Una sfrontata linguaccia… vediamo se raccogli la sfida! L’offerta di una tazzina di caffè finto… bevi? Un timido sguardo senza parole… mi vedi? Fino ad arrivare alla richiesta esplicita: giochiamo insieme? Il bambino chiede di entrare in relazione con l’adulto e lo fa attraverso il linguaggio che più gli appartiene, quello del gioco, dimensione universale che lungi dall’essere prerogativa dell’infanzia, appartiene all’essere umano dalla nascita all’età adulta seppur con differenti caratteristiche.
Quando l’adulto raccoglie l’invito, si apre una meravigliosa opportunità di incontro autentico e profondo che veicola messaggi su cui riflettere:
I bambini sono felici e soddisfatti del coinvolgimento dei genitori nel proprio mondo. Giocando insieme al bambino diamo valore alle sue attività e ai suoi interessi, rafforzandone l’autostima.
Attraverso il gioco i genitori conoscono meglio il bambino e si esercitano a capirlo, avvicinandosi soprattutto emotivamente ai loro piccoli. Condividere il piacere di giocare crea un clima di stretta complicità e questo “essere insieme”, vivendo momenti di gioia e leggerezza, aiuta anche noi adulti a riconoscere e allenare le nostre risorse relazionali.
Il gioco è anche uno dei pochi spazi in cui il piccolo può essere “più bravo” del grande e il genitore può imparare, libero di mostrarsi e ridere anche dei propri limiti, testimoniando il proprio essere imperfetto. Attraverso la finzione («facciamo che io sono la mamma e tu il bambino?») si ha anche l’opportunità di sperimentare nuovi ruoli, rispecchiarsi nello sguardo dell’altro e guardare alle cose da diversi punti di vista.
Giocare insieme ai propri bimbi è proprio molto semplice. Possiamo farlo sempre e dappertutto, senza bisogno di predisporre a tutti i costi un contesto strutturato. Se sogniamo il parco immerso nel verde e invece siamo in fila in macchina, con un po’ di fantasia possiamo contare quante cose vediamo dal finestrino… chi vince?! Giochiamo nel lettone, giochiamo nella sala d’attesa, giochiamo in cucina. Riprendiamoci un po’ di questo tempo del sorriso.
Affinché il gioco funzioni deve essere, però, vissuto nell’autenticità della relazione. Il che significa per noi adulti mantenere l’equilibrio tra prendere la cosa troppo sul serio o troppo poco, accettando di non controllare del tutto quanto sta accadendo. La formula magica è semplice: a volte, piuttosto che usare il gioco come un metodo educativo, basterebbe cercare di giocare, senza troppe pretese e troppi progetti. Il resto, fidatevi, verrà da sé, ed è proprio un gran divertimento!
pedagogista, svolge attività privata di consulenza pedagogica nel sostegno alla genitorialità e al percorso di crescita di bambini e adolescenti. Coordina progetti di educazione e accompagnamento alla morte e all’esperienza della perdita, si occupa di famiglie adottive e lavora come formatrice per gli operatori di nidi e scuole dell’infanzia nella provincia di Messina. È stata vicedirettrice di Uppa magazine dal 2018 e dal 2022 ne è diventata direttrice.