Improvvisamente urla, pianti inconsolabili e reazioni inaspettate. Il primo pensiero dei genitori è: «Ma cosa sta succedendo? Fino a ieri la pace e ora, di colpo, abbiamo in casa un piccolo rivoluzionario». Niente paura, siamo ufficialmente entrati nella fase che gli inglesi chiamano Terrible two, e possiamo anche già rassicurarci: come per ogni fase evolutiva, anch’essa ha un inizio, uno svolgimento e una fine. Ma rimane comunque un periodo che va compreso e affrontato attentamente, proprio per alleggerire le fatiche. Facciamo un bel respiro e cerchiamo insieme di capirne l’importanza per lo sviluppo dei bambini e come dovrebbero comportarsi i genitori.
Dobbiamo considerare che i bambini, come noi adulti, hanno il diritto di dire “no”, anche se questa diventa una specie di parola magica da ripetere ostinatamente per affermare la loro volontà e l’indipendenza dagli adulti (o anche solo per vedere che effetto fa).
Ma i due anni non sono solo l’età del “no”, dell’opposizione e della collera. Contemporaneamente, infatti, il bambino inizia a pronunciare spesso il pronome “io”, si riconosce allo specchio, percepisce la propria unità corporea e comincia a sentirsi una “persona” dotata di pensiero e volontà, separata dalla madre, dal padre e dalle altre figure di riferimento.
Il “bersaglio” preferito in questa fase di affermazione e opposizione è la mamma, ovvero la persona con cui ha più confidenza e con cui si sente maggiormente libero di esprimersi: è proprio da lei che sente di dipendere maggiormente ed è con lei che ha ancora paura di confondersi.
Ricordiamoci dunque che è attraverso “no” e “io” (e anche “mio”) che il bambino sperimenta la sua libertà e cerca di affermare la propria personalità; si fanno cioè strada in lui le prime forme di “pensiero individuale”. Le “obiezioni” rappresentano, quindi, null’altro che un richiamo all’autonomia.
I “no”, le opposizioni e le apparenti sfide racchiudono anche le paure e le insicurezze del piccolo. Questo perché da un lato c’è il suo desiderio di avventurarsi in un mondo sconosciuto ma dall’altro la paura di non sapere quello che troverà: «Sto crescendo, voglio fare da solo» ma «ho ancora bisogno della tua guida e della tua vicinanza». Questa è una fase evolutiva importante, una “palestra” in cui il bambino si allena per imparare a gestire la frustrazione e a controllare la rabbia. Impiegherà del tempo per padroneggiare gli impulsi emotivi, e il genitore dovrà stargli accanto lasciando che questo tempo abbia la sua evoluzione, offrendogli strategie vincenti e soluzioni socialmente accettabili.
Evitiamo innanzitutto di considerare gli atteggiamenti oppositivi del bambino come una sfida e consideriamoli piuttosto come un tentativo iniziale e confuso di comprendere come funziona il mondo. Dovremmo poi essere sufficientemente forti per sostenerli e supportarli durante le “cadute” e gli immancabili sbalzi d’umore, nonché bravi a prevedere e anticipare situazioni che sappiamo potrebbero “scatenare” crisi di pianto e arrabbiature. Proviamo ad esempio a limitare la frequentazione di ambienti chiusi, affollati e troppo stimolanti (supermercati, centri commerciali etc.): stancare il bambino lo renderà più facilmente irascibile e nervoso. Meglio portarlo fuori, all’aria aperta: la natura distende le tensioni, calma, rassicura e offre infinite possibilità di sperimentazione.
I bambini hanno spesso bisogno di saltare, correre, arrampicarsi, ed è dunque importante offrirgli occasioni motorie anche a casa oltre che all’esterno. L’importante è che la stanza scelta per questo tipo di attività, così come il resto della casa, sia un luogo sicuro: sfrutteremo dunque spazi che hanno al proprio interno strutture “morbide” come ad esempio un materasso, un divano, dei cuscini etc; in questo modo, il piccolo correrà meno rischi (di conseguenza, minori saranno anche i divieti da parte nostra) e al tempo stesso potrà scegliere e usare in autonomia una vasta quantità di oggetti e materiali.
L’importante è sempre concludere queste attività con momenti di rilassamento: coccole, musica rilassante, letture.
Altro compito importante è aiutare il bambino a canalizzare le energie. A tal proposito, è preferibile offrirgli, nel corso della giornata, una vita ordinata in cui le regole (del pasto, dell’igiene, del riposo etc.) rappresentino una normale e buona abitudine per il proprio benessere.
Durante la “fase oppositiva” i piccoli vogliono fare tutto da soli, ma questo aspetto può essere “sfruttato” positivamente dai genitori. Facciamoci aiutare, per esempio, ad apparecchiare la tavola, o invitiamoli a compiere alcune azioni in autonomia (mangiare, andare in bagno, infilarsi le scarpe etc.) e magari facciamogli gestire anche qualche piccola frustrazione senza il nostro intervento.
Di fronte a eventuali crisi la cosa migliore da fare è tranquillizzare il piccolo: solo una volta calmato sarà in grado di riprendere l’emozione e il vissuto che ha sentito. Per fare ciò, manteniamo noi in primis la calma, dal momento che urlare e agitarsi sarà solo controproducente (il bambino si agiterà a sua volta).
Ogni genitore ha un suo modo per ritrovare tranquillità interiore, come ad esempio fare un bel respiro, contare fino a venti, uscire dalla stanza e “delegare” qualcuno per il poco tempo necessario a diminuire la tensione, ecc.
In ogni caso, il consiglio è quello di rassicurare i nostri bambini abbracciandoli. In questo modo, il messaggio che passerà sarà: «Sono qui per te, capisco che sei arrabbiato e lo accetto». Quando arrivano i Terrible two, ricordiamoci sempre che il nostro compito è quello di porre limiti per la sicurezza dei nostri figli. Il loro è di oltrepassarli per crescere!