«Quando è necessario dare medicinali ai bambini per combattere la febbre?»: si tratta di una delle domande più ricorrenti in un ambulatorio pediatrico. Un quesito apparentemente semplice a proposito di un fastidioso sintomo che accompagna alcune delle malattie più comuni tra i bambini. Proviamo a fare chiarezza iniziando a spiegare qual è la ragione per cui il nostro organismo produce la febbre.
Quando siamo aggrediti da un germe che infetta i nostri tessuti (ad esempio uno streptococco che colpisce la gola, o un virus che assalta l’intestino o i polmoni) l’organismo risponde attivando l’apparato immunitario.
Immaginiamo le nostre difese immunitarie come un esercito dotato di aviazione, marina e truppe di terra. Intercettato il pericoloso nemico, virus o batterio, il sistema immunitario (il ministero della difesa) ordina un contrattacco: alcune cellule viaggiano nel sangue alla ricerca degli aggressori (alcuni tipi di linfociti), segnalando la loro presenza a truppe di terra (leucociti e macrofagi), poi altre cellule producono sistemi di difesa (gli anticorpi), e così via. Tra le armi che questo speciale sistema di difesa utilizza c’è il rialzo della temperatura; infatti, molti germi “soffrono” se la temperatura non si aggira intorno ai 36-37 °C, per loro molto confortevole. La temperatura del nostro corpo è controllata da uno speciale termostato che abbiamo nel cervello, e più esattamente nell’ipotalamo. Alcune cellule di difesa del nostro corpo sono incaricate, tramite un complesso meccanismo, di modificare il “termostato” a una temperatura superiore: tra gli effetti di questo processo c’è anche la vasocostrizione della pelle per ridurre la dispersione di calore (e quindi diventiamo pallidi), e la stimolazione delle contrazioni muscolari (i brividi), con l’effetto di rialzare la temperatura per mezzo del movimento muscolare.
I pediatri sanno che la febbre non è un sintomo cattivo, ma una reazione del nostro organismo che si sta difendendo da una malattia. La febbre indica la presenza di una battaglia in corso (i medici la chiamano infiammazione, ricorrente con la Sindrome PFAPA) e che il nostro sistema di difesa sta lavorando per risolverla. A questo punto viene spontanea la domanda: se la febbre è un segno dell’impegno dell’organismo nel difendersi, abbassandola con i farmaci antifebbrili non rallentiamo la guarigione? Per rispondere a questa domanda sono stati effettuati diversi studi ed è stato provato che per alcune malattie infettive l’uso di farmaci contro la febbre prolunga lo stato patologico. Nulla di grave, ma il concetto è chiaro: non è necessario abbassare la febbre per aiutare la guarigione da una malattia infettiva. Dare una medicina contro la febbre non avvantaggia le difese dell’organismo e non favorisce la guarigione.
Il farmaco contro la febbre va utilizzato solo se il bambino è sofferente, ossia se la malattia porta dolore, difficoltà a nutrirsi (bere o mangiare) o a dormire. Quindi daremo al bambino il paracetamolo o l’ibuprofene (i soli farmaci antipiretici raccomandati in età pediatrica) soltanto se è presente un malessere che impedisce le sue normali attività. Se il bambino ha la febbre a 39 °C e non accusa un particolare malessere, oppure sta dormendo, non c’è necessità di dargli il farmaco. Se il bambino ha una temperatura di 37,5 o 38 °C e ha mal di testa o mal d’orecchio, oppure non riesce a deglutire a causa del mal di gola, allora lo aiuteremo ad alleviare questi fastidiosi sintomi con il farmaco. L’obiettivo primario del trattamento del bambino febbrile dovrebbe essere quello di migliorare il suo stato di salute generale, piuttosto che concentrarsi sulla normalizzazione della temperatura corporea.
Un’altra domanda frequente riguarda la febbre che compare quando si vaccina un bambino: è necessario abbassarla? Ed è valido il consiglio di assumere paracetamolo prima della vaccinazione per evitare la comparsa della febbre? Alcuni ricercatori hanno controllato l’effetto dell’assunzione di paracetamolo in più di 400 bambini in occasione del ciclo di vaccinazioni del primo anno di vita. Nei bambini a cui si somministrava il paracetamolo, la febbre compariva più raramente rispetto al gruppo di bambini che eseguiva la vaccinazione senza l’utilizzo del farmaco, anche se gli episodi di febbre elevata erano gli stessi nei due gruppi. Tuttavia nei bambini che assumevano il paracetamolo la produzione degli anticorpi era più bassa. Alla fine del ciclo vaccinale tutti i bambini risultavano avere gli anticorpi utili per difendersi dal germe, anche se i bambini che non avevano assunto il paracetamolo presentavano una quantità di anticorpi più elevata. Anche questa ricerca, quindi, conferma il legame esistente tra febbre e attività del sistema immunitario: se si utilizza il farmaco contro la febbre in occasione della vaccinazione, oltre a non prevenire gli episodi di febbre elevata, si riduce l’attività del sistema immunitario.
La febbre è una risposta a un’infezione, un fenomeno presente in tutti i mammiferi ed esistente da molti milioni di anni, da molto più tempo rispetto a quando l’uomo ha iniziato a produrre farmaci con lo scopo di sopprimerla. In realtà, gli esseri umani sono l’unica specie animale che intenzionalmente cerca di abbassare la temperatura durante un episodio febbrile. Bisogna ricordare che una febbre elevata non significa necessariamente che la malattia sia più grave; tipico è l’esempio della sesta malattia: la febbre, causata dal germe che provoca l’infezione, è in genere altissima e può protrarsi per 3-5 giorni, ma la sesta malattia è del tutto innocua e priva di complicanze. Oltre a essere informati sulla sicurezza e i rischi dell’utilizzo del farmaco, i genitori devono sapere che la febbre di per sé non fa male e non è cattiva, ma è la risposta naturale all’infezione. Ed è l’infezione che noi vogliamo combattere, non la febbre.
comasco di nascita, ha studiato a Parma, dove si laurea in Medicina e si specializza in Pediatria, e successivamente in Neonatologia e Patologia neonatale. È autore di oltre 70 pubblicazioni scientifiche italiane e internazionali peer-reviewed, e collabora con Uppa da diversi anni con articoli di divulgazione pediatrica.