«Mamama», pronuncia la piccola Carlotta, 7 mesi. Subito la nonna sgrana gli occhi ed esclama: «Senti, dice già “mamma”! Beh, in effetti ricordo che suo papà ha iniziato a parlare a 9 mesi… deve aver preso da lui!».
Carlotta in effetti da qualche giorno ripete «mamama», «dedede», «papapa»… ma sta davvero “parlando”, o si tratta piuttosto di “lallazione”. Ma cos’è la lallazione? E a cosa serve nello sviluppo del linguaggio?
In questo articolo faremo chiarezza su questo argomento che sta molto a cuore ai genitori e spiegheremo quando è necessario preoccuparsi per un ritardo nella lallazione, approfondendo anche in che modo intervenire in casi di questo tipo.
No, Carlotta non sta ancora parlando, perché quelle che pronuncia non sono parole vere e proprie, ma esempi di lallazione. Per capire qual è la differenza è necessario conoscere innanzitutto il significato di lallazione.
La lallazione è un’espressione vocale tipica del bambino a partire dai 6 mesi di età, caratterizzata dalla ripetizione di sillabe cantilenate (in latino lallatio significa proprio “canterellare”). A differenza dei vagiti e dei vocalizzi dei primi mesi di vita, la sua struttura somiglia molto alle tanto desiderate paroline, tuttavia queste sillabe non veicolano un messaggio preciso. Osservando bene Carlotta la ascoltiamo fare «mamama» mentre gioca con il suo pupazzetto, mentre guarda il cane scodinzolare, mentre schizza con le manine l’acqua della vasca… È molto divertita dalla sensazione che questa nuova abilità suscita in lei e dalle reazioni di chi la circonda, ma in realtà non sta chiamando la sua mamma.
Ma se non serve per parlare, a cosa serve quindi la lallazione? Questa fase è un’importantissima palestra per allenarsi a utilizzare la propria voce e a comunicare. La comparsa della lallazione è indice di un buono sviluppo linguistico. Alcuni studi hanno infatti dimostrato che i bambini lallano diversamente a seconda della lingua madre e potrebbe esserci addirittura una correlazione tra le sillabe prodotte in questa fase e le prime parole.
Si ipotizza infatti che il bambino che, ad esempio, lalla molto con la consonante /p/, produrrà per prime delle parole con questo suono, come «papà» e «pappa».
Quando la lallazione inizia, intorno ai 7-8 mesi, si definisce “canonica“: il bimbo o la bimba produce delle sequenze di consonante e vocale ripetute, come «tetete», «mamama». Solitamente in questa fase i suoni utilizzati sono la vocale /a/ (detta “centrale” perché si pronuncia con la bocca in una posizione neutra e pertanto risulta la più facile da riprodurre) e le consonanti /m/, /p/, /b/, /t/, /d/ che hanno in comune uno schema motorio semplice.
Verso i 9-10 mesi la lallazione si modifica e in questo periodo si può riconoscere di solito la lallazione “variata“. I suoni infatti cambiano, alternando diverse consonanti e vocali, per esempio «totito» e «papana». Questa età coincide con altre importanti acquisizioni legate al linguaggio: il bambino comprende tra le 20 e le 100 parole, inizia a utilizzare gesti legati alle routine (ad esempio il gesto del “ciao”) e l’indicazione (pointing) per fare una richiesta.
Non vi è una norma che definisce quanto dura la lallazione; spesso il passaggio da lallazione a prime parole è graduale e inizia verso i 12-14 mesi: questi due mezzi di comunicazione possono coesistere anche per diverso tempo, solitamente fino ai 18 mesi.
Per stimolare la lallazione, o meglio promuoverla, dobbiamo immedesimarci nel lavoro di un giardiniere che cura alberi da frutto: prepariamo la terra, piantiamo i semi, diamo nutrimento, curando giorno per giorno la crescita del nostro piccolo; gli lasciamo il tempo di sbocciare e gioiamo alla comparsa dei frutti, consapevoli del fatto che non dipende tutto da noi ma che il nostro intervento sull’ambiente può favorire al meglio la sua crescita.
Via libera quindi a filastrocche e canzoncine, sempre facendo attenzione a lasciare delle pause in cui il bambino possa intervenire con la sua voce. Coinvolgiamolo raccontandogli quello che stiamo facendo e leggiamo libri insieme.
Un momento ideale per aiutare la lallazione è, ad esempio, il cambio del pannolino, ma si può sfruttare qualsiasi occasione in cui siamo faccia a faccia con il bambino (mentre è seduto sul seggiolone e aspettiamo che sia pronto da mangiare, mentre è sdraiato sul tappeto…), oppure quando ci troviamo assieme a lui o a lei davanti a uno specchio. Questo perché è importante che il piccolo possa vedere la nostra bocca muoversi e che ci sia il contatto visivo.
Nei primi 3 anni di vita il bambino ha molte cose da imparare, e dal momento che potrebbe aver bisogno di concentrarsi su un obiettivo alla volta, può accadere che si ritrovi relativamente avanti in un’area di competenza e in ritardo in un’altra.
Non sono state identificate ancora delle cause del ritardo della lallazione, ciò che è importante è sapere quando preoccuparsi, e con ciò intendiamo sapere quando è il caso di “occuparsene prima” che emerga un vero problema.
Durante il bilancio di salute degli 8-9 mesi il pediatra indaga tramite alcune domande la presenza di un ritardo della lallazione e, in caso di dubbio o in presenza di eventuali altri campanelli di allarme, consiglierà una valutazione da parte del neuropsichiatra infantile, che potrà a sua volta prescrivere un consulto dal logopedista. «Ma il bambino non è troppo piccolo?!». Affatto, non lo è. Ricordiamoci infatti che il logopedista non si occupa solo di riabilitare il linguaggio in situazioni di difficoltà, ma di accompagnare i genitori fin dai primi mesi al fine di favorire un sereno sviluppo del linguaggio e delle funzioni orali del bambino.