I primati sono capaci di cure materne molto affettuose, cullano i piccoli e utilizzano richiami vocali per comunicare con loro: di solito tendiamo a parlare di “istinto” quando vengono descritte queste attitudini che caratterizzano il comportamento della madre verso il proprio cucciolo. Per esempio, tutti noi sappiamo che non si devono togliere i piccoli appena nati alla gattina di casa, perché c’è il rischio che successivamente non li riconosca più come suoi, lasciandoli morire. Ma sappiamo anche che “la mamma umana” non corre questo rischio, perché la sua sfera psichica sa costruire il legame con il bambino anche se questo non è fisicamente presente (come quando è ricoverato, per esempio).
Eppure capita che, talvolta, le donne in gravidanza riferiscano preoccupate di non “sentire l’istinto materno”, che in astratto è cosa difficile da immaginare. Ma tutte le mamme possono sperimentare con sorpresa una dimensione innata, non appresa, non dipendente dalla cultura, che tuttora è molto presente nei comportamenti della madre e del neonato nell’immediatezza della nascita. Se non disturbiamo i protagonisti e lasciamo il neonato sull’addome materno, in un ambiente rispettoso, in stretto contatto pelle a pelle con la mamma, possiamo rimanere incantati da comportamenti reciproci: un vero e proprio dialogo di proposte (del neonato) e risposte (della madre) che hanno la loro massima espressione nelle due ore successive al parto. Queste interazioni dovrebbero essere facilitate perché rappresentano le prime esperienze dell’irripetibile legame che esiste fra mamma e bambino.
Ormai sono ben note le prime competenze del neonato: il piccolo è sveglio e attento, si orienta in modo selettivo verso la voce o il volto femminile, sente lo stimolo odoroso del latte, cerca il capezzolo; la mamma tocca delicatamente il bambino, emette suoni acuti, si muove ritmicamente per cullarlo; il bambino contemporaneamente cerca lo sguardo della mamma, occhi negli occhi, si aggrappa, succhia il capezzolo, e ha quell’aspetto peculiare del cucciolo, che nella mente umana ispira immediati sentimenti di tenerezza. In questo periodo insorgono risposte specifiche fra il bambino e la madre, il processo di attaccamento tra i due si struttura, e nonostante una buona parte di interazioni sfugga alla nostra osservazione, certamente accade.
Ogni neonato risponde con segnali propri ai richiami della mamma, e un buon attaccamento riduce l’ansia dei genitori, favorendo lo sviluppo del bambino. Tutti questi automatismi sono sostenuti dal lavoro che gli ormoni indirizzano sul cervello, e sono la garanzia della sopravvivenza della specie.
In particolare, più di recente sono state formulate altre teorie che specificano e approfondiscono le scoperte precedenti descrivendo il fenomeno denominato breast crawl.
Si tratta del comportamento istintivo di tutti i neonati sani che, adagiati dopo la nascita sull’addome materno in modo che tutto il corpo sia in contatto con il corpo della madre, si arrampicano con le proprie forze utilizzando mani e piedi, e strisciano fino a raggiungere il seno per poi succhiare. È quindi chiaro che il bambino nasce con diverse abilità ed è già in possesso di una serie di competenze innate che lo rendono capace di effettuare il breast crawl.
A guidarlo è un olfatto spiccato che lo indirizza verso il capezzolo, le cui secrezioni hanno un odore molto simile al liquido amniotico. Il piccolo dovrebbe quindi essere asciugato alla nascita, per proteggerlo dal raffreddamento, ma senza asciugare le mani: seguendo la loro scia profumata, infatti, sarà facilitato ad arrampicarsi verso il seno.
Il bambino vede quello che gli serve (anche se la sua vista deve ancora svilupparsi), cioè mette a fuoco alla distanza strategica che c’è fra il seno e il volto della madre, di cui può riconoscere la forma già dopo trenta minuti di vita. Per esempio, il semplice gesto di sistemare un cuscino sotto la testa della madre può avvantaggiare molto l’incontro degli sguardi. Il bambino, poi, ode i suoni, e preferisce la voce della madre alla quale è abituato; la voce materna in sé è uno stimolo a succhiare più vigorosamente, perciò «silenzio in sala!». Il contatto pelle a pelle, quindi, aumenta le probabilità di successo dell’allattamento al seno, aiuta a mantenere costante la temperatura proteggendo il bambino dal raffreddamento, ne migliora i livelli di glicemia, riduce il pianto, favorisce il distacco della placenta e diminuisce la perdita di sangue perché incrementa i livelli di ossitocina della mamma.
Di recente è stato pubblicato uno studio sul comportamento dei neonati posti pelle a pelle sull’addome materno durante la prima ora di vita, detta “magical hour”. Questa indagine sfata il mito che il bambino sia capace di attaccarsi al seno immediatamente: dopo la nascita il neonato non tenta subito di poppare, ha bisogno di un po’ di tempo. Lo studio ipotizza che il riflesso della suzione sia assente perché tutto il sistema sensoriale alla nascita è depresso. In questa “ora magica” i piccoli attraversano nove stati, o fasi comportamentali, finalizzati alla riattivazione di tutto il sistema automatico che regola le funzioni vitali di base, e solo dopo possono poppare. Quindi, in sequenza: il neonato piange, si rilassa, si sveglia, inizia a muoversi, si arrampica, si riposa, familiarizza col seno materno, succhia, e finalmente si addormenta.
Risulta essenziale lasciare al neonato il tempo necessario alla sua autoregolazione e non disturbarlo se vogliamo che raggiunga il seno e succhi con successo. Se lo “lasciamo fare” consentiamo al neonato un’esperienza sensoriale completa, che nessun giocattolo può sostituire.
I tempi di adattamento alla vita fuori dall’utero devono essere sempre rispettati, a meno che motivi gravi (e rari) di salute della mamma, o del neonato, lo impediscano. Se il neonato sta bene deve rimanere sull’addome materno per almeno un’ora dopo la nascita, se respira bene non deve essere “aspirato”, e pratiche come visite, misurazioni, bagnetto e vestizione devono essere ritardate al massimo. Infine il seno della mamma non deve essere lavato.
ostetrica, ha avuto una lunga esperienza lavorativa nel servizio pubblico, sia sul campo sia come ostetrica dirigente. In questa veste ha aperto il Centro nascita “Margherita”, struttura dedicata al parto naturale dell’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi di Firenze, e lo ha diretto dal 2007 al 2014. È autrice di numerose pubblicazioni su riviste di settore, e del libro “Partorirai con amore”. È in pensione dal 2017.