Come quasi tutti i nostri lettori sanno, Uppa ritiene che il consumo di acque in bottiglia, la cui vendita si è incrementata in maniera esponenziale negli ultimi trent’anni, non è giustificato da una effettiva migliore qualità e salubrità dell’acqua, anzi. Le acque minerali, soprattutto se conservate in bottiglie di plastica, possono contenere sostanze chimiche rilasciate dalla plastica stessa e hanno, inoltre, un forte impatto ambientale. L’acqua confezionata necessita di molta energia per la produzione e il trasporto, inoltre, le bottiglie diventano presto un rifiuto da smaltire.
Il nostro modello di vita consumistico è però sempre in agguato e l’attenzione dell’industria si è spostata su nuovi prodotti da vendere a chi preferisce l’acqua del rubinetto all’acqua minerale. Così è iniziato il boom della vendita delle caraffe filtranti: in Italia nel 2010 ne sono state acquistate più di 820.000, e il trend sembra essere in continua crescita.
Parecchio tempo fa vidi l’oggetto nella vetrina di un negozio di elettrodomestici; il marketing era allettante, prometteva un miglioramento in sicurezza, qualità, e persino nel sapore dell’acqua del rubinetto (che peraltro già bevevo senza bisogno di filtraggi…). Così mi sono detta, perché no? Ho acquistato la caraffa (l’ho anche regalata a parenti e amici), ma in poco tempo l’enfasi iniziale è andata progressivamente scemando, il gusto era uguale (l’acqua dell’acquedotto della città in cui vivo è molto buona in partenza) e il gadget è finito presto dimenticato su una mensola.
Poi la mia attenzione è stata colpita da alcune notizie di cronaca che mi hanno ricordato dell’esistenza dell’ormai abbandonata caraffa. Nel 2011 l’associazione di categoria dei produttori di acque minerali, Mineracqua (e viene da chiedersi come mai proprio loro), avanza un esposto alla Procura di Torino contro i produttori di caraffe filtranti con l’accusa di commercio di sostanze nocive e frode in commercio. Il dubbio avanzato è che le suddette caraffe non solo non migliorino la qualità dell’acqua dell’acquedotto, ma siano anche una possibile fonte di proliferazione di batteri e possano causar danni ad alcune categorie di ammalati (nefropatici, cardiopatici), in quanto altererebbero l’equilibrio dei minerali presenti nell’acqua, rendendo eccessivo il carico di sodio per chi deve seguire una dieta iposodica. Inoltre furono espressi numerosi dubbi e perplessità sulla reale capacità di questi prodotti di allontanare gli inquinanti, come promesso dalle campagne pubblicitarie.
La vicenda giudiziaria non è ancora conclusa, tanto che nel 2014 il PM Raffaele Guariniello ha chiesto il giudizio immediato per il legale rappresentante di Brita Italia, azienda che produce caraffe per depurare l’acqua del rubinetto. L’accusa è di “immissione sul mercato di prodotti pericolosi”. Secondo le indagini della Procura di Torino, alcune caraffe filtranti rilascerebbero nell’acqua filtrata ioni di ammonio in quantità superiore al massimo di cinque milligrammi per litro consentiti. Anche iodio e potassio sarebbero presenti nell’acqua filtrata con valori troppo elevati. Il processo si è aperto il 9 giugno 2015.
Alcuni anni fa, Altroconsumo effettuò dei test su alcuni modelli di caraffe bocciandone l’utilità. Innanzitutto l’acqua filtrata dalle caraffe si dimostrò più contaminata da batteri rispetto a quella del rubinetto. In alcuni modelli questo fatto era contrastato dalla presenza nei filtri di ione argento (antibatterico), ma in questi casi il metallo potrebbe essere rilasciato nell’acqua filtrata superando i limiti di concentrazione dettati dall’OMS. Inoltre, l’acqua filtrata presentò, almeno ai primi passaggi, residui di ammonio superiori ai limiti di legge (anche se l’ammonio non nuoce alla salute). Le caraffe si sono invece dimostrate efficaci nel ridurre la presenza di alcuni inquinanti come i nitrati e i metalli pesanti (il carbone dei filtri è in grado di trattenerli).
Nel 2014 Altroconsumo ha ritestato le caraffe filtranti di nuova generazione cambiando drasticamente la propria posizione. Le nuove caraffe non presentano più il problema della contaminazione batterica della cartuccia e i test, effettuati “sporcando” l’acqua con metalli pesanti, solventi, cloriti, trialometani al di sotto dei limiti di legge, ma superiori a quelli normalmente presenti in un’acqua potabile, hanno dimostrato l’effettiva capacità delle nuove caraffe nel ridurne la concentrazione. Le nuove caraffe sono dunque in grado di ridurre la concentrazione di potenziali inquinanti e di metalli pesanti migliorandone la palatabilità.
Nonostante il miglioramento delle nuove caraffe, “l’acqua del Sindaco” resta la miglior scelta: sicura, controllata, economica; costa meno di un euro all’anno, non comporta il trasporto di grossi pesi e non implica problemi di smaltimento delle bottiglie di plastica (che a loro volta possono rilasciare sostanze potenzialmente dannose nell’acqua). A volte il gusto può non essere gradevole, ma a questo problema si può facilmente porre rimedio lasciando decantare l’acqua in una brocca a bocca larga in frigorifero per ventiquattro ore.
Le caraffe a volte migliorano il gusto, ma non apportano nessun vantaggio sanitario o terapeutico (ricordiamoci che partiamo da un’acqua potabile controllata nella quale, tranne casi eccezionali, sostanze potenzialmente dannose sono controllate e mantenute entro i limiti di legge). Le caraffe hanno inoltre un costo (circa cento euro all’anno contando il costo della caraffa e la ricarica dei filtri) non competitivo rispetto all’economica acqua del rubinetto e comportano un dispendio energetico in fase di produzione e un accumulo di rifiuti spesso indifferenziabili (come i filtri). Qualora vi siano dubbi sulla qualità dell’acqua pubblica e sulla presenza di contaminanti, la migliore strada percorribile è sempre quella di richiedere un controllo, solo così si avranno certezze.
In conclusione, nonostante gli ultimi modelli si siano rivelati più efficaci e funzionali, le caraffe filtranti restano una brillante mossa di marketing che ha spostato l’attenzione del consumatore dall’acquisto dell’acqua in un contenitore all’acquisto di un contenitore per l’acqua. Dunque se, come disse Mark Twain, «tutte le scoperte della medicina si possono ricondurre alla breve formula: l’acqua bevuta moderatamente, non è nociva», la nostra scelta economica, ecologica e probabilmente anche salutare sarà quella di aprire il rubinetto e riempire una bella brocca di acqua.
pediatra, lavora presso l’ospedale S. Andrea di Vercelli e si occupa nello specifico di allergologia, allattamento e ambiente. Dal 2011 collabora come autore per Uppa.