PFAPA: la causa più frequente di febbre periodica

È caratterizzata da episodi febbrili frequenti. Gli studi dimostrano che insorge principalmente durante l’infanzia e che, nonostante l’esordio brusco, è una condizione benigna che tende ad autolimitarsi nel giro di alcuni anni

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Anna Maria Bagnato , pediatra
Bambina a letto con PFAPA febbre periodica

La Sindrome PFAPA (acronimo di Periodic Fever, Aphthous Stomatitis, Pharyngitis, cervical Adenitis), un tempo nota come Sindrome di Marshall, è una condizione caratterizzata da episodi di febbre ricorrente accompagnati da faringe infiammata (faringite), afte in gola (aftosi orale), ingrossamento dei linfonodi ai lati del collo (linfoadenopatia o adenite laterocervicale). 

La PFAPA rientra tra le “sindromi autoinfiammatorie”, malattie caratterizzate da episodi di infiammazione generalizzata continua o ricorrente dovute a un’imperfetta regolazione del sistema immunitario, che si attiva senza una vera e propria aggressione.

Tra le sindromi autoinfiammatorie caratterizzate da episodi di febbre ricorrente – tre o più episodi febbrili di origine sconosciuta, che si verificano ad almeno una settimana di distanza l’uno dall’altro e in un arco temporale di sei mesi – che vanno differenziate dalla PFAPA ci sono:

  • Febbre Mediterranea Familiare (FMF), molto diffusa nel bacino del Mediterraneo e lungo la Via della Seta, ovvero quell’area geografica compresa tra Cina, Armenia, Turchia, Israele e bacino del Mediterraneo legata a mutazioni del gene MEFV sul cromosoma 16.
  • Sindrome da iper-IgD, che nella sua forma più grave si chiama Deficit di mevalonato chinasi, legata a mutazioni del gene MVK sul cromosoma 12. 
  • TRAPS, febbre periodica associata al recettore del Tumor Necrosis Factor, legata a mutazioni del gene TNFRSF1A sul cromosoma 12.

Diversamente dalle suddette, la PFAPA è una condizione benigna, cioè non interferisce con la crescita, tende ad autolimitarsi nel giro di alcuni anni, non determina complicanze a lungo termine ed è la prima causa di febbre periodica nei bambini che vivono in regioni dove non è molto diffusa la Febbre Mediterranea Familiare (in uno studio norvegese condotto su bambini fino ai 5 anni di vita, è stata stimata un’incidenza di due-tre casi l’anno ogni 10.000 bambini).

La PFAPA è una patologia che tipicamente insorge nella prima infanzia: in una popolazione pediatrica internazionale composta da 301 bambini l’età media di esordio è risultata di 1,7 anni; la maggior parte dei casi esordisce entro i primi 5 anni di vita, in rare eccezioni l’esordio può essere tardivo (anche in età adulta) ed è stata notata in diverse popolazioni pediatriche di tutto il mondo una maggiore incidenza nel sesso maschile. Dal 10% fino al 78% dei bambini con PFAPA hanno un familiare con storia di “febbri periodiche”, stomatiti aftose e/o faringotonsilliti ricorrenti o un familiare che è stato sottoposto a tonsillectomia.  

PFAPA: i sintomi

Come già anticipato, per quanto riguarda i sintomi la PFAPA è caratterizzata da episodi febbrili e, soprattutto, dalla regolarità con cui questi si presentano. I segni cardinali che caratterizzano l’episodio febbrile (con rialzi termici in genere oltre i 39°C) sono, in ordine di frequenza, la gola arrossata (faringite), il gonfiore dei linfonodi del collo (linfoadenopatia laterocervicale) e le afte in bocca (stomatite aftosa). Vediamone nel dettaglio alcuni.

