«Un essere desideroso di esprimersi ha bisogno di un maestro che gli insegni chiaramente le parole. Possono i familiari agire come maestri? Abitualmente noi non aiutiamo il bambino, non facciamo che ripetere il suo balbettio e se egli non avesse un maestro interiore non imparerebbe nulla. Questo maestro lo spinge verso gli adulti che parlano tra loro e non si rivolgono a lui. Lo spinge ad impadronirsi del linguaggio con quell’esattezza che noi non gli offriamo. Eppure a un anno di età il bambino potrebbe trovare, come nelle nostre scuole, persone intelligenti che gli parlano intelligentemente», affermava Maria Montessori (La mente del bambino, Garzanti 2010).
Parlare. Parlare. Parlare. Con chiarezza, calma e usando termini autentici. Fin dall’inizio della vita parlare ai bambini il più spesso possibile è ciò che di meglio possiamo fare per aiutarli nello sviluppo linguistico.
Ogni cosa ha un nome specifico, scientifico, che il bambino ricorderà facilmente, fin da subito. «Ti va di assaggiare questa crema di zucchine?» è più significativo di «Ti va di assaggiare questa pappa?». Con i neonati non è semplice trovare di che parlare: una buona strategia è la narrazione di ciò che sta accadendo, perché ciò rassicura e nel frattempo fornisce ottimi stimoli linguistici. «Ora tolgo la calza, slaccio il pannolino. Senti l’acqua come è tiepida? Ora ti asciugo».
L’adulto non deve temere di utilizzare parole scientifiche credendole “difficili”, perché tali non sono. Memorizzare “pappa” o “minestra” necessita dell’impiego della medesima energia. La mente del bambino è una spugna che assorbe ciò che l’ambiente gli offre. Più saremo specifici, dettagliati e attenti nel linguaggio, più lo sarà il bambino quando inizierà a parlare. Rendere “infantile” il linguaggio significa impoverirlo e inoltre vuol dire costringere il bambino a fare un lavoro inutile di traduzione, dal linguaggio a lui riservato al linguaggio dei grandi. «Questa non è pappa! Dillo benino: mi-ne-stra!».
Dovremmo tenere a mente che per il bambino le cose circostanti non hanno ancora un nome e pertanto poter sapere fin da subito che il quadrupede peloso con coda e orecchie è un “cane” e non un “bau” è una grande fortuna!
I bambini, durante il loro percorso di crescita, attraversano importanti periodi sensitivi, ovvero momenti della vita in cui possiedono una particolare sensibilità per l’acquisizione di certe competenze.
Nel periodo sensitivo del linguaggio, che si apre con la nascita e termina intorno ai 5 anni, il bambino è predisposto naturalmente all’acquisizione della competenza linguistica. In questo periodo tutto ciò che riguarda il linguaggio è per il bambino estremamente attraente: è infatti un essere sociale biologicamente predisposto alla comunicazione.
Intorno ai 30 mesi il bambino vive quella fase che Maria Montessori definisce esplosione del linguaggio: allora ciò che ha assorbito dall’inizio della vita, che la sua mente ha elaborato e ordinato, si trasforma in comunicazione. Le frasi si fanno complete, verbi, sostantivi, pronomi, aggettivi trovano via via la loro collocazione. Inizia per il bambino un importante momento di arricchimento del vocabolario, con un considerevole aumento della competenza nella produzione linguistica.
Ecco che a un certo punto, intorno ai 4 anni, il bambino non domanda altro che: «Che lettera è questa?»; «Come è la mia lettera?». Questo è il segnale che il bambino è entrato nel periodo sensitivo della scrittura, periodo che precede quello della lettura.
Per sostenere il nostro bambino a casa le lettere smerigliate possono essere un valido supporto allo sviluppo linguistico.
Si tratta di tavolette di legno leggero (dello spessore di circa 4 mm), quadrate (di circa 13,5 cm) e rettangolari (per b, d, f, g, l, p, q, t, z) con gli angoli smussati, che riportano al centro il segno corrispondente a tutte le lettere dell’alfabeto: le vocali in rosso e le consonanti in blu. Le lettere sono in rilievo, formate da carta smerigliata di grana non troppo grossa e incollate al centro della tavoletta.
Si dispongono in un contenitore, dove stanno in piedi, in modo che siano facilmente visibili e prendibili. Per presentare il lavoro si srotola un tappetino e si dispongono tre lettere, una di fianco all’altra. Sempre vicino al tappeto si può mettere una piccola ciotola con un po’ di acqua e una salvietta.
Lavorare sul tappeto delimita l’area di lavoro permettendo di mantenere il materiale ordinato. Inoltre, è un modo per proteggere le lettere che, dato il loro scopo importantissimo (imparare a scrivere), vanno trattate con estrema cura. Proprio per questa forma di tutela, prima di iniziare a toccare le lettere, è bene bagnare leggermente i polpastrelli della mano e asciugarli con la salvietta. Questa ritualità ha una doppia valenza: rende il momento del tocco delle lettere importante e prezioso (i riti piacciono moltissimo ai bambini, soprattutto se svolti con tono e gesti calmi e lenti) e inoltre il lavaggio delle mani preserva le lettere da possibili residui presenti sulle dita.
Il corsivo si preferisce allo stampato minuscolo perché ciascuna lettera ha un segno proprio che non è facilmente confondibile, come invece accade con le lettere dello stampato minuscolo, dove, ad esempio, la d-b-p-q differiscono solo per il posizionamento della stanghetta. Inoltre, i primi segni che il bambino naturalmente traccia sono curvi, tondeggianti (come il corsivo) e non rettilinei (come lo stampato minuscolo), quindi la mano del bambino è facilitata nel compiere gesti curvi.
Per controllare l’apprendimento è consigliabile svolgere quella che si chiama la lezione dei tre tempi: pronuncio il suono corrispondente al segno, ad esempio “A”; dopo l’apprendimento del primo tempo, aiuto il bimbo nel riconoscimento, per esempio chiedo «mi indichi A?»; dopo l’apprendimento del secondo tempo, ridesto il ricordo del nome: «Ti ricordi il nome di questa lettera?». Si procede con gradualità e propedeuticamente, senza forzare mai il bambino che, se frustrato, si allontanerebbe dalla materia.
Si prende un vassoio in plastica (la migliore è la melammina, con i bordi un po’ alti) e si ripone della farina al suo interno. Con la mano si può riprodurre la traccia delle lettere già conosciute, tenendo la lettera smerigliata di fianco al vassoio, per il controllo dell’errore.
Dopo aver descritto il valore sensoriale delle lettere smerigliate è più facile comprendere quanto riportarle su un Ipad costituisca un’azione che impoverisce l’esperienza e ne riduce l’efficacia.
formatrice, pedagogista e autrice, progetta e coordina servizi per la prima infanzia e svolge corsi di formazione per insegnanti e genitori sulla pedagogia montessoriana. Autrice del libro Qui abita un bambino edito da Uppa Edizioni, cura la rubrica "Tra il dire e il fare" su Uppa.