Il piede piatto è tipico nei primi anni di vita del bambino, quando l’arco della pianta del piede è poco formato o assente. È flessibile, non provoca dolore e non comporta problemi nei movimenti, perciò è un piede fisiologico, cioè normale. Lo osserviamo in quasi tutti i bambini da zero a due anni (97%) e si riduce progressivamente con l’aumentare dell’età, fino a circa il 50% a tre anni, il 25% a sei anni, e a dieci anni solo pochi bambini ce l’hanno ancora. Si definisce quindi piede piatto flessibile, idiopatico, perché non se ne conosce una causa specifica, ma è probabilmente la conseguenza dell’interazione tra i molteplici fattori che contribuiscono a formare l’arco plantare.
Ci si accorge del piede piatto quando il bambino, attorno all’anno di età, arrampicandosi alla sponda del lettino o a una sedia, riesce a mettersi in piedi: sotto il peso del corpo i piedini si appiattiscono e i talloni si inclinano verso l’interno, perché le ossa e le articolazioni a quell’età sono flessibili e i muscoli sono poco sviluppati. Inoltre, un cuscinetto di grasso nel bordo interno del piede contribuisce a nascondere l’arco plantare. Questo aspetto dei piedi, fisiologico fino ai tre anni di età, è causa frequente di preoccupazione nei genitori che richiedono addirittura una visita ortopedica: troppo spesso questa si conclude con l’inutile prescrizione di un plantare o di scarpe ortopediche, con il proposito, senza alcun fondamento, di dare la giusta forma al piede. Il 90% dei casi di piede piatto viene quindi trattato senza che sia necessario.
Guardiamo per esempio cosa accade ai piedi del bambino quando, spinto dal desiderio di prendere qualcosa che ha notato sopra il tavolo, prova a sollevarsi sulle punte. I muscoli, che dal tallone vanno alla base dell’alluce, si tendono come la corda di un arco, e danno forma alla pianta del piedino. I calcagni invece, che erano inclinati verso l’interno, si allineano con le gambe lasciando che l’arco plantare prenda forma. Si tratta del tipico comportamento di un piede piatto fisiologico, e del suo sviluppo. Non serve un plantare, né tanto meno scarpe ortopediche.
Solo in rari casi il piede piatto può diventare doloroso o rigido, ossia se alla base c’è una patologia del piede: ad esempio un’infiammazione, un’anomalia della forma o dei rapporti tra le ossa che lo compongono. Non possiamo prevedere a quali bambini potrà accadere e non esistono prove che sia possibile prevenire quest’evoluzione patologica usando precocemente plantari, inserti, scarpe ortopediche o rinforzi. Le evidenze scientifiche attuali ci suggeriscono che il modo più sicuro e appropriato di seguire i bambini con i piedi piatti, che non provano dolore o difficoltà a camminare, è semplicemente osservarli nel tempo. Dolore e difficoltà nel movimento sono campanelli d’allarme che i genitori stessi devono segnalare al pediatra.
Il piede piatto si diagnostica attraverso l’esame clinico, valutando il bambino sia in posizione eretta sia seduta. Il pediatra lo guarda mentre sta in piedi, fermo, e mentre cammina, per valutare l’aspetto dell’arco plantare (normale, insufficiente o assente) e del calcagno rispetto alla gamba (in linea o valgo). In seguito, di solito, può rassicurare i genitori mostrando loro che il piede piatto si evidenzia in posizione eretta, sotto il peso del corpo, ed è reversibile nel momento in cui il bambino si mette in punta di piedi.
Nel corso delle visite periodiche, però, se è comparso dolore, se il piede piatto è rigido e non regredisce sulle punte, se è peggiorato, o se dopo gli otto anni non c’è segno di miglioramento, sarà opportuna una visita ortopedica per formulare una diagnosi e impostare la terapia necessaria, dal sostegno plantare alla fisioterapia, fino all’intervento chirurgico. In tutti gli altri casi di piede piatto flessibile asintomatico, senza dolore, bisogna solo aspettare e vigilare, dando a tutti i bambini, ogni giorno e a ogni età, a casa, a scuola o all’aperto, la possibilità di muoversi liberamente, meglio se a piedi nudi o con calzature morbide.
Per valutare l’evoluzione del piede piatto nel tempo può essere utile visualizzare l’immagine dell’impronta del piede su carta copiativa, o al podoscopio, e confrontarla con le immagini delle valutazioni successive: il piede normale poggia sul suolo con la porzione anteriore, laterale e posteriore della pianta, mentre la superficie interna del piede non poggia a terra perché è a forma di arco; il piede piatto invece appoggia a terra con tutta o gran parte della sua superficie plantare. Nel corso della visita è molto importante anche controllare se il bambino ha un’iperlassità dei legamenti con aumentata mobilità delle articolazioni, fattore di rischio per la comparsa di dolore nel piede piatto.
In questo articolo parliamo invece di un’altra deformità, congenita e tra le più comuni degli arti inferiori: il piede torto.
Il piede piatto è più frequente nei maschi e nei primi anni di vita, e alcuni fattori possono predisporre al suo sviluppo e alla sua persistenza. In particolare, tra tre e sei anni, influisce un’aumentata lassità delle articolazioni e l’abitudine a sedere in posizione a “ranocchia” o “W”, e anche l’obesità, che rimane un fattore di rischio di persistenza del piede piatto. Tutti questi fattori, assieme a una storia familiare di piede dolente e di utilizzo di calzature speciali devono essere di ulteriore stimolo all’accurata sorveglianza dello sviluppo del bambino.
L’arco plantare:
pediatra, è nata in Ancona nel 1957. Lavora a Roma come Pediatra di Famiglia ed è membro dell’Associazione Culturale Pediatri. Si occupa di appropriatezza dei comportamenti in medicina e del rispetto dei diritti di bambini e adolescenti. Ama il mare, vivere a contatto con gli animali, andare in barca a vela e in bicicletta.