Febbre ricorrente

La febbre ricorrente dovuta a PFAPA ha un esordio brusco – in alcuni casi può essere anticipata da stanchezza e/o dolorabilità più o meno diffusa –, tende a raggiungere picchi elevati (fino a 40-41°C) e provocare sofferenza. Risponde più o meno bene ai comuni antipiretici adeguatamente somministrati e dosati, mentre non risponde affatto all’antibioticoterapia. Ha una durata media di quattro giorni, con un intervallo compreso tra uno e 10 giorni, si presenta tutto l’anno, compresi i mesi estivi, e nei momenti in cui scompare il soggetto mostra generalmente un completo benessere. Si tratta di una febbre periodica perché tende a ripresentarsi, in media, ogni quattro settimane (il range può ovviamente variare, di solito è compreso tra una e 12 settimane). Va sottolineato che tra i bambini affetti da PFAPA ognuno ha la propria periodicità e durata degli episodi e, anche in momenti diversi della vita, lo stesso bambino può sperimentare un allungamento o accorciamento degli episodi e/o degli intervalli. Un aspetto abbastanza tipico della PFAPA è la “decapitazione” della febbre in seguito a somministrazione di cortisone a basso dosaggio. Altrettanto tipico è l’accorciamento degli intervalli di benessere in seguito all’utilizzo del cortisone per interrompere l’episodio acuto.

Faringite nei bambini

Nel bambino con PFAPA è abbastanza costante il riscontro di faringe infiammata, con arrossamento alla volta del palato e tonsille gonfie e arrossate. In più, soprattutto negli ultimi giorni di febbre, è possibile che compaiano le cosiddette “placche” (punteggiature biancastre) a livello tonsillare che dipendono dallo stato infiammatorio causato dalla PFAPA.

Le placche in gola quanto durano? Generalmente scompaiono parallelamente alla risoluzione dell’episodio. È bene ricordare che le placche in gola (faringotonsillite essudativa) non si trovano solo nella PFAPA, ma anche nella mononucleosi, nell’infezione da Adenovirus, nella faringotonsillite da Streptococco beta emolitico di gruppo A; solo quest’ultima necessita di terapia antibiotica, per tale motivo è importante far visitare il bambino dal pediatra curante affinché quest’ultimo possa orientarsi in base al quadro clinico sulle scelte più opportune da intraprendere.

Adenite

Il rigonfiamento dei linfonodi sottomandibolari e laterocervicali (in termine medico adenite o linfoadenopatia) tende a essere bilaterale, dolente in modo tollerabile e di diametro inferiore ai 5 cm. Questo segno è indicativo del coinvolgimento del sistema immunitario nella cascata infiammatoria che si è innescata. 

Afte nei bambini

Le afte alla gola sono solitamente delle piccole ulcere superficiali, circolari, di dimensioni inferiori a 5 mm, dolorose, circondate da margini eritematosi; si possono riscontrare afte sia a livello della mucosa interna delle labbra e delle guance sia sulle tonsille. Regrediscono entro un paio di giorni o una settimana al massimo dalla fine della febbre. 

Gli altri sintomi e i periodi intercritici

Come già anticipato, sintomi prodromici agli episodi febbrili sono l’astenia, l’irritabilità e il malessere generale (ogni bambino ha in genere i propri sintomi premonitori); spesso a partire da questi i genitori capiscono che l’episodio febbrile che sta per manifestarsi è un episodio di PFAPA.

Durante l’attacco febbrile ai sintomi tipici possono associarsi dei sintomi e/o segni definiti minori quali dolori addominali e/o articolari, cefalea, diarrea, nausea e/o vomito, mialgie, rash; tra tutti il dolore addominale è il sintomo minore più frequente e si ritiene sia dovuto all’attivazione dei linfonodi dell’intestino durante lo stato infiammatorio. 

Negli intervalli che separano un attacco dall’altro i bambini godono di ottima salute, elemento confermato dall’andamento regolare della crescita nei bambini con PFAPA. 

Come si fa la diagnosi di PFAPA?

