In Italia si stima che il diabete gestazionale (o gravidico) possa riguardare una media di una donna su dieci. Alcune etnie sono maggiormente a rischio di altre, in particolare le donne di origine mediorientale, caraibica o dell’Asia Meridionale (soprattutto India, Bangladesh e Pakistan). In questo articolo cercheremo di capire quali sono le cause di questa malattia, i test da effettuare e la terapia da seguire.
Il diabete gravidico, definito anche Diabete Mellito Gestazionale (Gestational Diabetes Mellitus, GDM), è una forma di intolleranza agli zuccheri che compare per la prima volta durante la gravidanza e termina con essa. [1] Come altri tipi di diabete, l’organismo non riesce più a utilizzare tutti gli zuccheri introdotti con il cibo (dolci, pane, pasta, riso, frutta), che in parte rimangono dunque in circolo nel sangue. Tutto ciò comporta un aumento dei livelli di zucchero (glicemia).
Definizione e diagnosi sono rese difficili dal fatto che i livelli di glucosio nel sangue aumentano fisiologicamente in gravidanza, e non è netta la distinzione fra le donne che sono affette da diabete mellito gestazionale e hanno un aumentato rischio di esiti avversi e donne che sono definibili come affette ma non hanno questi rischi aumentati.
I cambiamenti ormonali che si verificano in gravidanza rendono i tessuti meno sensibili all’insulina endogena. Questo può provocare un aumento della glicemia nella donna e un conseguente aumento di quella del feto. Il feto produce in risposta una quantità maggiore di insulina che fa aumentare i depositi di grasso, con la possibilità che il neonato possa essere macrosoma (con un peso alla nascita superiore a 4 kg o 4.5 kg). Questa condizione può causare una difficoltà nel momento della nascita, soprattutto in presenza di un diabete gravidico non adeguatamente controllato. L’eccesso di insulina prodotta dal feto può inoltre determinare, dopo la nascita, una ipoglicemia neonatale. Questi neonati possono avere bisogno di maggiori attenzioni o controlli medici più frequenti durante la degenza in ospedale. Nei bambini nati da donne con GDM si registrano più frequentemente esiti avversi rispetto ai nati di donne non affette da GDM. [2]
Attualmente non sono chiare le cause per cui alcune donne sviluppano il diabete durante la gravidanza e altre no; si riconoscono però alcuni elementi che predispongono e vengono identificati come fattori di rischio:
In presenza di uno o più dei precedenti fattori di rischio deve essere proposta la “curva da carico orale di glucosio” fra la 16^ e la 18^ settimana di gravidanza oppure fra la 24^ e la 28^ settimana.
Nella maggior parte delle donne in gravidanza, il diabete gestazionale non produce sintomi evidenti. Tuttavia in alcuni casi possono presentarsi i seguenti segnali:
Non esiste consenso sui criteri per la diagnosi di diabete gestazionale. I test differiscono nella quantità di glucosio utilizzata come carico, nella tempistica del prelievo, nel tipo di campione di sangue analizzato, nei valori soglia. L’esame per il diabete gestazionale più comunemente usato è quello con determinazione della glicemia dopo due ore da un carico orale con 75 grammi di glucosio, secondo i criteri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, riportati nella linea guida Diabetes in pregnancy. [3]
In questo esame viene inizialmente misurata la glicemia a digiuno con un prelievo, poi viene offerto di bere “velocemente” una soluzione a base di zucchero. I valori della glicemia vengono poi ricontrollati dopo 60 e dopo 120 minuti. Questo carico consente di valutare le variazioni della glicemia e stabilire se c’è un diabete gestazionale oppure no.
Sono definite affette da diabete gestazionale le donne con uno o più valori di glicemia plasmatica superiori a quelli di seguito riportati:
Glicemia plasmatica | mg/dl | mmol/l |
Digiuno | > o = 92 | > o = 5,1 |
Dopo 1 ora | > o = 180 | > o = 10,0 |
Dopo 2 ore | > o = 153 | > o = 8,5 |
Le complicanze in caso di diabete gestazionale e i rischi per il feto e la mamma sono quasi tutti prevenibili con un buon controllo della glicemia della donna durante la gravidanza. Essi includono:
Negli ultimi paragrafi analizzeremo nel dettaglio quali sono invece le possibili conseguenze del diabete gestazionale in vista del parto e dopo la nascita del bambino.
Nella maggior parte dei casi (nove volte su dieci), per tenere controllata la glicemia si deve seguire una dieta bilanciata e svolgere una moderata e costante attività fisica, secondo le indicazioni del medico. Se questi interventi non dovessero essere sufficienti il medico potrà prescrivere i farmaci necessari. Il trattamento è volto a mantenere i livelli glicemici nella norma.
Potrebbe essere richiesto un monitoraggio giornaliero della glicemia, denominato “profilo glicemico”, necessario per valutare i livelli di glicemia nell’arco delle 24 ore attraverso dei dispositivi di autocontrollo che prevedono un piccolo prelievo di sangue periferico da effettuarsi a orari stabiliti. La glicemia è il solo parametro metabolico che viene routinariamente valutato nella gestante diabetica e i criteri per il controllo metabolico e le strategie terapeutiche in gravidanza sono basati sui livelli glicemici materni, poiché alla normalizzazione della glicemia si associa la normalizzazione di tutti gli altri nutrienti (come aminoacidi e lipidi).
