Fare di più non significa fare meglio

Cure mediche più costose e un maggior numero di accertamenti non sempre conducono a migliori risultati

Immagine per l'autore: Vincenzo Calia
Vincenzo Calia , pediatra e fondatore di Uppa

La convinzione che cure mediche più costose e un numero maggiore di accertamenti conducano a migliori risultati è ormai radicata in molte persone. L’American Academy of Pediatrics ha indicato 10 pratiche mediche generalmente inutili e il movimento italiano Slow Medicine promuove il progetto Fare di più non significa fare meglio.

C’era una volta un cantautore napoletano, Renato Carosone, che scriveva canzoni molto divertenti. Una di queste si chiama Io mammeta e tu: racconta di un ragazzo infelice perché non riusciva mai a restare solo con la sua fidanzata, che usciva immancabilmente accompagnata dalla mamma.

Ma un bel giorno la mamma, malata, si fa sostituire da una figlia piccola: una bambina capricciosa che si incolla ai due fidanzati e che, quando le viene offerto un gelato («Vuo’ o cuppetto, o vuo’ o spumone?») risponde, senza neppure pensarci, «Chelloca costa ’e cchiù!» (Quello che costa di più).

Costare di più molte volte non è garanzia della scelta migliore

C’era una volta e c’è sempre ancora chi pensa che quello che costa di più sia la scelta migliore. Anche, e forse soprattutto, quando si parla di medicina e di salute. E così una costosa risonanza magnetica sarà sicuramente migliore di un’economica ecografia e il farmaco appena uscito è da preferire a quello che si usa da sempre (anche e soprattutto perché… costa di più). E se bisogna fare un’analisi, allora è meglio farle tutte, le analisi; un autentico luminare si riconosce dal fatto che le sue ricette sono scritte su due facciate e contengono una lunga lista di accertamenti e farmaci.

Si potrebbe continuare a lungo su questa strada, perché, soprattutto nei paesi come il nostro, in cui il Sistema Sanitario si fa carico della quasi totalità delle spese sostenute per le terapie e gli accertamenti, si è radicata nella mente delle persone la convinzione che più si fa e meglio è. Un’idea che acquista (ahimè!) sempre più spazio anche nel ragionamento dei medici, che sentono forte la pressione dei pazienti, sempre molto informati, ma non sempre ben informati, e sempre più propensi a cercare e a denunciare l’errore, la colpa, la mancanza del medico.

Tutto questo ha un effetto controproducente sui pazienti stessi, perché non sempre e non tutte le cure e le procedure diagnostiche sono utili ed esenti da rischi ed effetti collaterali, e provoca uno scadimento della qualità della professione medica: il medico non si sente libero di comportarsi secondo scienza e coscienza. Questo modo di pensare e di agire (o forse di agire senza pensare?) mette in pericolo la stessa sopravvivenza dei Sistemi Sanitari pubblici, perché determina una crescita esponenziale dei costi, che ormai sempre meno Stati sono in grado di sopportare.

Il Servizio Sanitario pubblico è come l’aria che respiriamo: ci rendiamo conto di quanto sia essenziale solo quando ci manca. Immaginate come vi sentireste se dovesse capitarvi di entrare nel Pronto Soccorso di un Ospedale e, prima ancora di ricevere aiuto, vi fosse chiesto di presentare la vostra carta di credito; oppure se foste consapevoli che curare un infarto o un tumore dovesse significare essere ridotti in povertà o essere costretti a ipotecare la casa di famiglia.

Scegliere con saggezza

Queste considerazioni sono da sempre presenti nelle pagine del nostro giornale e si stanno diffondendo anche fra le Società Mediche in tutto il mondo. Come spesso capita, l’iniziativa nasce in America dove, con la parola d’ordine Choosing wisely (scegliere con saggezza), si sta lavorando per identificare tutte le pratiche mediche inutili e potenzialmente dannose, da bandire con il consenso dei medici e attraverso la condivisione con i pazienti. All’interno di questo progetto si moltiplicano le prese di posizione che riguardano i bambini.

Anche in Italia sta prendendo piede un movimento che persegue gli stessi obiettivi, per iniziativa di Slow medicine – un’Associazione nata come movimento culturale per una medicina sobria, rispettosa e giusta – che ha di recente lanciato il progetto intitolato «Fare di più non significa fare meglio».

A esso hanno aderito già molte società scientifiche, fra cui l’Associazione Culturale Pediatri (ACP), che si propongono di identificare, tra le pratiche mediche comunemente usate, quelle che sono spesso ingiustificate perché non portano benefici nella maggior parte dei pazienti e sono potenzialmente dannose, spiegandone il perché agli utenti dei servizi sanitari. Queste pratiche dovranno essere oggetto di dialogo tra il medico e i familiari del bambino, perché la decisione sia condivisa.

10 cose da non fare secondo gli Americani

L’American Academy of Pediatrics, all’interno del progetto “Choosing wisely”, ha indicato le prime 10 cose che nella maggior parte dei casi non bisognerebbe fare, perché non giustificate scientificamente, inutilmente costose o potenzialmente dannose alla salute dei bambini. Ecco un elenco sintetico.

  • Non utilizzare antibiotici per curare le infezioni virali delle vie respiratorie
  • non prescrivere medicinali per la tosse e il raffreddore sotto i quattro anni
  • non fare una TAC in caso di trauma cranico minore
  • non fare TAC o Risonanza Magnetica in caso di convulsioni febbrili
  • non fare TAC in caso di dolore addominale
  • non prescrivere cortisone ad alte dosi nella displasia polmonare dei neonati pre-termine
  • non fare esami del sangue (RASTIgE) per cercare le allergie alimentari, se non
    c’è una storia clinica di reazioni allergiche a specifici alimenti
  • non usare farmaci nel Reflusso Gastroesofageo fisiologico (bambini che
    rigurgitano, ma crescono regolarmente)
  • non fare urinocolture nella batteriuria asintomatica (batteri nelle urine, senza
    febbre)
  • non utilizzare di routine strumenti elettronici che segnalano l’apnea per prevenire la morte in culla dei lattanti (SIDS).

Fare di più non significa fare meglio

A questo progetto, promosso in Italia dal movimento Slow Medicine, hanno aderito oltre 25 Società Scientifiche Mediche, alcune delle quali pediatriche, e molte Società Scientifiche infermieristiche. Ciascuna di queste Società si è impegnata a identificare cinque pratiche mediche, molto comunemente utilizzate, da scoraggiare perché nella maggior parte dei casi si sono dimostrate inutili e potenzialmente dannose per i pazienti. Molte di queste liste sono già state pubblicate.

Le Società di pediatri che hanno fin ora aderito a questo progetto sono l’Associazione Culturale Pediatri, che ha già compilato una prima lista di pratiche da scoraggiare, la Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica e la Federazione Italiana Medici Pediatri.

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Vincenzo Calia

pediatra e giornalista, ha esercitato per quarant’anni come pediatra di famiglia nel Servizio Sanitario Nazionale e ha fondato nel 2001 il bimestrale per i genitori «Un Pediatra Per Amico», che ha diretto per 16 anni. Attualmente è un pediatra libero professionista.

Articolo pubblicato il 25/02/2016 e aggiornato il 22/09/2022
Immagine in apertura Vesnaandjic / iStock / Getty Images Plus

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