La diagnosi di PFAPA si basa sui sintomi e sui segni di cui abbiamo parlato in precedenza. Gli esami di laboratorio possono risultare di supporto, mentre quelli strumentali non hanno alcuna utilità. In casi selezionati (sintomi atipici, provenienza da aree endemiche per FMF) sono indicate le indagini genetiche.

Criteri di Marshall modificati da Thomas per diagnosi di PFAPA

  1. Febbre ricorrente a intervalli regolari ed esordio precoce (<5 anni).
  2. Almeno uno dei seguenti segni (in assenza di infezione delle vie aeree superiori):
    Stomatite aftosa;
    Linfadenite laterocervicale;
    Faringite.
  3. Esclusione di neutropenia ciclica.
  4. Intervalli completamente asintomatici.
  5. Crescita staturo-ponderale e sviluppo psicofisico normali

Fondamentale per porre correttamente la diagnosi e valutare l’effettiva periodicità degli episodi è la redazione di un “diario”: quando nel bambino si verificano febbri ripetute e/o ravvicinate è utile scrivere quanto dura la febbre, che temperatura raggiunge, eventuali antipiretici somministrati e tutti i sintomi lamentati dal piccolo e i segni documentati alla visita dal medico curante, così da arrivare alla visita presso il reumatologo pediatrico con tutti gli elementi necessari per porre la diagnosi. Infatti, pur essendo una diagnosi relativamente comune, è fondamentale escludere delle condizioni che possono mimare la PFAPA (ad esempio la Neutropenia ciclica o le altre sindromi autoinfiammatorie) ed è importante seguirla nel tempo fino a quando gli attacchi non si ripresentano più.

Diario ispirato al "Diario della febbre birichina"
Diario ispirato al “Diario della febbre birichina” di Aurora Pucacco, dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù; nelle note è utile aggiungere l’uso di eventuali farmaci o altri sintomi non presenti nell’elenco

In presenza di una faringo-tonsillite febbrile un esame utile è il tampone faringo-tonsillare, al fine di escludere un’infezione da Streptococco beta-emolitico di gruppo A. 

PFAPA: come si cura?

Il trattamento della PFAPA che si consiglia è di natura sintomatica, cioè orientato ad alleviare i fastidi che prova il bambino. 

In primo luogo, se il piccolo è particolarmente abbattuto durante la febbre è utile somministrargli un farmaco antipiretico, sempre previa prescrizione da parte del medico curante. Il primo antipiretico che si consiglia in tutte le febbri dei bambini al di sopra dei 38°C è il paracetamolo, che deve essere sempre correttamente dosato in base alla via scelta per la somministrazione (15 mg/kg/dose per bocca, 20 mg/kg/dose per via rettale) e con intervalli di almeno quattro-sei ore tra una somministrazione e l’altra (max 60 mg/kg in 24 ore, quindi massimo quattro somministrazioni per bocca e tre per via rettale).

Nel caso della PFAPA può risultare più efficace l’ibuprofene, perché oltre a ridurre la febbre ha anche effetto sulla cascata dell’infiammazione; in questo caso il dosaggio è di 10 mg/kg/dose e l’intervallo da rispettare tra le somministrazioni è di almeno sei-otto ore (non eccedere la dose giornaliera di 40 mg/kg e la quantità complessiva di 1.200 mg al giorno). 

Come per tutte le febbri dei bambini, anche nella PFAPA è fortemente sconsigliato l’acido acetilsalicilico per la scarsa efficacia e i possibili effetti collaterali.  

Dopo opportuna valutazione da parte del proprio medico curante, e soprattutto del reumatologo pediatra, può risultare utile somministrare una dose di cortisone per interrompere l’episodio febbrile, a una posologia abbastanza contenuta (betametasone 0,05 mg/kg/dose – 0,1 mg/kg/dose oppure prednisone a 1 mg/kg), tenendo presente che a fronte del beneficio dell’interruzione dell’episodio se ne ripresenterà uno successivo a distanza più ravvicinata.Mai somministrare di propria iniziativa cortisone durante la febbre se prima non si ha chiara la diagnosi.

