È di questi giorni la notizia della proposta del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di tassare le merendine. L’iniziativa dovrebbe essere finalizzata al reperimento di risorse economiche da destinare ad attività ritenute essenziali per lo Stato e – ulteriore scopo – a scoraggiare la vendita di prodotti che notoriamente nuocciono alla salute dei bambini.
Su Uppa ci siamo occupati più volte delle gravi conseguenze che i cosiddetti cibi “spazzatura” hanno sulla salute dei nostri bambini; parliamo di alimenti che comprendono non solo le classiche merendine, ma anche le bevande zuccherate, i succhi e, più in generale, tutti i prodotti altamente processati che, se assunti regolarmente – come spesso avviene a causa dell’assuefazione che procurano – apportano gravi squilibri nutrizionali. Molte malattie del bambino che si prolungano poi nell’età adulta sono la conseguenza della massiccia introduzione di questi prodotti nella dieta durante l’infanzia. Per la cura di queste malattie il nostro Sistema Sanitario Nazionale spende ogni anno una consistente parte del suo budget, motivo in più per guardare con favore tutte le manovre che possono scoraggiare l’utilizzo dei cibi spazzatura.
Tuttavia, come ci insegnano gli esempi di altri Paesi, è molto probabile che solo quelle politiche che affrontano in maniera più generale il problema e che non si limitano a offrire soluzioni parziali con provvedimenti “spot” possono avere una reale efficacia.
Un aspetto certamente fondamentale è il contrasto alla pubblicità ingannevole, che può influenzare in maniera significativa le scelte alimentari dei bambini e degli adolescenti; a tal proposito va sottolineato che gran parte dell’imponente marketing dell’industria alimentare pubblicizza alimenti ultraprocessati destinati proprio a quella fascia di popolazione. L’industria cerca di attrarre clienti giovani, con una conseguente prospettiva di consumi molto più ampia. I bambini – anche questo è risaputo – sono molto più vulnerabili nei confronti della pubblicità ingannevole: basti pensare che sotto i 5 anni un bambino non sa distinguere i contenuti di un programma televisivo dalla pubblicità che lo interrompe, e che solo intorno ai 12 anni potrebbe cominciare a guardare con scetticismo una pubblicità che lo invoglia a consumare un prodotto nocivo.
Numerose società scientifiche internazionali chiedono da tempo di porre un freno alla pubblicità di prodotti che possono nuocere alla salute. Passi in avanti notevoli sono stati fatti nelle politiche di contrasto al fumo di sigaretta, e sarebbe auspicabile una stessa attenzione nei confronti di prodotti che determinano così gravi danni alla salute.
È ovvio che l’azione di porre seri paletti per arginare il marketing aggressivo dei cibi spazzatura deve fare i conti con le lobby dell’industria. Ma forse proprio qui sta il coraggio di intraprendere politiche che mirano ad anteporre la salute pubblica al profitto.
pediatra, è responsabile del gruppo nutrizione dell’Associazione Culturale Pediatri e fondatore dei “No Grazie”. È tutor e valutatore per l’iniziativa “Insieme per l’allattamento” dell’UNICEF. È stato direttore di Uppa magazine tra il 2016 e il 2021, è autore di oltre duecento pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali e internazionali e membro del comitato editoriale di «Quaderni ACP».