Una mamma entra preoccupata in sala visite perché – dice – suo figlio si sta riempiendo di nei. «Non sarà il caso di farlo vedere dal dermatologo per fare l’epiluminescenza e la mappa dei nei?».
«Mi faccia vedere», le dico. Dopo cinque minuti di ricerca, l’uso di una potente lampada e di una lente d’ingrandimento, riesco a individuare un microscopico puntino marroncino sul dorso della manina del bambino. «Non si preoccupi, signora, il neo è benigno: è infatti perfettamente circolare, ha i bordi sfumati, è monocolore e ha l’aspetto reticolato-puntiforme tipico del neo di Clark». La mamma mi guarda perplessa. Vediamo di capire meglio di cosa stiamo parlando.
Grazie al dermatoscopio, una sorta di piccolo cannocchiale che si appoggia sul neo e lo ingrandisce illuminandolo, è possibile vedere ogni particolare del neo. Più esattamente, dobbiamo osservare quattro caratteristiche:
Grazie alla valutazione attenta di questi quattro criteri, è possibile evitare inutili visite specialistiche.
Come quasi tutto, anche i nei si ereditano: se i genitori ne hanno un bel po’, anche i figli ne avranno molti. Qualcuno sarà presente alla nascita, i cosiddetti nei congeniti, ma la maggior parte usciranno in seguito ed è del tutto normale. Praticamente sempre, fino ai 12 anni, non si deve fare nulla o quasi. Solo se il neo è molto asimmetrico e presenta molte colorazioni, va fatto vedere al pediatra che potrebbe, con il dermatoscopio, valutare anche bordi e struttura. Viceversa la presenza di peli, una colorazione bluastra o rossa sono indice di benignità. A volte, intorno al neo, compare una zona decolorata quasi bianca e pian piano il neo scompare: si tratta di un neo di Suttom, totalmente benigno.
I raggi solari, stimolando la produzione di melanina, stimolano anche la nascita di nuovi nei o il cambiamento di nei già presenti. In misura maggiore nei bambini di carnagione chiara, con occhi azzurri, capelli biondi o rossi: una ragione di più per non esporsi eccessivamente al troppo sole e per usare creme solari ad alto potere protettivo.
Un tipo di neo per il quale bisogna avere una particolare attenzione è quello situato sul palmo delle mani o sulla pianta del piede. È sottoposto a stimoli pressori e un po’ più delicato: basta però, per rassicurarci, osservarli al dermatoscopio: se i puntini di colorante sono depositati nei solchi della pelle, va tutto bene, se invece è depositato sulle creste, è da tenere sotto osservazione, e questo sì, mandiamolo dal dermatologo.
Fino a una quindicina di anni fa i pediatri usavano poco l’otoscopio… e le visite dall’otorino si sprecavano: ora è quasi impossibile trovare un pediatra che non ce l’abbia e le visite specialistiche sono dimezzate. Lo stesso potrebbe succedere per il dermatoscopio, uno strumento che assomiglia molto all’otoscopio ed è molto utile per osservare le lesioni della cute.
L’osservazione anche di un semplice neo è sorprendente. Con questo strumentino, dal costo di poche decine di euro, si riescono a valutare le caratteristiche del neo seguendo la regola dell’ABCD, si sommano i punteggi e, se il punteggio finale non supera 4,7, non ci sono problemi:
Uno studio condotto da ricercatori statunitensi ha raccolto i dati riguardanti persone con più di 65 anni, sottoposti a un programma nazionale di screening della pelle: in 20 anni le diagnosi di melanoma sono raddoppiate mentre è rimasto invariato il numero dei morti causate da questo tumore. In Italia, come in gran parte del mondo, esiste una campagna di sensibilizzazione dedicata al melanoma.
La strategia più efficace per combattere il cancro della pelle consiste nella diagnosi e nel trattamento precoce. Perciò si celebra lo Skincancer day (la giornata nazionale di prevenzione dei tumori della pelle) il cui scopo è facilitare il contatto fra specialisti e pazienti, in modo da rendere più efficaci le strategie di prevenzione e facilitare l’individuazione del melanoma in uno stadio iniziale.
Le cifre fornite sono inquietanti: «L’incidenza del melanoma nella popolazione bianca è aumentata negli ultimi cinquant’anni a un ritmo superiore di qualsiasi altro tumore, ad eccezione del cancro del polmone nelle donne, con un incremento del 5-7% annuo nei Paesi occidentali industrializzati». I dermatologi individuano per queste cifre due cause: la moda della tintarella e il buco dell’ozono che lascia passare una maggior quantità di raggi ultravioletti, che danneggiano il DNA delle cellule esposte alla loro azione.
Perché allora, a fronte delle molte diagnosi precoci, il numero dei morti a causa del melanoma è sempre uguale? Le conclusioni dell’US Preventive Task Force, l’ente americano che sorveglia l’efficacia delle misure preventive in medicina sono queste: «lo screening generalizzato della pelle a oggi non risulta essere una misura capace di prevenire le morti per melanoma. Ciò che è messo in luce dai dati forniti dai dermatologi non è dunque l’esistenza di una epidemia di melanoma, ma di una epidemia di diagnosi di melanoma. La differenza è rilevante. Il numero di tumori allo stadio avanzato, quelli per cui si muore, è inalterato da anni, come il numero dei morti; a crescere esponenzialmente è stato il numero dei cosiddetti tumori allo stadio primitivo, che spesso rimangono silenti e non conducono alla morte. È accaduto, quindi, che dare il nome “melanoma” anche a trascurabili alterazioni della pelle e la contemporanea diffusione di metodi di analisi non invasivi, ha creato una epidemia di tumori che in realtà non causano problemi».
Si occupa di Pediatria, Allergologia, Endocrinologia, Dietologia e Nutrizionistica, è web master di vari siti da lui creati: Il pediatra risponde, Psycoaid, Allattoio e Pediatra Piccolo Principe. Dal 2002 al 2010 è stato consulente dietologo per la mensa delle scuole elementari e materne di Ariccia; fa parte del gruppo “I sette passi” per la promozione dell’allattamento al seno ed è autore di numerosi articoli scientifici nazionali e internazionali.