Nel caso di intervalli tra gli episodi inferiori ai 21 giorni andrà discussa con il reumatologo pediatra l’eventuale profilassi con colchicina (che è il farmaco di prima scelta nei pazienti con Febbre Mediterranea Familiare).
Da studi preliminari sono emersi discreti risultati dalla profilassi ciclica con il probiotico orale Streptococcus Salivarius K12 per 90 giorni consecutivi, tuttavia non ci sono ancora evidenze definitive in merito.

Come ultima spiaggia, nel caso di fallimento delle precedenti soluzioni e di scarsa qualità della vita del bambino e della sua famiglia, si può valutare l’asportazione chirurgica delle tonsille (tonsillectomia) che è risolutiva nell’80-90% dei casi. Bisogna però ricordare che la PFAPA tende a regredire in tre-cinque anni (al massimo entro l’adolescenza) e che dopo la tonsillectomia possono persistere sia le stomatiti aftose che la linfoadenopatia laterocervicale senza febbre. In caso di persistenza della febbre nonostante tonsillectomia andrà rivalutata la diagnosi con lo specialista reumatologo ed eseguiti approfondimenti genetici.  

PFAPA: si può andare a scuola?

Non essendo affetto da una patologia infettiva, teoricamente il bambino che ha un attacco di PFAPA può andare a scuola, in quanto non arreca alcun danno ai compagni di classe e non avrebbe nemmeno una maggiore suscettibilità nei confronti di altre patologie infettive. Chiaramente, se il piccolo è particolarmente abbattuto per la febbre può risultare difficile pensare di farlo uscire da casa ma, d’accordo con il medico curante, si può adottare uno schema fisso di somministrazione dell’ibuprofene ogni otto ore, così da farlo partecipare attivamente alle attività di classe. 

In caso di episodi importanti che ostacolino la frequenza scolastica, è bene organizzarsi con l’insegnante affinché le assenze periodiche non incidano sulle possibilità di apprendimento. 

Considerata l’attuale pandemia da COVID-19, per le raccomandazioni specifiche è bene consultare il documento redatto dal Gruppo di studio di Reumatologia della Società Italiana di Pediatria. [1]

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Anna Maria Bagnato

calabrese di nascita, ha studiato a Messina, dove si laurea in Medicina e si specializza in Pediatria, approfondendo in particolare i campi della Neonatologia e delle emergenze pediatriche. Il percorso di specializzazione la porta anche a frequentare la Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale “Buzzi” di Milano e il Pronto Soccorso Pediatrico dell’IRCSS “Burlo Garofolo” di Trieste. Dal 2019 scrive per Uppa.

Note
[1] Società Italiana di Pediatria COVID-19, sindromi autoinfiammatorie, e frequenza scolastica «printo.it», 15 settembre 2020
Bibliografia
  • PReS, Febbre Periodica con Aftosi, Adenite e Faringite (PFAPA), «printo.it», 2016.
  • AA.VV., Syndrome of periodic fever, pharyngitis and aphthous stomatitis, «J Pediatr.», gennaio 1987; 110: 43-6.
  • Forsvoll J., Kristoffersen E.K., Oymar K., Incidence, clinical characteristics and outcome in Norwegian children with periodic fever, aphthous stomatitis, pharyngitis and cervical adenitis syndrome; a population-based study, «Acta Paediatr», 2013 102(2):187–192.
  • AA.VV., A comprehensive comparison between pediatric and adult patients with periodic fever, aphthous stomatitis, pharyngitis, and cervical adenopathy (PFAPA) syndrome, «Clin Rheumatol.» 2017;36(2):463-468.
  • AA.VV., Treatment options for periodic fever, aphthous stomatitis, pharyngitis, and cervical adenitis (PFAPA) syndrome in children and adults: a narrative review, «Clin Rheumatol.», 2019;38(1):11-17.
Articolo pubblicato il 08/10/2021 e aggiornato il 01/02/2024
Immagine in apertura Wavebreakmedia / iStock

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