L’assunzione di farmaci in gravidanza suscita spesso preoccupazioni per i possibili effetti negativi sul feto e sul neonato (in questo articolo parliamo di un tema connesso, quello dell’utilizzo dei vaccini antinfluenzali durante la gravidanza). Fortunatamente, anche se quasi tutti i farmaci sono in grado di attraversare la placenta, quelli che causano malformazioni o che possono alterare il normale sviluppo del feto (i cosiddetti farmaci teratogeni) sono pochi, e parliamo soprattutto di medicinali utilizzati per terapie croniche o di lunga durata.
In generale, assumere farmaci nel dosaggio più basso e per il periodo di tempo più breve riduce i possibili rischi di danni per il feto, ed è preferibile evitare di prendere più medicine contemporaneamente. Durante la gravidanza, i farmaci andrebbero assunti solo se necessario e dopo aver consultato il proprio medico, anche se si tratta di medicinali che non richiedono prescrizione (i “farmaci da banco”) e di prodotti erboristici (ne parliamo anche in questo articolo sul problema della stitichezza in gravidanza).
Di seguito facciamo chiarezza sull’assunzione dei farmaci in gravidanza, a cosa si deve fare attenzione e scopriamo alcuni consigli per gestire al meglio alcuni comuni disturbi della gestazione.
Nell’ultimo mese prima del concepimento (meglio ancora nei tre mesi che lo precedono) e per tutto il primo trimestre di gravidanza, è importante che le donne assumano 0,4 mg di acido folico al giorno per ridurre il rischio di difetti congeniti nel feto (in particolare la spina bifida, una malformazione del midollo spinale). Infatti, nonostante questa vitamina sia presente nella frutta e nella verdura, la quantità assunta con la sola dieta non è sufficiente a garantire il fabbisogno durante la gravidanza ed è perciò necessaria un’integrazione.
Nel caso poi si assumano regolarmente farmaci per curare una malattia cronica (ad esempio epilessia, depressione, asma), bisognerebbe valutare col proprio medico eventuali modifiche della terapia prima del concepimento, così da poterne impostare un’altra che sia più adatta alla gravidanza.
Ci sono poi dei farmaci teratogeni la cui assunzione deve essere interrotta alcune settimane prima del concepimento: ne sono un esempio i retinoidi, derivati della vitamina A e utilizzati per il trattamento dell’acne, che, se assunti per bocca, possono rimanere nell’organismo per alcuni giorni o settimane dopo il termine della terapia prima di essere eliminati dal nostro organismo.
Per quanto riguarda invece le vaccinazioni durante la gravidanza (quali fare e quando farle), rimandiamo a questo articolo.
Nei primi tre mesi di gravidanza, durante i quali avviene la formazione degli organi e l’embrione è più sensibile agli effetti dei farmaci, è necessaria una maggiore cautela.
Quando una donna che fa una cura farmacologica scopre di essere incinta, la prima cosa che deve fare è consultare il proprio medico curante per decidere come proseguire la terapia. L’assunzione del farmaco non va mai interrotta di propria iniziativa, perché ciò può comportare dei rischi per la propria salute e per lo sviluppo del feto.
Vediamo ora alcuni consigli che possono rivelarsi utili per gestire alcuni tra i più comuni disturbi della fase di gestazione; bisogna però tenere presente che tali consigli non possono, in alcun caso, sostituirsi al giudizio del medico.
Per questi disturbi, il farmaco di riferimento in gravidanza è il paracetamolo (come abbiamo scritto anche in questo articolo), la cui sicurezza in caso di uso occasionale o per terapie di breve durata è ampiamente documentata (si raccomanda comunque di attenersi alle indicazioni del foglietto illustrativo o alle indicazioni del medico o del farmacista per le dosi e i tempi). La valutazione del medico è sempre necessaria se l’assunzione del farmaco dovesse prolungarsi per più di cinque giorni.
Serve, invece, maggiore prudenza nell’uso di altri farmaci comunemente impiegati per curare il dolore: i cosiddetti farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), ad esempio ibuprofene, diclofenac, ketoprofene, nimesulide. Anche se i dati disponibili non rivelano un maggior rischio di malformazioni, secondo alcuni studi le mamme che assumono FANS nelle prime settimane di gravidanza sono più frequentemente soggette ad aborto spontaneo. Inoltre, i FANS non vanno impiegati durante il terzo trimestre di gravidanza e in particolare dopo la trentesima settimana di gestazione, perché possono causare una chiusura del “dotto di Botallo”, un vaso arterioso fondamentale per la circolazione del sangue nel feto. Questo rischio è stato riscontrato anche con l’assunzione di paracetamolo nelle ultime settimane di gravidanza, tuttavia questo dato deve ancora essere confermato; in ogni caso, prima di usare il paracetamolo dopo la trentesima settimana è consigliabile consultare il proprio medico.
Sintomi come la nausea, il vomito e il bruciore di stomaco sono molto frequenti specialmente nei primi mesi di gravidanza: per ridurli o eliminarli, in genere, sono sufficienti piccoli “aggiustamenti” della dieta (pasti piccoli, frequenti e ricchi di carboidrati). Se ciò non dovesse bastare, si può valutare con il proprio medico la possibilità di utilizzare la metoclopramide, un farmaco che accelera lo svuotamento dello stomaco e non è associato a un aumento dei rischi per il feto.
Per quanto riguarda il bruciore di stomaco, come medicine in gravidanza si possono prendere degli antiacidi (ad esempio, sali di alluminio e magnesio), assorbiti in modo blando dall’organismo.
Da ultimo, modificare la dieta e le abitudini di vita è spesso il modo più efficace per curare la stitichezza (stipsi). Bere molti liquidi, assumere alimenti ricchi di fibre (frutta, verdura), svolgere regolarmente attività fisica sono rimedi che in molti casi aiutano a ripristinare e mantenere la regolarità dell’intestino. In caso di stipsi molto fastidiosa, si possono utilizzare occasionalmente dei lassativi, preferendo quelli che non vengono assorbiti dall’intestino come i lassativi osmotici (ad esempio, macrogol, lattulosio, ecc.), i quali richiamano, per azione osmotica, acqua all’interno dell’intestino, o quelli formanti massa, che aumentano il volume delle feci richiamando acqua (ad esempio, quelli a base di alghe o di gomma di Guar).
Per quanto riguarda la tosse, bere molto (meglio liquidi caldi come latte e tisane) ed effettuare suffumigi sono mezzi utili per rendere più fluido il muco, che potrà poi essere eliminato con maggiore facilità. In questo caso, l’efficacia dei farmaci non è provata.
Anche per il raffreddore in gravidanza il rimedio migliore è bere molti liquidi. I lavaggi nasali con soluzione salina possono essere d’aiuto. L’uso di spray per decongestionare la mucosa nasale non sembra causare rischi in gravidanza: questi farmaci devono però essere utilizzati solo per pochi giorni (non più di 2-3), per evitare danni alla mucosa nasale.
medico e specialista in Farmacologia Clinica, ricercatore presso il Laboratorio per la Salute Materno Infantile dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano, dove è responsabile dell’Unità di Farmacoepidemiologia. Si occupa principalmente del monitoraggio dell’uso dei farmaci nei bambini e negli adolescenti e del trasferimento dell’informazione sull’impiego dei farmaci, in particolare per quanto riguarda la gravidanza, l’allattamento e l’età pediatrica, agli operatori sanitari e ai cittadini.