Affrontare la didattica della matematica in un’ottica inclusiva, diminuendo in bambine e bambini lo stress collegato al rapporto, spesso conflittuale, con questa disciplina, è un obiettivo che molti insegnanti e genitori si propongono. Ed è possibile farlo anche attraverso l’antica arte giapponese di piegare la carta, l’origami, a cui è dedicato il webinar gratuito, riservato agli insegnanti, La matematica nascosta negli origami: spieghiamola!, curato da Adele Veste, formatrice per i docenti e specializzata nella didattica inclusiva della matematica, e Gabriella Romano, insegnante da tempo impegnata nella didattica dei concetti matematici attraverso gli origami.
Abbiamo parlato con le due esperte per comprendere l’importanza di affrontare questa materia con un approccio positivo, che sfrutti diversi canali per l’apprendimento e, soprattutto, che non lasci indietro nessuno.
Innanzitutto, è fondamentale che bambine e bambini mettano da parte la diffusa diffidenza o paura verso la matematica: «Se leggiamo gli studi di Rosetta Zan, – ci ha detto Gabriella Romano – si può ben comprendere che molto spesso i ricordi legati alla matematica rimandano a vissuti sofferti, a volte dolorosi, ed è un vero peccato. Oggi siamo consapevoli che l’aspetto emotivo nei confronti di questa disciplina incide molto. Un approccio didattico più sereno può contribuire a migliorare questo stato di cose e penso che gli origami aiutino ad accostarsi con curiosità alla matematica in generale, ma in particolare alla geometria, spesso trascurata nelle nostre scuole».
In che modo questa antica arte può essere un veicolo di concetti legati alla matematica? Sottolinea Romano: «Piegando con i ragazzi un qualsiasi foglietto di carta per realizzare anche un semplice modello di origami, è possibile trasmettere in modo naturale il lessico specifico, perché le parole si fanno concrete: per piegare una diagonale di un quadrato devo agire su vertici opposti, e ciò induce bambine e bambini a far propri questi termini, per comprendere e poi dare istruzioni, che diventano interessanti perché alla fine si realizza un modello, magari un gioco o un personaggio di una storia letta». E così un’attività ludica si fa strumento di conoscenza formale. Continua l’esperta: «Pensiamo, per esempio, al classico gioco “inferno-paradiso”: se riapriamo il foglio dopo le pieghe, possiamo individuare rette parallele e perpendicolari che attraversano e frazionano la carta. Quale frazione del foglio ho colorato nel mio gioco? È maggiore la parte colorata o quella non colorata? Si possono fare domande di questo tipo su ogni modello e ogni risposta può essere argomentata, aiutando gli alunni a sviluppare anche tale competenza».
Gli origami aiutano a uscire dagli schemi consolidati dalla didattica tradizionale. Continua Gabriella Romano: «Attraverso le pieghe è anche molto facile riconoscere le figure geometriche e le loro caratteristiche in situazioni non standard: per esempio, nei libri di testo un triangolo rettangolo è rappresentato sempre nella medesima posizione, in genere con l’angolo retto a sinistra, raramente si vede ruotato; un rombo sempre con la diagonale maggiore verticale. Gli origami sviluppano la capacità di visualizzazione di fronte a variazioni del contesto».
Ma si deve pensare a questo metodo come adatto solo ai primi gradi dell’istruzione o può essere utile anche dopo? «Questa tecnica – afferma Romano – può essere proposta dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado e oserei dire anche oltre. Molti ricercatori studiano materiali e tecniche per applicare l’origami in campi diversi, dalle navicelle spaziali a dispositivi per interventi chirurgici».
Per i genitori, apprendere assieme ai propri figli quest’arte può essere un momento piacevole e rilassante da trascorrere insieme, contribuendo a potenziare le capacità matematiche di tutta la famiglia.
Aggiunge Adele Veste: «La pratica dell’origami che, come abbiamo visto, si può proporre anche ai bambini della scuola dell’infanzia, intorno ai 5 anni, è, quindi, un ottimo mezzo per stimolare le capacità deduttive. La carta costituisce un valido strumento proprio perché, a differenza delle altre tecniche e tecnologie, non prevede abilità di base come prerequisito e mette in contatto diretto con il concetto, senza mediazioni». Perché un laboratorio di questo tipo può avere ricadute positive in termini di didattica inclusiva? Sottolinea Veste: «I bambini lavorano insieme e possono discutere tra loro su forme e concetti e fare generalizzazioni. Ci sono degli aspetti che mutano e altri che permangono, che restano costanti, e sono comodi veicoli di concetti matematici e geometrici. Con queste attività si può scoprire in modo semplice la matematica che si nasconde in oggetti o spazi quotidiani, anche attraverso il gioco. Inoltre si tratta di una pratica che aiuta lo sviluppo della coordinazione oculo-manuale e la motricità fine, potenziando, nel frattempo, anche l’acquisizione di concetti e linguaggio tipici della matematica. Guidare nella gestione di una procedura attraverso il gioco può essere, per esempio, un utile intervento anche per bambine e bambini con disprassia. Si potenziano le capacità di concentrazione, di memoria e anche quelle di trovare una soluzione di tipo creativo a un problema che viene posto».
C’è, però, chi teme che la didattica attraverso metodi concreti possa mettere in ombra l’astrazione insita nella matematica. Si tratta di un timore fondato? Secondo Romano, proprio no: «Rispondo con una citazione di una famosa insegnante e matematica italiana che ha rivoluzionato la didattica di questa disciplina, Emma Castelnuovo, tratta dal suo libro Didattica della matematica [1] : “Quanto più tempo i nostri ragazzi avranno dato allo studio del concreto, quanto più tempo avranno perduto nell’osservare, tanto meglio passeranno dopo alla comprensione delle forme astratte”. È importante che ogni docente abbia il desiderio di mettersi in gioco, rivedendo la propria didattica e spiegando con chiarezza alle famiglie i veri obiettivi e tutto ciò che gli origami nascondono».
Quali consigli dare a chi desidera avvicinarsi a quest’arte? Continua Romano: «Io personalmente ho sempre avuto una passione per la carta e per gli origami, fin da bambina. Ma la vera svolta è stata quando, attraverso i social network, ho incontrato il gruppo di origamisti del “Centro Diffusione Origami”, storica associazione che ha contribuito a far conoscere la tecnica in Italia. A un certo punto della mia carriera da docente, ho sentito la necessità di cambiare il modo di fare geometria e dopo aver partecipato, nel 2014, a un convegno su origami e didattica ho capito che questo approccio poteva essere valido ed efficace se ben usato e mi sono spesa per diffonderlo tra i docenti, cercando di incuriosire. Attualmente, per chi vuole approfondire l’arte dell’origami, ci sono diversi webinar e corsi di formazione, anche riconosciuti dal Miur».
Divulgatrice scientifica, è socia effettiva e presidente della sezione pugliese del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) e membro del direttivo dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM. Scrive per diverse riviste cartacee e online, tra le quali Le Scienze, Mind, Uppa, Focus Scuola, Wired.it, Wonder Why, Scientificast.