Il bambino, già nell’utero materno, ha avuto modo di sentire la voce della madre e, una volta nato, può potenzialmente discriminare i fonemi di tutte le lingue. Questa capacità, però, si perde entro il primo anno di vita. Inoltre, una lingua viene “rappresentata” nel cervello come ulteriore lingua materna solo se appresa prima dei 3 anni.
Se si vuole crescere un bambino bilingue o plurilingue è quindi preferibile proporgli più lingue fin dalla nascita. Questo perché, come riteneva Maria Montessori, nel periodo 0-3 anni la mente del bambino è una “mente assorbente inconscia”, in grado cioè di assimilare tutto ciò che gli arriva dall’ambiente esterno senza sforzo e in maniera involontaria.
Alcuni consigli per stimolare l’apprendimento della lingua madre sono stati ben esposti in un articolo dalla pedagogista montessoriana Annalisa Perino.
I principi alla base del plurilinguismo sono gli stessi su cui si fonda l’acquisizione della prima lingua. Talvolta si pensa che apprendere un’altra lingua richieda necessariamente strategie e metodi innovativi e all’avanguardia, ma non è così: se il bambino viene esposto alla seconda o terza lingua fin dalla più tenera età, per apprenderla attiverà gli stessi meccanismi di acquisizione che si attivano per l’apprendimento della lingua madre.
Studi recenti hanno inoltre dimostrato che nella fascia d’età 0-6 anni ci si “impadronisce” facilmente dei suoni di qualsiasi lingua. Dopo quest’arco di tempo è certamente possibile acquisire una pronuncia corretta, ma diventa sempre più complesso a mano a mano che si avanza con l’età.
Gli adulti, quindi, dovranno parlare al bambino bene e tanto affinché egli possa apprendere correttamente le lingue a cui è esposto. Vediamo qualche consiglio pratico basato sulle caratteristiche del metodo Montessori.
È molto utile accompagnare la routine giornaliera del bambino con la narrazione di quanto sta avvenendo intorno a lui. Al momento del pasto – sia esso colazione, pranzo, cena o merenda – la mamma può descrivere i cibi utilizzando una lingua e il papà un’altra. Oppure potranno decidere di parlare tutti quanti l’inglese a pranzo, ad esempio, e l’italiano a cena.
Il momento del “cambio pannolino” può diventare l’occasione non solo per descrivere al bambino quello che la mamma o il papà stanno facendo, ma anche per favorire l’apprendimento di nuove parole legate al corpo.
Nelle famiglie monolingui ogni oggetto ha un suo nome. Nelle famiglie bilingui o trilingui, ogni oggetto ha più nomi. In questo caso la mamma o il papà possono presentare al bambino alcuni oggetti in italiano, e il giorno successivo presentare gli stessi oggetti nell’altra lingua. Le nomenclature saranno quindi plurilingue.
L’adulto deve aver cura di dire solo il nome dell’oggetto, scandendo bene la parola e senza utilizzare articoli o aggettivi che accompagnino la presentazione. Diranno, ad esempio, «ball», e mostreranno l’oggetto. In questo modo il bambino collegherà chiaramente l’oggetto al suono. Al momento di nominare le cose, l’adulto deve avere stabilito con esattezza quale lingua vuole adoperare.
Con un bambino di 8-9 mesi gli oggetti da presentare saranno pochi: tre o quattro alla volta, e la sequenza si può ripetere nei giorni successivi. In genere, intorno ai 2 anni, i bambini saranno in grado di appaiare l’oggetto alla relativa nomenclatura, pronunciando il nome corrispondente.
Dai 18 mesi circa, e in modo diverso a seconda della maturità del bambino nella comprensione, è possibile ripercorrere la giornata insieme a mamma e papà utilizzando lingue diverse. Il racconto, per quanto breve, aiuterà il bambino a rielaborare gli eventi del giorno appena trascorso. I discorsi e le frasi dovranno essere chiari, semplici e lineari, e i termini usati dagli adulti saranno sempre specifici e scientifici: dire «dog», «bau» o «german shepherd» non è la stessa cosa, e definire anche la razza del cane darà al bambino un’informazione ancora più accurata e dettagliata.
È inoltre necessario stabilire dall’inizio la lingua in cui si parla al bambino ed evitare mescolamenti: si comincia e si termina con la stessa lingua.
Quando il bambino sarà in grado di ripetere le nostre parole, è opportuno non correggere la pronuncia, ma limitarsi a ridire correttamente la parola in questione, senza pretendere che il piccolo la pronunci ancora una volta. Sarà l’ascolto ripetuto a consolidare l’apprendimento.
I bambini non diventano parlanti bilingui immediatamente, hanno prima bisogno di molto ascolto per sviluppare una certa sensibilità uditiva. È fondamentale non forzare, ma avere fiducia e lasciare che sia il bambino a decidere di esprimersi, quando sarà il momento.
È consigliato avere una ricca biblioteca bilingue o plurilingue, dove il bambino possa trovare le “storie della buonanotte” e tanti racconti da leggere insieme a mamma e papà. Sarebbe opportuno disporre di due (o più) versioni di una stessa storia, una per ogni lingua a cui il piccolo è esposto: in questo modo egli ritroverà le parole di un racconto amato in tutte le “sue” lingue.
Se una delle lingue è l’inglese, si potrebbe iniziare con i libri di Eric Carle. Sono molto amati dai bambini, e sono disponibili anche nella traduzione italiana.
Ascoltare le canzoni in lingue diverse permette al bambino di sviluppare e ampliare il proprio repertorio sonoro, e contemporaneamente il proprio vocabolario, garantendo un utile esercizio di consolidamento lessicale. Ogni lingua dispone di una vasta gamma di canzoni, filastrocche, ninne nanne adatte a essere mimate e accompagnate dalla danza. L’ascolto di canzoni con caratteristiche sonore differenti rientra in quell’“educazione all’ascolto” propedeutica alla vera e propria educazione musicale proposta da Maria Montessori.