«E se il neonato non dorme?». Caterina, la mamma di Luca, secondogenito di 4 settimane, racconta che fin dai primi giorni di vita del bambino i momenti di veglia e di sonno sono sempre stati brevi e poco prevedibili. Il piccolo è molto sensibile ai rumori e ai cambi di luce nella stanza, mostra spesso tremori e soprassalti, i pianti sono talvolta insistenti e difficilmente consolabili. I periodi di sonno più lunghi sono di quattro ore e si verificano raramente e di giorno, mentre la notte al massimo sono di due ore.
Con la prima figlia Maria era molto diverso: bastava poco per aiutarla a mantenere il sonno e riaddormentarsi. Caterina si chiede allora se sta sbagliando qualcosa con Luca e cosa può fare per aiutare il neonato a dormire meglio e per periodi più lunghi. Cerchiamo allora di capire cosa fare quando il neonato non dorme.
I problemi del sonno nei primi quattro mesi di vita sono principalmente dovuti al fatto che i bambini non hanno ancora maturato appieno la funzione cerebrale per regolare al meglio gli stati di veglia e di sonno e il passaggio tra di essi. Dopo i quattro mesi, invece, l’addormentamento – e il riaddormentamento – vengono vissuti come separazioni anche a livello mentale, per cui le difficoltà nel sonno dipenderanno anche da questo.
Per capire perché il neonato non dorme nelle prime settimane di vita, vediamo di seguito alcuni aspetti della fisiologia del sonno e dello sviluppo, in modo da comprendere anche perché sembra che i neonati dormano troppo.
Gli stati di veglia e di sonno maturano nell’ultimo trimestre di gravidanza e di solito il feto dorme per quasi il 90% del tempo. Cosa succede, allora, dopo la nascita? Perché il neonato non dorme più così tanto? Cosa rende difficile il mantenimento del sonno e dei momenti di veglia tranquilla rispetto al feto? Da un lato abbiamo dei cambiamenti che riguardano l’esterno: si passa dall’acqua all’aria (con un maggior effetto della forza di gravità), da un ambiente stretto, confinato e che offre un contenimento continuo (l’utero) a un ambiente in cui il contenimento non è sempre continuo e avviene con modalità diverse (l’adulto avvolge il piccolo, lo contiene, lo dondola, gli canta, gli parla, lo alimenta, lo lava, lo cambia…). Dall’altro abbiamo dei cambiamenti interiori che riguardano la respirazione, la funzionalità dell’apparato gastroenterico (e quindi l’alimentazione, la digestione, l’emissione di urina e feci…).
Già alla nascita i bambini sono tutti diversi anche per quanto riguarda il sonno. Alcuni posseggono fin da subito buone capacità di regolazione, hanno quindi meno bisogno di aiuto per addormentarsi e il loro sonno sarà meno disturbato. Altri, invece, hanno sistemi di regolazione meno maturi e più fragili, e ciò può dipendere sia da fattori genetici – come il temperamento – sia dalla gravidanza e dal parto. Questi ultimi sono i neonati molto sensibili, instabili e facilmente irritabili (i cosiddetti “neonati ad alto bisogno”), che avranno dunque necessità di essere molto aiutati per riuscire a regolare il proprio comportamento.
Una gravidanza e un parto fisiologici, e pratiche come il pelle a pelle e il rooming-in, favoriscono lo sviluppo delle capacità di regolazione. Al contrario, patologie della gravidanza, così come il parto pretermine o una sofferenza perinatale, lo ostacolano.
Per quanto riguarda il tempo di sonno complessivo, nei primi due mesi di vita i bambini dormono generalmente tra le 14 e le 18 ore al giorno, con un buon grado di variabilità individuale (da un minimo di nove a un massimo di 21 ore). Il sonno è frammentato in periodi che vanno da un minimo di 20-30 minuti a un massimo di quattro-cinque ore. Questo perché con la nascita si sono perse le influenze materne che garantivano il ritmo fetale di 24 ore, per cui le ore di sonno del neonato nelle prime settimane di vita non sono prevedibili e variano molto da bambino a bambino. I risvegli sono facilitati dalle sensazioni di fame o di sete, ma avvengono anche indipendentemente da esse, con una grande variabilità individuale in base alle caratteristiche genetiche.
Intorno ai 2-3 mesi di età maturano i meccanismi di secrezione della melatonina – l’ormone che favorisce l’inizio e il mantenimento del sonno, che viene stimolato dal buio – e comincia a manifestarsi il ritmo circadiano legato all’alternanza luce-buio. Entro i 3 mesi il periodo di sonno notturno si allunga ed è in genere preceduto da una fase di tre ore di veglia. Così come si allungano i cicli di sonno notturno, che passano da una media di due ore (a 5 settimane di età) a circa tre ore e mezzo (a 3 mesi di età), con un periodo massimo di sonno lungo cinque ore.
