La pressione in gravidanza, per effetto degli ormoni e dell’incremento del volume sanguigno, tende fisiologicamente a diminuire fino alla metà del secondo trimestre, per poi riprendere ad aumentare e tornare ai valori precedenti alla gestazione. Ovviamente questa non è una regola universale e valida per tutte le gestanti, ricordiamoci infatti che ogni donna è a sé e presenta delle caratteristiche fisiche specifiche.
Le patologie legate alla pressione in gravidanza rappresentano tuttavia un problema di salute sia per le donne sia per i neonati. Per tale motivo il monitoraggio, soprattutto nelle future mamme che presentano fattori di rischio, è un’azione di prevenzione fondamentale.
La pressione sanguigna è un indice di valutazione del benessere materno-fetale ed è importante saper distinguere una pressione alta e una pressione bassa in gravidanza per prevenire, senza allarmismi, potenziali complicanze.
Rispetto alla pressione alta, la pressione bassa in gravidanza è una condizione che, nella maggior parte dei casi, risulta poco pericolosa per la salute della donna e del bambino. Tuttavia, valori pressori bassi possono comportare disturbi fin dalle prime settimane e causare sintomi che compromettono la qualità di vita della donna.
Ma quali sono le cause della pressione bassa nella donna in gravidanza? Nel primo e nel secondo trimestre, è causata dalla variazione dei livelli ormonali (in particolare del progesterone) e dall’aumento del volume sanguigno. Secondo le linee guida dell’American Heart Association, la diagnosi di pressione bassa in gravidanza viene fatta con valori inferiori ai 90 (pressione sistolica) su 60 (pressione diastolica).
I sintomi della pressione bassa in gravidanza sono equiparabili a quelli presenti in tutta la popolazione generale che soffre di ipotensione:
Lo svenimento in particolare è un potenziale pericolo per la donna in gravidanza poiché può causare cadute e, se frequente, può creare disturbi nello scambio di ossigeno tra la madre e il feto. Per questo motivo è importante sapere cosa fare nel caso di pressione bassa in gravidanza, e attuare dei piccoli accorgimenti nel momento in cui compaiono i primi sintomi, ovvero:
Generalmente non vengono raccomandati trattamenti farmacologici specifici per la pressione bassa in gravidanza, ma esistono dei rimedi che possono aiutare ad affrontare meglio i disturbi. Tra questi il riposo, un’alimentazione sana e variegata con pasti piccoli e frequenti e una buona idratazione.
Sebbene la pressione bassa rappresenti un disturbo comune in gravidanza e tendenzialmente non allarmante, è raccomandabile parlarne con il proprio medico, soprattutto se i sintomi compaiono all’improvviso e in forma acuta, per escludere altre cause non legate strettamente alla gravidanza, come anemia, problemi legati alla tiroide in gravidanza, reazioni allergiche, patologie di tipo cardiaco.
Per definire la pressione alta, o ipertensione, in gravidanza si utilizza, secondo le linee guida nazionali e internazionali, il valore soglia di pressione massima sistolica/diastolica di 140/90 mmHg. La diagnosi di ipertensione in gravidanza viene posta dopo non meno di due rilevazioni allo stesso braccio, a distanza di almeno 15 minuti l’una dall’altra, con successiva conferma attraverso una nuova misurazione a distanza di quattro-sei ore, in un contesto ambulatoriale o ospedaliero.
In Italia circa una gravidanza su 10 è complicata dalla presenza di pressione arteriosa alta, pre-esistente o comparsa entro le 20 settimane gestazionali (ipertensione cronica) oppure successivamente (ipertensione gestazionale). Per questo l’ipertensione è una delle condizioni da prevenire e monitorare con maggior cura nella donna in gravidanza.
È fondamentale saper individuare l’insorgenza della patologia per evitare complicanze come la preeclampsia, nota anche come gestosi, presente nel 5% delle gravidanze. La preeclampsia è caratterizzata da ipertensione, presenza di proteine nelle urine e altre possibili complicanze che riguardano la coagulazione, il sistema nervoso, e non solo.
I sintomi legati alla pressione alta in gravidanza non sono sempre evidenti fin dall’esordio, ma possono comparire gradualmente. Tra questi i più comuni sono:
Alcuni fattori di rischio possono aumentare le probabilità di innalzamento della pressione durante il terzo trimestre della gravidanza, ossia:
Per le donne con ipertensione cronica in gravidanza si applicano le stesse raccomandazioni sulla dieta e lo stile di vita delle donne non in gravidanza, e nei casi che lo richiedono si prosegue con la terapia di tipo farmacologico anti-ipertensivo effettuata in precedenza. La scelta dei farmaci, però, è personalizzata in quanto deve tenere conto dei potenziali effetti collaterali sul feto e delle modificazioni dei valori pressori dovuti ai cambiamenti ormonali.
Secondo le linee guida, alle donne in gravidanza con ipertensione cronica devono essere forniti consigli sulla gestione del peso corporeo, in merito all’esercizio fisico, a una sana alimentazione e alla riduzione del consumo di sale. Per le donne con ipertensione gravidica comparsa dopo le 20 settimane, il trattamento richiede invece un monitoraggio regolare per garantire il controllo dei valori pressori ed evitare la progressione verso la preeclampsia.
