Non è ancora a regime il sistema di formazione a distanza previsto per gli studenti italiani, ma i genitori già si interrogano sui mille problemi da risolvere nella gestione della vita quotidiana.
Partiamo dalle situazioni “ottimali”: in casa ci sono almeno due terminali, un computer e un cellulare, o un computer e un tablet e così via. Magari ce ne sono di più. Comunque, gli strumenti tecnologici necessari esistono. Ma…
Come creare per il bambino uno spazio un minimo protetto, che isoli dai rumori e permetta di mantenere la concentrazione necessaria per seguire le lezioni on line?
Se immaginiamo una situazione ideale pensiamo a una stanza, magari condivisa con un fratello o una sorella. Ma la realtà di molte famiglie non è così fortunata. E allora?
La percezione dello spazio personale, protetto, che favorisce l’attenzione e la concentrazione, passa anche attraverso segnali visivi. Con un po’ di fantasia e con l’aiuto del bambino sarà possibile creare il suo “banco di scuola”, separato da divisori di cartone, magari personalizzati con disegni o con strisce di adesivo colorato, su cui il piccolo potrà anche appiccicare annotazioni, appunti, frasi, ecc.
Nella situazione di inevitabile affollamento della casa – tutti nello stesso spazio e per tutta la giornata – il bisogno di spazi personali, protetti dall’invasione del fratellino o della sorella grande che reclama il computer, diventa forte. Prestare attenzione a una lezione richiede molta più fatica, e la tentazione di cedere alle distrazioni è grande.
Qual è in questo caso il ruolo dei genitori? Meglio controllare che il bambino stia attento, che non si distragga, che esegua quanto gli viene proposto durante la lezione, magari aiutandolo un poco?
In linea generale, la scuola on line dovrebbe essere considerata a tutti gli effetti scuola: un tempo di relazione del bambino con l’insegnante e con i suoi compagni, esattamente come se fosse in classe. Ai genitori in questa situazione particolare spetta il compito di garantire il più possibile un contesto favorevole al mantenimento dell’attenzione, senza interferire con ciò che il bambino fa, tranne in casi estremi, ad esempio se il bambino abbandona platealmente l’attività. E anche qui sarà utile chiedersi che cosa può avere reso difficile mantenere il tempo di concentrazione richiesto, e cercare insieme al bambino soluzioni che possano aiutarlo.
Molti insegnanti bravi e preparati lo stanno dicendo con chiarezza: stiamo imparando a usare uno strumento nuovo, serviranno prove, adattamenti, miglioramenti in itinere. E uno degli interrogativi che si pongono è: per quanto tempo un ragazzino di 8 anni riesce a mantenere alti i livelli di attenzione e concentrazione durante una lezione on line? Un ragazzo di 11-12? Uno più grande? Come costruire le lezioni per mantenere viva l’attenzione?
È un problema solo degli insegnanti? Io credo che in questo momento la collaborazione dei genitori più disponibili, più vicini ai figli, sarà di grande importanza: chi può farlo dovrebbe osservare i figli in queste fasi iniziali, raccogliere le loro impressioni, le loro difficoltà, e mantenere attivo il confronto costruttivo con i professori, per segnalare quello che sta funzionando bene e quello che sta funzionando meno bene, quali problemi e difficoltà imprevisti stanno emergendo, quali modalità hanno trovato per superarli.
È necessario ovviamente organizzare l’uso del/dei computer, tablet, smartphone disponibili in famiglia per consentire a tutti di svolgere le proprie attività: il lavoro dei genitori, lo studio dei ragazzi, ma anche i momenti di svago e i contatti sociali. In una situazione come questa si rischia di trasformare in conflitto ogni richiesta: «Il computer mi serve, devo fare una ricerca», «Ma io devo mandare i compiti entro mezz’ora»!, «Io aspetto una videochiamata dall’ufficio…»
Organizzarsi significa anche regolare in qualche modo i ritmi individuali e familiari. I rischi del cosiddetto smart working, e probabilmente anche della scuola on line, sono di annullare la differenza fra il tempo del lavoro o dello studio, il tempo delle attività personali e ludiche (lettura, musica, contatti sociali, semplice ozio) e il tempo dell’attività di cooperazione domestica (cucinare, riordinare, fare la spesa). Anche il sonno potrebbe risentirne: in una situazione troppo disorganizzata il ritmo sonno-veglia perde spesso la sua regolarità.
Parlare di organizzazione potrebbe spaventare: anche in casa? In famiglia? Ma in un momento in cui sono stati annullati i ritmi di vita abituali – esco, vado a scuola o al lavoro, incontro gli amici o vado in palestra o a lezione di musica, a fare la spesa, a spasso, torno a casa ecc. – la mancanza di regole obbliga a un eccesso di momenti decisionali condivisi e rischia di diventare causa di stress e di malessere sia per i genitori sia per i bambini.
Può essere utile costruire un orario che preveda le ore di telescuola, le ore dei pasti e le ore di riposo, gioco, attività musicale, lettura; le ore in cui si fanno i compiti se richiesti.
È utile anche definire i momenti della giornata in cui i genitori sono presenti e/o disponibili per affiancare il bambino nello studio e quelli in cui non possono essere disturbati, perché a loro volta lavorano o riposano, chiacchierano, fanno altre cose. Questo rende meno “liquido” il tempo che improvvisamente sembra essersi fermato, obbligandoci a condividere spazi che prima condividevamo soltanto a ore ben precise; crea una “struttura” che è rassicurante per i bambini ma anche per gli adulti, riduce i rischi di noia improduttiva, di demotivazione; mantiene attivi e creativi.
Attività e creatività che possono essere impiegate anche per uno scopo importantissimo, e in questo momento davvero irrinunciabile: la solidarietà.
Abbiamo parlato di situazioni fortunate. Ma le altre? Più del 15% dei bambini italiani vive in una casa in cui non ha accesso alla rete, perché non c’è un computer, perché se c’è un cellulare serve ai grandi per il lavoro, e in ogni caso non può essere lasciato al ragazzo per tempi lunghi. Perché la connessione è insufficiente. Perché le condizioni di vita non permettono neppure quel minimo di protezione che consenta al bambino di seguire le lezioni con un po’ di tranquillità.
Le scuole si sono già attivate per verificare la disponibilità di strumenti tecnologici nelle diverse famiglie. Quelle più fortunate, chi ha uno studio professionale o lavora in ambito informatico, potrebbero a loro volta verificare gli strumenti magari un po’ superati che hanno in casa, in magazzino, e metterli a disposizione delle scuole.
Ma soprattutto la solidarietà è attenzione alla difficoltà degli altri: nessuno dovrebbe essere lasciato indietro, ogni genitore dovrebbe attivarsi e rendere attivo suo figlio nel proporre affiancamento e aiuto ai compagni di classe che per qualsiasi motivo fanno fatica a utilizzare la didattica on line. Rivedere insieme i compiti al telefono, dare consigli tecnici a chi fa fatica a usare la piattaforma informatica, mettere a disposizione insomma un po’ del proprio tempo, un po’ della propria competenza, per trasformare l’obbligatoria chiusura nelle proprie case in apertura e condivisione. A distanza, ma con calore.
psicologa, psicoterapeuta della famiglia e docente di counselling alla Scuola di specializzazione in Pediatria dell’Università di Torino, ha elaborato il metodo del counselling sistemico narrativo, che utilizza nella formazione dei professionisti e negli interventi per lo sviluppo delle competenze genitoriali. Ha fondato la scuola di comunicazione e counselling CHANGE di Torino.