Anche altri fattori possono influire sulla maturazione della regolazione degli stati di veglia e di sonno, tra cui – in negativo – quelli legati alla digestione (come nel caso di una scarsa tolleranza al lattosio), così come alcune dermatiti che possono dare prurito, o anche il reflusso gastroesofageo (pur essendo un fenomeno quasi sempre fisiologico).
È infine importante considerare che la regolazione dei ritmi sonno-veglia è un processo che si sviluppa all’interno della relazione tra il bambino e i suoi genitori. Il raggiungimento di una chiara distinzione tra il giorno e la notte – cosa che fisiologicamente avviene tra le dodici e le sedici settimane di vita – viene favorito anche dalle modalità di accudimento da parte dell’adulto (ad esempio, di giorno verrà favorita la comunicazione verbale con il piccolo, di notte no). Inoltre, curare le espressioni del volto, il tono della voce, il tocco affettuoso, la vicinanza fisica e il gioco, sono tutte azioni che aiuteranno il piccolo a regolare il suo livello di tensione, a calmarsi e ad acquisire un sonno stabile.
Alla luce di quanto abbiamo visto, cosa possiamo consigliare a Caterina, preoccupata perché il suo neonato dorme poco?
Innanzitutto, che la storia di Luca è la stessa di molti altri bambini – con caratteristiche costituzionali diverse da quelle di Maria, la primogenita – che, come lui, affrontano una normale fase di maturazione delle capacità di veglia e di sonno, e che ciò non dipende in alcun modo dalle modalità di accudimento dei genitori. Semplicemente, i neonati come Luca hanno più bisogno di aiuto per riuscire a regolare i propri stati di sonno e di veglia, più bisogno di contatto, di contenimento.
Nel fare ciò, non c’è alcun rischio di “viziare” il bambino o renderlo più dipendente dall’adulto; anzi, semmai è vero il contrario. Nei bambini come Luca è spesso molto d’aiuto venire avvolti in una copertina (swaddling) durante il sonno, in modo da ridurre il disturbo dei fisiologici soprassalti, tremori e movimenti spontanei. Questo fino a quando Luca non mostrerà di non averne più bisogno, o comunque non appena saprà girarsi da solo per passare da supino a prono.
Ma come aiutare il neonato a dormire? È importante non sollecitare eccessivamente il piccolo, ad esempio muovendolo tanto su e giù quando si è in casa o portandolo troppo fuori in macchina; sono azioni che non solo non danno la possibilità di scaricare la tensione accumulata, ma che generano un sovraccarico, col risultato che poi il bambino potrebbe averne addirittura sempre più bisogno («Prima bastavano pochi minuti, ora bisogna continuare per mezz’ora!»). È più utile invece provare a tenere il bambino vicino, cullandolo leggermente, così che riesca a eliminare la tensione, talvolta anche piangendo un po’. Questa strategia lo aiuterà ad avere un comportamento più stabile successivamente, anche nelle fasi di veglia.
Nel caso di Luca, per aiutarlo ad adattarsi al ritmo giorno-notte prima dei 2-4 mesi – età in cui il suo organismo sarà fisiologicamente pronto a farlo – è utile, come già accennato, differenziare fin da subito le attività diurne da quelle notturne, promuovendo gli scambi comunicativi verbali e più intensi solo di giorno e dosando bene i livelli di illuminazione in casa durante il giorno e la notte (ciò vale anche per il sonno: di notte, è bene che Luca dormi al buio, mentre di giorno la sua stanza non andrà oscurata del tutto).
Infine, è bene conoscere le misure di sicurezza del sonno nel primo anno di vita, e sapere che, mentre dormono, i bambini possono mugolare, emettere suoni, aprire e chiudere gli occhi, talvolta piagnucolare, senza perciò essere svegli. Ciò permette ai genitori di capire quando è il caso di intervenire senza rischiare di disturbare il ritmo e l’equilibrio del sonno del proprio bambino.
pediatra e neonatologo, ha lavorato per 25 anni in Terapia Intensiva Neonatale all’ospedale Meyer di Firenze e poi come direttore di Pediatria e Neonatologia all’ospedale S.M. Annunziata. Esperto di valutazione e promozione dello sviluppo psicomotorio e di salute nel percorso nascita, è trainer nell’approccio Brazelton a livello nazionale.