C’era una volta un uomo che aveva una grande passione, la verità. Si chiamava Socrate e viveva nell’antica Grecia, era figlio di uno scultore e di una levatrice. Tutto il giorno se ne andava in giro per Atene parlando con i giovani, ragionando e cercando con loro una risposta a domande come «Cosa è giusto? Cos’è sbagliato?». Per insegnare a ragionare usava un metodo che aveva imparato dalla sua mamma, la maieutica (che letteralmente significa l’arte della levatrice), che consiste nel portare l’interlocutore a trovare da solo la risposta alle proprie domande, lentamente, passo dopo passo. Molti secoli dopo, il maestro Mario Lodi l’avrebbe chiamato “insegnamento attivo”, ma oggi, ai tempi delle prove INVALSI, non se ne ricorda più nessuno.
Si ritiene che Socrate sia stato il fondatore della filosofia, cioè dell’arte di farsi domande cercando le relative risposte, su questioni importanti per la vita dell’uomo e della Natura. Era un uomo buono e aveva molti discepoli, ma il suo modo di dialogare, d’insegnare a ragionare con la propria testa, a prescindere da ciò che le usanze tramandavano, non piacque a tutti. Così fu condannato a morte.
Quando Platone descrisse nella Repubblica il mito della caverna, in cui degli uomini, obbligati per molto tempo a vedere solo ombre, all’improvviso diventano liberi di guardare direttamente la realtà, si dice pensasse proprio a Socrate, il suo amato maestro, ucciso per aver cercato la verità e aver voluto, incautamente, condividerla con gli altri. Il mito della caverna ha ispirato i più grandi autori della letteratura e del cinema, e oggi, dopo tantissimo tempo, riesce ancora a parlarci. Emiliano Di Marco, nel suo libro La caverna misteriosa, l’ha trasformato in un racconto per bambini pieno di umorismo e d’ironia, che sa mantenere intatto il significato originale della storia.
Trasimaco, detto “Spallone” per le larghe spalle, è un bambino che vive nell’antica Grecia. Un giorno, per dimostrare ai suoi amici di non aver paura di nulla, accetta la sfida lanciatagli da un suo compagno: andrà a vedere cosa c’è nella caverna in fondo al bosco, la cosa più spaventosa che esista, quella che una volta mise in fuga persino un mostro. Arrivato nel bosco, Spallone è tentato di rinunciare, di fingere davanti agli amici, di raccontare una bugia; non ha più il coraggio di affrontare la caverna. Vuole tornare indietro, ma si accorge di essersi perduto e viene preso dal terrore, finché un vecchio saggio, arrivato nel momento più acuto della disperazione, non lo convince ad affrontare la paura e a compiere la sua impresa. Il vecchio lo prende per mano, lo conduce fin dentro le profondità della grotta e lo guida alla scoperta del misterioso segreto della caverna. Gli insegna a dubitare, a farsi domande, a verificare di persona quello che ha imparato dagli altri. Quello che Spallone scoprirà in fondo alla caverna cambierà la sua vita. Una scoperta sensazionale che però decide di non raccontare a nessuno, per difendersi dall’ignoranza e dalla solitudine.
Questo racconto insegna ai bambini quanto sia importante saper pensare con la propria testa, verificare, dubitare, sperimentare le proprie conoscenze, un esercizio antico a cui i bambini greci si dedicavano con coraggio e che forse vale la pena di tornare a praticare.