Marco ha 4 anni, sia a casa sia all’asilo ha spesso esplosioni d’ira che non riesce in nessun modo a controllare. Questo gli crea problemi nella relazione con i compagni che, spaventati dalle sue reazioni imprevedibili e dal suo non rispetto di turni e regole, giocano meno volentieri con lui.
Marta ha 6 anni e fa fatica a fare nuove amicizie e a intraprendere qualsiasi nuova attività. Preferisce situazioni tranquille e riesce a sentirsi serena solo quando è sola. Il suo ritiro dalle situazioni sociali può apparire talvolta eccessivo, tanto che spesso non partecipa ai compleanni e al parco evita i giochi di gruppo.
Di fronte a comportamenti di questo tipo, un genitore può provare sconforto e frustrazione («Le ho tentate tutte ma niente da fare. Arrivati a questo punto ho la sensazione che la situazione non cambierà mai…») e essere confuso su cosa pensare, è il temperamento del bambino o, il piccolo si comporta intenzionalmente in un certo modo? O ancora, i suoi comportamenti nascondono qualche problema? È proprio in questi casi che un Parent Training (PT) può essere di grande aiuto.
Cos’è il Parent Training e a chi serve? Si tratta di un intervento di sostegno alla genitorialità in situazioni complesse, spesso complementare a un intervento sul bambino. L’obiettivo è quello di fornire ai genitori gli strumenti necessari per riconoscere i bisogni e i segnali affettivi del bambino e rispondere in maniera adeguata. [1]
Il Parent Training viene indicato sia per situazioni in cui non è stato diagnosticato un disturbo del bambino, ma i genitori hanno bisogno di supporto nella gestione di comportamenti problematici, sia per i disturbi del neurosviluppo, ovvero:
Cerchiamo di entrare nel dettaglio per capire come funziona il Parent Training e chi è la figura specializzata che si occupa di condurre questi programmi.
Per ogni problematica esistono programmi di Parent Training specifici, di gruppo o individuali, condotti da uno o più esperti, anche se i “veri esperti” dei bambini – ricordiamolo – sono sempre i loro genitori.
Mentre un tempo i terapeuti che conducevano i programmi di Parent Training trasmettevano verticalmente il loro sapere ai genitori, oggi assolvono invece un ruolo di coach della funzione genitoriale. [2] Nello specifico, sono gli esperti di problemi evolutivi, che più di trasmettere competenze ai genitori devono “attivarle” in loro. [3]
Chi fa Parent Training si accorgerà infatti subito di un aspetto molto importante: terapeuti e genitori sono alleati nell’esplorare insieme le strategie utili a modificare i comportamenti disfunzionali dei bambini.
Nelle fasi iniziali le sessioni puntano ad allenare i genitori a individuare lo scopo di un determinato comportamento problematico, descrivendo quest’ultimo in modo obiettivo, esaminando gli elementi che lo precedono e rilevando cosa avviene dopo che è stato messo in atto. [4]
Ad esempio, quando Marco alza la voce e tira i giocattoli ai suoi compagni è bene chiedersi: il suo comportamento aggressivo si manifesta solo a scuola? Quali figure sono presenti quando Marco protesta? Quali sono gli stimoli che di solito scatenano la sua frustrazione? Come reagiscono le maestre al suo comportamento? E i genitori?
Nelle sessioni di Parent Training gli esperti (che possono essere ad esempio psicologi, pedagogisti o psico-terapeuti) si confrontano apertamente con i genitori, analizzando i fattori scatenanti, quindi suggerendo strategie da mettere in pratica ad esempio anche attraverso esercizi di role-play (si predispone una scena in cui partecipanti devono agire, recitare spontaneamente secondo l’ispirazione del momento).
Riuscire a fornire delle risposte coerenti che non rinforzino il comportamento problematico (come avverrebbe, nel caso di Marco, se i genitori utilizzassero uno stile comunicativo oppositivo e coercitivo) può essere un compito molto faticoso per i genitori perché implica la tolleranza di una certa quota di frustrazione (ad esempio, stabilire dei confini in modo fermo e calmo, rinunciando a esprimere a caldo la propria irritazione) e richiede una disponibilità a riflettere e una regolazione degli impulsi.
Qual è allora l’importanza del Parent Training? Se è vero che gli aspetti genetici, temperamentali e neurobiologici possono predisporre il bambino a una certa difficoltà nella regolazione degli impulsi e nella gestione emotiva, è anche vero che il contesto relazionale che il piccolo incontra può favorire strade di sviluppo differenti.
Per esempio, se Marta esprime ansia verso la socializzazione con i pari soprattutto in presenza dei genitori e non di altre figure, a chi appartiene questo comportamento problematico? Al bambino o alla sua relazione con i genitori? Se i genitori di Marta, animati dal desiderio di proteggerla, evitassero sistematicamente di esporla a situazioni che per lei sono fonte di ansia, non contribuirebbero senza saperlo a limitare ulteriormente il suo sviluppo sociale? I disturbi dell’età evolutiva sono sempre più riconosciuti come disturbi delle relazioni e proprio nelle relazioni devono essere affrontati. [5]