«Il mio bambino piange, avrà le coliche?». Questa è una delle domande che di frequente si fanno i genitori nel momento in cui vedono il loro piccolo piangere spesso e in modo inconsolabile.
Il pianto del neonato rappresenta di certo uno strumento di comunicazione da ascoltare e da accogliere, e i genitori devono essere consapevoli di ciò. Tuttavia non è importante arrivare a capire subito ciò di cui il piccolo ha bisogno (forse nemmeno lui lo sa). Ciò che è fondamentale, piuttosto, è il modo in cui i genitori provano a offrire una risposta efficace: parlandogli, accarezzandolo, prendendolo in braccio (si veda, a tal proposito, il nostro articolo sul Babywearing), cullandolo, rimanendo sempre attenti alle sue risposte.
«Ma quando il piccolo ha le coliche, cosa fare? In che modo possiamo tranquillizzarlo?».
«Esistono dei rimedi efficaci per le coliche del neonato?».
Rispondiamo a queste e ad altre domande dei genitori.
«Si sa che tra i più comuni sintomi delle coliche del neonato c’è il pianto. Lo dicono tutti!». Questa è un’altra frase che si sente dire spesso tra i genitori. Ma è giusto parlare di sintomi delle coliche quando i neonati piangono?
Per prima cosa è bene sapere che il pianto del neonato è un atto estremamente complesso da attuare, con risposte che coinvolgono tutto l’organismo – e non soltanto i muscoli specifici come quelli dedicati alle espressioni facciali. In altri termini, quando un neonato piange, lo fa con tutto il corpo: si contrae, chiude i pugni, ritrae le gambe; attiva ogni muscolo, anche quelli del torchio addominale, spinge e non è escluso che così facendo emetta aria.
L’aria inoltre è sempre presente nel tubo digerente di ogni essere umano, a qualunque età, e soprattutto in quello di un neonato (il latte è ricco di lattosio, zucchero che fermenta facilmente), ma poche sono in realtà le circostanze in cui l’aria possa procurare dolore. Accade, ad esempio, se le pareti sono irritate, infiammate (in presenza cioè di una “colite”). Ma non è certo l’aria a far sì che i neonati, arrivando a sera, comincino ad “avere le coliche”. Non è un caso, infatti, che spesso si calmino facendo un giro in macchina o abbandonandosi al sonno insieme ai genitori.
La scelta di chiamare “colica” questa irritabilità pomeridiana o serale del bambino piccolo avviene nel 1954, dopo la comparsa di un famoso articolo medico. Una scelta infelice, in quanto il termine colica dovrebbe indicare un dolore intestinale, laddove però la scienza medica non è mai riuscita a mettere il pianto del bambino in relazione a un dolore dell’intestino.
Ormai, per abitudine o per tradizione, utilizziamo il termine colica come sinonimo di mal di pancia, e lo leghiamo alla presenza di gas intestinali (anche se sembra che questo fenomeno sia più una conseguenza del pianto che una causa). Più semplicemente e correttamente, la colica esprime il pianto, non il mal di pancia.
Su centinaia di bambini a cui si attribuiscono coliche gassose, probabilmente solo poche decine avranno dei veri fastidi addominali, mentre la gran parte sono semplicemente neonati che piangono per tantissimi altri motivi, anche i più imperscrutabili. Dunque quella che sembra una vera e propria epidemia di coliche dei bambini, da cui solo pochi fortunati sfuggono, altro non è che la somma di tanti piccoli problemi e disagi, oppure un momento dello sviluppo del bambino nei primi mesi di vita.
Da che mese iniziano le coliche? E quanto durano? Molti bambini – fino al 28% – presentano questo particolare comportamento durante i primi tre mesi di vita. Le coliche iniziano nei primi giorni dopo la nascita fino ad arrivare al massimo verso la sesta-ottava settimana, per poi finire intorno al terzo o quarto mese.
C’è il bambino che piange per una o due ore, e il bambino che piange anche per più di cinque ore, mettendo così a dura prova la pazienza dei genitori. Sembra che questo pianto rappresenti il segnale di un periodo di sviluppo fisiologico di maturazione che molti bambini devono attraversare nei primi mesi di vita. Ed è proprio per questo motivo che, molto spesso, i medicinali utilizzati per cercare di ridurre queste crisi di pianto hanno uno scarso effetto.
Cosa fare in queste situazioni? Sicuramente non somministrare le goccioline per l’aria, né tanto meno farmaci antispastici o altri rimedi (ne parliamo anche all’interno dell’articolo È vero che i neonati hanno bisogno di bere acqua?). La migliore soluzione per le “coliche” del neonato è semplicemente un genitore che, con calma e una buona dose di pazienza, si accosti a lui e cerchi di calmarlo prima ancora di capirlo, sperimentando via via soluzioni – cambiarlo, coccolarlo, nutrirlo – che possano rassicurarlo e interrompere il pianto.
Certo sarà soprattutto la sera che, tutti più stanchi e anche un po’ intimoriti dalle ore che verranno (si fa buio, le farmacie chiudono, c’è da affrontare la notte e il vicino finirà per protestare…), sarà meno facile capirsi, cioè rassicurarsi e trasmettere sicurezza al bambino. Insomma, tutti questi motivi possono caricare di ansia il papà o la mamma e questo non aiuta a mantenere una relazione serena con il bambino.
La cosa peggiore che possa capitare a questi neonati, colpevoli solo di aver protestato vigorosamente, magari per un disagio relativamente modesto, è quella di essere portati di corsa al pronto soccorso pediatrico, dove arrivano spesso addormentati. Il viaggio in auto, infatti, è un ottimo sistema di cullamento nei primi mesi di vita.
Se invece arrivano ancora svegli e particolarmente agitati, i neonati finiscono quasi sempre per sperimentare un sondino rettale che cerca un po’ di aria nella pancia (che non manca mai). A questo punto, di solito, si calmano insieme al genitore, il quale sente che qualcosa di risolutivo è stato fatto: il neonato è ora “in buone mani” e quindi l’adulto stesso diviene più capace, più rassicurante. Subito dopo, infatti, riprendendo il piccolo tra le braccia, la mamma e il papà sapranno mantenerlo calmo, senza più tutto quel panico e quella tensione che gli trasmettevano durante la crisi attraverso il contatto o il tono della voce.
Ma come calmare il neonato quando ha le “coliche”? Come riuscire a consolarlo? Utili, di certo, sono la vicinanza fisica e alcune strategie, come ad esempio:
Inoltre, lo swaddling, la fasciatura del neonato, se correttamente eseguita, offre l’opportunità di ridurre le crisi di pianto e non presenta rischi o controindicazioni di ordine medico. Provare per credere.
comasco di nascita, ha studiato a Parma, dove si laurea in Medicina e si specializza in Pediatria, e successivamente in Neonatologia e Patologia neonatale. È autore di oltre 70 pubblicazioni scientifiche italiane e internazionali peer-reviewed, e collabora con Uppa da diversi anni con articoli di divulgazione pediatrica.