Da qualche decennio è invalso l’uso di abituare i bambini a dormire da soli, in un letto separato o in un’altra stanza, e a fare a meno anche della presenza dei genitori nel momento dell’addormentamento, imparando molto presto ad auto-consolarsi con l’aiuto di ciucci, pupazzi, copertine o altri oggetti sostitutivi, che suppliscono alla mancanza della mamma; l’uso di questi oggetti presso i popoli che praticano il dormire insieme è praticamente sconosciuto.
La filosofia che ha ispirato queste recenti scelte educative è quella secondo la quale i bambini debbano imparare sin da subito a rendersi autonomi e indipendenti.
Questa moda è stata favorita da una serie di fattori: negli Stati Uniti, sin dagli anni ’70, Ferber aveva promosso questa modalità di accudimento attraverso libri divulgativi diretti ai genitori, libri che hanno trovato un largo seguito fino ai giorni nostri; questa teoria è stata rilanciata da Estivill, che, in un libro pubblicato nei primi anni ’90, sostiene che fin dal terzo mese, e possibilmente anche da prima, il bambino deve essere messo a dormire nella sua cameretta e abituato ad auto-consolarsi, anche a costo di spendere molte lacrime.
Parallelamente alla diffusione di queste abitudini, in maniera impressionante nel mondo occidentale si sono moltiplicati i disturbi di sonno nell’infanzia, che sono divenuti un problema di ordine sanitario di notevoli dimensioni interessando fino al 45% dei bambini. In alcuni Paesi è aumentato anche l’uso di farmaci per curare l’insonnia dei bambini.
Proteste per andare a letto, lungo tempo per addormentarsi, risvegli notturni con pianti e tentativi di raggiungere la mamma nel lettone (co-sleeping). Questi disturbi sono poco frequenti presso i popoli che hanno mantenuto l’abitudine tradizionale di far dormire presso di sé i bambini e sono evidentemente una reazione a queste nuove modalità di accudimento.
Uno studio che ha paragonato i bambini americani a quelli giapponesi ha dimostrato, con evidenze sperimentali, che presso questi ultimi è nullo il consumo di farmaci per l’insonnia nell’infanzia, e che i bambini americani manifestano maggiori difficoltà nel dormire e un numero maggiore di risvegli notturni rispetto ai bambini giapponesi. I bambini americani vengono ammessi nel lettone solo in conseguenza dei disturbi del sonno, e questo spiegherebbe perché anche coloro che dormono insieme ai genitori hanno un sonno interrotto più frequentemente dei bambini giapponesi.
I disturbi del sonno dei bambini sono causati dalla separazione dalla madre, un pratica del tutto innaturale: sembra proprio che l’aumento dei disturbi del sonno dei bambini sia dovuto a pratiche culturali che fanno a pugni con la biologia e non rispettano i tempi dello sviluppo naturale. La separazione dalla madre, o dalla figura di accudimento, è infatti del tutto innaturale perché generatrice di ansie, proteste, risvegli e richieste di avvicinamento.
Non mancano naturalmente diverse posizioni in materia: una parte della medicina ufficiale ha dato infatti una differente spiegazione al problema. L’aumento dei disturbi del sonno sarebbe, secondo alcuni, effetto diretto di una insufficiente educazione al sonno e all’autonomia da parte di genitori deboli, sopraffatti da bambini tiranni. Sarebbe proprio il dormire insieme, cui spesso i genitori cedono per evitare di far piangere i propri figli, la vera causa dei disturbi del sonno.
La natura culturale di certi disturbi del sonno è anche dimostrata da uno studio fatto su due gruppi di bambini svizzeri nati a distanza di dieci anni l’uno dall’altro. Quello che emergeva era che nell’ultimo decennio l’ora in cui vanno a letto i bambini è stata notevolmente posticipata e che questo ritardo si è associato a una riduzione dei capricci al momento di andare a letto, come se le famiglie nel tempo si siano adattate ai ritmi spontanei dei loro figli, smussando alcune rigidità riguardanti gli orari, ottenendo così una diminuzione dei disturbi del sonno di quella generazione di bambini.
Gli studi di epidemiologia ci dicono che a nove mesi l’84% dei bambini si sveglia almeno una volta; il massimo del numero di risvegli per ogni notte si ha a due anni. Fino ai tre anni, e soprattutto verso i 18 mesi, moltissimi bambini dormono nel lettone con i genitori per tutta la notte o per una parte della notte, questa abitudine diminuisce negli anni e tra i 5 e i 10, quando praticamente tutti imparano a dormire tranquillamente da soli.
Si tratta delle strategie istintive di comportamento che il bambino mette in atto per conseguire la vicinanza con la madre (o con la persona che principalmente si occupa di lui); queste strategie, che nessun bambino impara ma che mette in atto sin dalla sua nascita, sono strategie di richiamo (piangere, tendere le braccia per essere presi in braccio, aggrapparsi) e strategie per raggiungere e tenersi vicino (gattonare o correre verso i genitori se sono troppo distanti).
medico pediatra dell’ISDE (Associazione Medici per l’Ambiente), presidente della Commissione Ambiente dell’Ordine dei Medici di Taranto e responsabile dell’Associazione Culturale Pediatri di Puglia e Basilicata per le malattie dei bambini legate all’inquinamento.