Nel caso dell’ipertensione gravidica è fondamentale valutare la gravità del quadro e gli approfondimenti da effettuare. A volte è infatti necessario intervenire tempestivamente con una terapia farmacologica, effettuare un ricovero ospedaliero per osservare l’andamento dei valori e impostare un corretto monitoraggio, o, nei casi più gravi, anticipare il parto.
La misurazione della pressione arteriosa è un controllo importante nella donna in età fertile già alla prima diagnosi di gravidanza e viene effettuata dal professionista che si prende carico dell’assistenza della gestante e del bambino.
Secondo l’agenda della gravidanza, pubblicata dal Ministero della Salute, la prima visita con il medico o l’ostetrica dovrebbe essere effettuata entro le prime 10 settimane, momento in cui viene monitorato il primo valore della pressione arteriosa. A partire da questo incontro verrà poi stabilito quando e come misurare la pressione in gravidanza, in base alla storia clinica di ogni donna. In una gravidanza fisiologica, che non presenta fattori di rischio, la pressione arteriosa viene monitorata dal professionista della salute durante i controlli prefissati secondo l’agenda della gravidanza.
I valori normali della pressione sanguigna in gravidanza sono equiparabili ai valori raccomandati per la popolazione generale, pur tenendo conto delle oscillazioni fisiologiche ormonali legate alla condizione gravidica. Secondo la classificazione riportata nelle Linee guida 2018 dell’European Society of Cardiology e dell’European Society of Hypertension, si definisce ottimale, nella popolazione generale, una pressione sistolica inferiore a 120 mmHg e una pressione diastolica inferiore a 80 mmHg.
Al di sopra dei 140 mmHg di massima e/o dei 90 mmHg di minima si parla di pressione alta o ipertensione. Si parla invece di pressione bassa o ipotensione nel caso di pressione sistolica a riposo inferiore a 90 mmHg e/o diastolica inferiore a 60 mmHg.
È importante sapere che la postura influenza i valori della pressione in gravidanza. Quando la donna è in posizione supina (a pancia in su), l’utero preme sulla vena posta dietro la cavità addominale e questo può comportare un abbassamento della pressione, fino a una reazione vagale (sindrome che riguarda il nervo vago). Per questo motivo il monitoraggio della pressione, quando indicato dal professionista che segue la gravidanza, andrebbe eseguito sempre nella stessa posizione (seduta o eventualmente distesa sul fianco), possibilmente alla stessa ora e in una condizione di riposo.
Per inquadrare correttamente le donne con ipertensione non severa, sia cronica sia gestazionale, è utile ripetere la rilevazione della pressione sanguigna per escludere i casi di “effetto ipertensivo transitorio”, insorto a causa di fattori ambientali, e i casi del cosiddetto “effetto ipertensivo da camice bianco”, secondo cui alcune persone presenterebbero valori pressori più alti nell’ambiente ospedaliero o ambulatoriale, in presenza di personale sanitario.
Ecco alcune indicazioni per misurare correttamente la pressione sanguigna a domicilio:
Durante i controlli e le visite ostetriche, le donne chiedono spesso quando preoccuparsi e cosa fare in caso di pressione alta o bassa in gravidanza. La risposta non è unica e cambia in base alla situazione e al contesto.
Un singolo valore di pressione alta o bassa non può rappresentare di per sé una diagnosi ed è importante non allarmarsi proprio per non influenzare quest’ultima. È indicato misurare la pressione in una condizione di riposo, come già detto, e seguire i consigli per un monitoraggio ottimale, ripetendo la rilevazione dopo circa 15 minuti. Se la pressione sanguigna risulta nuovamente al di fuori dei valori normali è importante valutare se alcune condizioni particolari possono aver alterato la misurazione: attività fisica recente, strumento di misurazione non adeguato, disidratazione, digiuno. Il confronto con il proprio medico o con l’ostetrica che segue la gravidanza permette di valutare la situazione nel suo insieme.
Nella maggior parte dei casi, attraverso piccoli consigli e chiare indicazioni la pressione rientra nei valori ottimali. Se questo non accade sarà compito del medico fornire raccomandazioni sui controlli da effettuare, come eventuali esami del sangue di approfondimento o consulenze specifiche, e sul monitoraggio della pressione da intraprendere a partire da quel momento. Il monitoraggio della pressione in gravidanza, quindi, non deve rappresentare un motivo di ansia per la donna, ma deve essere effettuato nelle modalità e nei tempi stabiliti fin dalla prima visita in gravidanza, attraverso informazioni rassicuranti ed esaustive. Avere chiarezza e consapevolezza sulla fisiologia dei cambiamenti dei valori della pressione sanguigna lungo i tre trimestri della gravidanza è fondamentale per fare prevenzione e per garantire la sicurezza in tema di salute per la donna e per il suo bambino.
Ostetrica e giornalista scientifica, lavora attualmente nella Sala Parto dell’Ospedale Santi Giovanni e Paolo di Venezia, dove si occupa dell’assistenza al travaglio e al parto fisiologici e dell’assistenza neonatale e nel puerperio.