I livelli glicemici medi durante il terzo trimestre nella gestante non diabetica sono sensibilmente più bassi di quelli di comune riscontro al di fuori della gravidanza e hanno un ritmo circadiano (che si ripete per un periodo di circa 24 ore) caratteristico con escursioni postprandiali di circa 40 mg/dl. È da notare, inoltre, che le glicemie giornaliere presentano, fra la 28^ e la 38^ settimana, un progressivo incremento, espressione dell’aumento fisiologico dell’insulino-resistenza. Tali caratteristiche sono essenziali per assicurare al feto un adeguato apporto nutrizionale e una crescita armonica.
Riportiamo di seguito la media glicemica giornaliera nella gravidanza fisiologica.
Settimane | Media ± DS(mg/dl) |
28 | 71.9 ± 5.7 |
30 | 72.3 ± 5.3 |
32 | 73.4 ± 4.9 |
34 | 75.0 ± 5.4 |
36 | 77.4 ± 4.5 |
38 | 78.3 ± 5.4 |
Quali sono invece i valori della glicemia consigliati dopo i pasti e a digiuno nei casi di diabete gestazionale? I target, indipendentemente dal grado di compromissione metabolica, sono:
Purtroppo non esiste un modo per prevenire l’insorgenza del diabete gestazionale, tuttavia ci sono alcune azioni che permettono di contenerne il rischio:
Naturalmente, sia per la dieta sia per l’attività fisica è bene evitare il “fai da te” e rivolgersi al proprio medico o alla propria ostetrica per ricevere i consigli più adatti. Sono assolutamente da evitare regimi alimentari “improvvisati” e particolarmente restrittivi, soprattutto quelli che propongono di evitare completamente alcuni alimenti. Il metabolismo degli zuccheri e dei grassi in gravidanza necessita dell’introduzione di alimenti vari e di una dieta ricca.
Il timing del parto costituisce solo l’ultimo gradino nella scala che porta a un risultato perinatale positivo se la diagnosi di diabete gestazionale è stata tempestiva, le scelte terapeutiche appropriate e la crescita fetale armonica. In tale situazione ottimale la “normalizzazione” della gravidanza non imporrà procedure particolari, diverse da quelle adottate nella “gravidanza a basso rischio”, ad eccezione del non lasciar protrarre la gravidanza oltre il termine per evitare un inutile incremento ponderale del feto.
Purtroppo una diagnosi tardiva di diabete gestazionale, scarsa compliance della gestante (ovvero adesione alle prescrizioni e ai trattamenti previsti), scelte assistenziali non sufficientemente “intensive” possono portare allo sviluppo di macrosomia fetale asimmetrica o all’insorgere di altre complicanze ostetriche che suggeriscono o impongono l’espletamento anticipato del parto e quindi la sua programmazione.
Si definisce macrosomia fetale asimmetrica quella crescita caratteristica del quadro diabetico non ben compensato in cui il feto manifesta una crescita asimmetrica con deposizione di tessuto adiposo su spalle e addome, conseguenti a un aumento di passaggio di glucosio attraverso la placenta e al successivo aumento nella produzione di insulina fetale. La diagnosi (più spesso il “sospetto”) di macrosomia fetale è la condizione che più frequentemente pone un problema di “programmazione” del parto. Nella gestante diabetica, in caso di eccellente controllo glicemico, assenza di complicanze vascolari e di preeclampsia, con una normale crescita fetale si può attendere fino alla 40^ settimana per l’induzione. Molti autori sostengono l’opportunità di indurre il parto entro la 39^ settimana di gravidanza se il collo dell’utero viene considerato “favorevole”, ben preparato. Gli studi dimostrano un significativo beneficio nell’induzione a 38 settimane in termini di ridotta prevalenza di macrosomia e riduzione dei casi di macrosomia, ma nessuna differenza statisticamente significativa in termine di percentuale di tagli cesarei. Da questi studi si può concludere che una precoce induzione in assenza di motivazioni mediche e ostetriche non è raccomandata. D’altra parte l’induzione elettiva a 38-39 settimane sembra essere associata a una ridotta prevalenza di macrosomia rispetto all’atteggiamento di attesa. Più frequentemente la decisione di ricorrere all’induzione del travaglio viene presa in base alle indicazioni ostetriche, a un’epoca gestazionale in cui la cervice non è completamente matura. In questa circostanza il travaglio è spesso prolungato e ha meno probabilità di successo di un travaglio insorto spontaneamente con cervice preparata.
Particolare cautela è indicata nelle gestanti diabetiche con sospetta macrosomia, lenta progressione del travaglio e/o prolungamento della seconda fase e infusione di ossitocina. In queste pazienti dovrebbe essere evitato un parto vaginale operativo per l’alto rischio di distocia di spalla.
Vediamo ora di capire cosa succede dopo il parto nei casi di diabete gestazionale e le possibili conseguenze. La malattia generalmente scompare dopo la nascita del bambino. Potrà essere proposto un controllo dopo almeno sei settimane dopo il parto poiché la presenza di questa malattia durante la gravidanza predispone a una maggiore probabilità di sviluppare diabete dell’adulto (tipo II) negli anni successivi. La presenza di diabete gestazionale in gravidanza predispone inoltre al rischio aumentato di sviluppare di nuovo la malattia durante una gravidanza successiva, ma ciò non è assolutamente certo.
Ostetrica presso i presidi ospedalieri di S. Donà di Piave (VE), Policlinico Universitario a gestione diretta di Udine e Azienda Ospedaliera e Universitaria di Careggi di Firenze. Nel corso della propria formazione ha approfondito in particolare la fisiologia della nascita, la cultura della sicurezza, gli strumenti della comunicazione efficace in ambito sanitario, l’intelligenza emotiva e il benessere organizzativo nei luoghi di lavoro.