loro capacità di trasportare ossigeno è insufficiente a soddisfare le esigenze fisiologiche che variano in funzione di età, sesso, fumo, altitudine e stato di gravidanza».
L’aumento del fabbisogno di ferro nel corpo della donna rende la carenza (sideropenia) di questa sostanza il motivo più comune di anemia nel corso della gestazione (70-80% dei casi).
Tra le cause che portano ad avere valori bassi di emoglobina in gravidanza vi è anche l’incremento del volume plasmatico (il volume della parte liquida del sangue), che aumenta fino al 50%, e l’aumento del volume dei singoli globuli rossi nel sangue.
Altre cause di anemia sono rappresentate da disordini genetici della sintesi dell’emoglobina (emoglobinopatie); le più diffuse in Italia sono l’anemia falciforme e le talassemie, ereditabili da genitori affetti o portatori.
L’anemia in gravidanza si manifesta con diversi sintomi che possono essere più o meno eclatanti, in base all’entità della carenza di ferro.
I sintomi dell’anemia in gravidanza, come accennato, variano in base alla gravità e alla velocità con cui la condizione si sviluppa. La donna incinta con valori di emoglobina bassa ha spesso:
L’esame per diagnosticare l’anemia in gravidanza è l’emocromo, che consente di valutare il numero e le caratteristiche delle cellule del sangue.
Questo esame rientra tra le prestazioni specialistiche previste dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA 2017) per il controllo della gravidanza fisiologica ed è quindi gratuito per tutte le gestanti.
L’esecuzione del prelievo è indicata all’inizio della gravidanza (idealmente entro le prime tredici settimane) e dovrà poi essere ripetuta a 28 settimane, in modo da disporre di un tempo adeguato per il trattamento, qualora necessario. L’ultimo emocromo si esegue al termine della gravidanza, tra le 33 e le 37 settimane, in previsione del parto.
Con l’emocromo si individuano i casi con livelli di emoglobina bassa, ossia inferiori allo standard di riferimento per l’epoca di gravidanza. Per la diagnosi si fa riferimento al valore dell’emoglobina (Hb) rilevato dagli esami ematici:
In assenza di anemia falciforme o talassemie, il trattamento dell’anemia in gravidanza prevede la somministrazione di ferro per bocca al fine di ristabilire le riserve di questo elemento. La dose di solfato ferroso varia da 60 mg a 120 mg al giorno, in base alla gravità dell’anemia, e deve essere somministrata lontano dai pasti (i sali di ferro vengono assorbiti meno se legati agli alimenti).
La supplementazione di ferro per via orale può causare effetti collaterali quali: nausea, costipazione e pirosi gastrica, che possono attenuarsi se si inizia il trattamento con piccole dosi quotidiane, da aumentare poi progressivamente fino a ottenere la quantità prescritta.
Qualora la somministrazione per via orale risultasse insufficiente o scarsamente tollerata dalla donna, il medico potrebbe indicare un trattamento endovenoso.
L’anemia non trattata adeguatamente può comportare alcune complicazioni, soprattutto a carico del nascituro. Esiste infatti un rischio aumentato di esiti neonatali sfavorevoli associati a valori di emoglobina molto bassi (<8,5 g/dL).
L’anemia in gravidanza può inoltre essere associata a rischi fetali quali: un maggior rischio di parto pretermine, un incremento di basso peso del neonato alla nascita e maggiori probabilità di sviluppare un ritardo psicomotorio.
A livello materno i rischi determinati da bassi livelli di emoglobina in gravidanza sono: un aumentato rischio di preeclampsia, di distacco di placenta e di emorragia nel post-parto. Per questo, è importante individuare e trattare questa condizione.
Lavora come ostetrica negli ospedali bolognesi dal 2018 e conduce corsi di accompagnamento alla nascita. Dal 2020 è professoressa a contratto presso l’Università di Bologna, per il corso di Laurea in Ostetricia. Ha elaborato e coordinato un progetto, in collaborazione con l’Università di Bologna, di protezione e promozione dell’allattamento al seno, sostenendo a domicilio le mamme con difficoltà nell’avvio dell’allattamento.