L’ittero è una colorazione gialla della pelle, delle sclere (la parte bianca degli occhi) e delle gengive, ed è causata dal deposito di una sostanza chiamata bilirubina. Il termine deriva dal greco e si riferisce a un uccello dalle piume gialle: nell’antichità si pensava infatti che la semplice vista del volatile potesse far guarire istantaneamente un malato che si fosse “ingiallito”.
Per stabilire se un neonato è itterico, deve essere osservato nudo in un ambiente ben illuminato, meglio se alla luce del sole, perché le luci al neon o a LED possono falsare di molto la percezione del colore della pelle; la colorazione giallastra compare prima sul volto e negli occhi per poi scendere lungo il corpo dall’alto verso il basso a mano a mano che l’ittero si accentua.
La bilirubina è una sostanza di scarto di colore giallo prodotta dalla normale distruzione dell’emoglobina contenuta nei globuli rossi alla fine del loro ciclo vitale.
Mentre durante la vita fetale si elimina tramite la placenta, dopo la nascita la bilirubina viene smaltita attraverso il fegato, ma nei primi giorni di vita ne viene prodotta così tanta che il fegato non è sempre in grado di eliminarla.
Da notare che, tendenzialmente, si riscontrano livelli di bilirubina più alta se il neonato ha origine asiatica, ispanica o sudamericana.
Il conseguente accumulo di bilirubina nel neonato porta alla comparsa di un ittero che è detto “fisiologico” perché non è espressione di malattia; si tratta piuttosto di una condizione normale che interessa il 60% dei neonati e l’80% dei prematuri (i nati prima della trentasettesima settimana).
Il fatto che un neonato abbia l’ittero, cioè sia “giallo”, è però considerato normale solo in base a certe caratteristiche: l’ittero nei neonati deve comparire dopo la prima giornata di vita, deve raggiungere la massima intensità fra il terzo e il quinto giorno e deve scomparire dopo due settimane al massimo, senza nessun trattamento. I valori di bilirubina del neonato devono crescere lentamente ogni giorno e non superare determinati livelli di guardia stabiliti da apposite tabelle (circa 12 mg per decilitro nei nati a termine e 15 mg nei neonati pretermine), al di là dei quali questa sostanza potrebbe entrare nelle cellule del cervello e causare un danno al sistema nervoso centrale. [1]
È importante quindi che a ogni neonato itterico venga fatto il dosaggio della bilirubina nel sangue: se, utilizzando specifiche tabelle, vengono riscontrati livelli elevati (quando si parla di ittero neonatale i valori limite di riferimento variano a seconda dei giorni di vita), si rende necessario sottoporre il piccolo alla fototerapia neonatale.
Il neonato, con addosso solo il pannolino e con gli occhi coperti per proteggere la retina, viene esposto alla luce bianca, blu o a LED di una specifica lampada per l’ittero neonatale: il principio è che la luce di una determinata lunghezza d’onda agisce rapidamente sulla bilirubina accumulata rendendola facilmente eliminabile dall’organismo.
In rari casi, se la fototerapia non dà risultati o se ci sono sintomi che fanno pensare all’interessamento del sistema nervoso centrale (vomito, sonnolenza, rifiuto del pasto, riduzione del tono muscolare), le linee guida indicano come trattamento per l’ittero neonatale l’exanguinotrasfusione, una trasfusione praticata attraverso il cordone ombelicale allo scopo di rimuovere dalla circolazione una parte della bilirubina in eccesso.
Ma quali sono le cause dell’ittero neonatale “patologico”? Una, diventata oggi decisamente più rara che in passato, è l’incompatibilità tra mamma e figlio per il fattore Rh dei globuli rossi o per il gruppo sanguigno AB0: in questi casi la mamma produce anticorpi che si legano ai globuli rossi del figlio provocandone l’emolisi, cioè la distruzione; altre cause possono essere infezioni, alcune anemie congenite, ipotiroidismo congenito e il riassorbimento di emorragie come il cefaloematoma, un accumulo di sangue che si può formare all’esterno del cranio se al momento del parto è stata utilizzata una ventosa.
Se l’ittero viene considerato patologico, il neonato verrà sottoposto agli accertamenti opportuni per individuarne la causa.
Quando il neonato rimane giallo oltre le due settimane di vita (tre settimane nel caso di un prematuro), si parla di ittero “protratto”. Ma non sempre l’ittero protratto è patologico: una forma non pericolosa è il cosiddetto ittero “da latte materno”.
Appena dopo la nascita, l’allattamento svolge un ruolo positivo: se il neonato viene attaccato al seno subito dopo la nascita e le poppate sono frequenti, la bilirubina in eccesso viene eliminata più rapidamente nelle feci. Tuttavia esiste anche un tipo di ittero collegato all’allattamento, dovuto probabilmente a una sostanza contenuta nel latte materno che ostacola lo smaltimento della bilirubina.
Non ci sono particolari e ulteriori sintomi per l’ittero da latte materno rispetto a quelli già descritti. Diciamo solo che, in questo caso, in un neonato che sta bene e che cresce, la bilirubina comincia ad aumentare a partire dai 4-5 giorni di vita e i livelli restano elevati a lungo, talvolta anche per tre mesi.
Se viene diagnosticato un ittero da latte materno non occorre fare nulla, tanto meno interrompere l’allattamento: basta attendere e il problema si risolverà da solo.
Un’altra causa, ben più grave, di ittero protratto è una malattia chiamata “atresia delle vie biliari”: è molto rara (un caso ogni 15.000 nati) e all’inizio non facile da diagnosticare, ma la prognosi è tanto più grave quanto più tardi ci si accorge del problema. Perché l’intervento chirurgico possa avere successo, infatti, deve essere effettuato entro i primi due mesi di vita. La malattia è dovuta all’ostruzione dei canalini (le vie biliari) che permettono alla bile di defluire dal fegato e di finire nell’intestino.
In questo ittero, causato dall’aumento di un tipo particolare di bilirubina, detta “diretta”, il bambino è giallo, la milza e il fegato sono ingranditi, le feci sono bianche o grigie e la pipì, anziché essere chiara e trasparente, appare scura, quasi arancione.Dato che inizialmente non tutti i sintomi sono evidenti, una maniera per accorgersi in tempo del problema è osservare le feci del neonato: il pediatra utilizza delle tavole cosiddette “colorimetriche” che permettono ai genitori di confrontare il colore delle feci del proprio piccolo con quelli riportati sulla scheda. I colori “normali” vanno dal giallo oro nei bambini allattati al giallo canarino/verdognolo in quelli che assumono una formula artificiale; sono comunque normali tutte le sfumature di giallo e di verde. Nei bambini affetti da questa rara patologia, invece, le feci risultano spesso di colore bianco o grigio chiaro, in ogni caso decolorate, perché non contengono la bile.
pediatra, esercita la professione di pediatra di famiglia a Padova. È presidente dell’Associazione Culturale Pediatri di Venezia e collabora come volontario con la onlus “Rafiki - Pediatri per l’Africa”.