Una banale faringite e leggera stanchezza, oppure una febbre alta e prolungata, un’infiammazione del fegato, o ancora sintomi neurologici… La mononucleosi è una malattia virale, che colpisce anche i bambini e che può manifestarsi in modo molto variabile, a volte anche in maniera asintomatica.
Ma si tratta di una malattia molto contagiosa? Come si trasmette la mononucleosi? Come si cura? In questo articolo cercheremo di rispondere alle domande più frequenti sull’argomento, dalle cause ai sintomi, alla durata, alle possibili conseguenze.
Cominciamo subito con il dire, per quanto riguarda la gravità della malattia, che, in un modo o nell’altro, l’abbiamo avuta tutti, ma pochi di noi ne hanno un ricordo: evidentemente, dunque, solo raramente la mononucleosi può avere conseguenze importanti.
La mononucleosi infettiva è una delle più “strane” malattie virali dell’infanzia e dell’adolescenza: strana perché l’abbiamo avuta tutti – quasi sempre senza accorgercene –, perché si può confondere con altre malattie (la tonsillite batterica soprattutto) e anche perché ha un lungo periodo di incubazione e, a volte, dura molto. [1]
Strana anche per il modo in cui tanti la chiamano, ovvero “malattia del bacio”, un nome che dipende dalle cause di trasmissione della malattia.
Forse è proprio per queste stranezze che la mononucleosi gode di una cattiva (e non meritata) fama, e il solo pronunciare il suo nome fa più paura di quanto non dovrebbe.
Causa della mononucleosi è il Virus di Epstein-Bar (EBV), di cui esistono almeno due varietà (sierotipi) e per il quale non esiste un vaccino.
Al contrario delle altre malattie infettive, la mononucleosi è poco contagiosa: questo fa sì che si presenti spesso nei bambini più grandi e negli adolescenti.
Come si prende la mononucleosi? La trasmissione avviene attraverso la saliva, motivo per cui è spesso chiamata “malattia del bacio”, soprattutto tra gli adolescenti. L’infezione si può trasmettere infatti attraverso la condivisione di bicchieri o per effetto di goccioline di saliva disperse con starnuti o colpi di tosse.
L’incubazione della mononucleosi è molto lunga: fra i 30 e i 50 giorni. Per quanto riguarda il contagio, questa malattia si trasmette, come detto, con il passaggio della saliva, che può contenere una modesta quantità di virus per un lungo periodo di tempo, anche a distanza di oltre un anno dalla malattia; per questo motivo dopo la guarigione non viene prescritto un periodo di isolamento dalla collettività.
Una volta avuta, la mononucleosi si può riprendere? L’immunità dalla mononucleosi è permanente e perciò la malattia viene una sola volta nella vita. Solo in casi eccezionali ci si ammala due volte, ovvero qualora si abbia la sfortuna di incontrare due sierotipi diversi del virus; ma questo evento è molto raro.
Veniamo ora ai sintomi della mononucleosi negli adulti e nei bambini. La maggior parte delle volte la malattia è asintomatica: è per questo motivo che molti adulti, pur risultando positivi ai test per la mononucleosi, non ricordano di averla avuta. Per quanto riguarda la mononucleosi nei bambini, invece, più sono piccoli e meno caratteristici saranno i sintomi.
I sintomi iniziali della mononucleosi sono:
A questi sintomi se ne possono aggiungere altri:
Non sono rari i casi di mononucleosi senza febbre, motivo per cui capita spesso che una mononucleosi venga scambiata per una tonsillite batterica e curata con l’antibiotico (amoxicillina). Ma mentre nelle tonsilliti batteriche la somministrazione dell’antibiotico determina un velocissima scomparsa dei sintomi (soprattutto della febbre), nella mononucleosi l’antibiotico non solo è inefficace, ma è stato anche accusato di provocare un violento rash cutaneo (eruzione di bollicine sulla pelle). Studi recenti smentirebbero questa accusa, tuttavia la comparsa di un rash cutaneo in corso di una tonsillite febbrile non sensibile alla terapia antibiotica consente spesso di fare diagnosi di mononucleosi senza che sia necessario un prelievo di sangue. [2]
Gli esami del sangue ci consentono di fare una diagnosi della mononucleosi. I sintomi, infatti, possono essere simili a quelli di infezioni provocate da altri batteri o virus (per esempio il citomegalovirus).
In particolare risultano alterati i valori dell’emocromo (aumento dei globuli bianchi, prevalentemente monociti e linfociti, e diminuzione dei granulociti), gli “indici di flogosi” (PCR), la bilirubina e le transaminasi. Sono inoltre presenti anticorpi contro il virus della mononucleosi (il già citato Virus di Epstein-Barr).
La durata della mononucleosi è estremamente variabile: a volte, come abbiamo detto, viene in forma inapparente, altre volte invece i sintomi – soprattutto la febbre, l’infiammazione della gola e dei linfonodi e il senso di stanchezza – possono durare anche per qualche settimana. È proprio questa lunga durata della convalescenza ad allarmare i genitori e il pediatra e a indurli a fare degli esami del sangue specifici.
Il bambino potrà tornare a scuola quando si sentirà in grado di farlo, cioè nel momento in cui febbre e senso di stanchezza saranno passati. Inoltre, come già anticipato, per questa malattia non è previsto un periodo di isolamento.
È possibile una riattivazione della mononucleosi? No, è possibile. La lunga durata della mononucleosi e il suo decorso irregolare, che può alternare fasi di benessere a fasi di ripresa della febbre e degli altri sintomi, può dare l’impressione che la malattia si riattivi dopo la guarigione. Ma si tratta solo di un’impressione: in realtà la malattia non è ancora guarita. Come abbiamo già detto, non è possibile neppure una recidiva, tranne nel caso eccezionale di una nuova infezione da parte di un altro sierotipo del Virus di Epstein-Barr.
Come curare la mononucleosi? Così come per quasi tutte le malattie virali, anche per la mononucleosi non c’è una terapia da seguire. Il riposo e gli antidolorifici possono alleviare i sintomi. [3] Raramente si prescrive una terapia per la mononucleosi a base di cortisone (solo se la diagnosi è certa e le tonsille sono molto gonfie e ostacolano la respirazione). Nella quasi totalità dei casi, una volta fatta la diagnosi di mononucleosi, il pediatra rassicurerà la famiglia e consiglierà di attendere la guarigione spontanea della malattia.
Vietato usare gli antibiotici, come per tutte le malattie virali; se usata inappropriatamente, l’amoxicillina non solo non ha alcuna efficacia ma, come abbiamo già detto, può provocare un rash cutaneo piuttosto violento e fastidioso.
No, la mononucleosi in gravidanza non è pericolosa. Se una donna incinta dovesse contrarre la mononucleosi, né lei né il feto subirebbero alcun danno.
È inoltre estremamente improbabile che un neonato possa contrarre questa malattia, ma anche se questo dovesse accadere non correrebbe un rischio maggiore di quello che corrono i bambini più grandi e gli adulti.
Esistono possibili complicazioni dovute alla malattia, anche se sono fortunatamente molto rare. Tra le conseguenze della mononucleosi troviamo ad esempio: epatite, anemia emolitica con diminuzione delle piastrine, miocardite (infezione del muscolo cardiaco), meningite, encefalite, Sindrome di Guillain-Barré (malattia che colpisce il sistema nervoso).
Non esiste alcun provvedimento terapeutico in grado di evitare l’insorgenza di queste complicazioni.
pediatra e giornalista, ha esercitato per quarant’anni come pediatra di famiglia nel Servizio Sanitario Nazionale e ha fondato nel 2001 il bimestrale per i genitori «Un Pediatra Per Amico», che ha diretto per 16 anni. Attualmente è un pediatra libero professionista.