Introduciamo il tema della vista dei neonati con un esempio. Michela ha pochi giorni, fissa con gli occhi spalancati la mamma che la sta allattando. La nonna le accompagna alla prima visita dal pediatra e osserva: «Sembra che ci veda! Forse è attratta dai colori della camicia?». Poi la signora si sofferma un attimo a pensare, e formula un’altra domanda: «Dottore, ma esattamente, quando iniziano a vedere i neonati?»
La percezione che i neonati siano ancora “incompetenti” in molte funzioni è molto diffusa, e la vista è certamente una di queste. Cerchiamo allora di fare chiarezza sull’argomento partendo dalla domanda più semplice e immediata che potremmo farci: davvero i neonati vedono?
Prima di capire esattamente quando, i neonati, iniziano a vedere, sarà bene fare una rapida panoramica su come funziona la nostra vista.
L’apparato visivo è composto principalmente dai due globi oculari, dalle fibre nervose che attraversano il cervello e dalla corteccia occipitale, ovvero la zona del cervello dove arrivano gli stimoli visivi. Lungo questo percorso, le fibre nervose fanno tappa in particolari strutture del cervello dove si integrano con vie nervose che regolano altre funzioni (ad esempio quelle dell’olfatto, della memoria, della postura), permettendo così di “coordinare” informazioni che provengono dai diversi organi di senso. Vi è mai capitato di vedere una rosa in lontananza, avere percezione del suo profumo e, contemporaneamente, di ricordare un episodio preciso della vostra vita passata? È proprio grazie a queste connessioni nervose che riusciamo in un istante a rievocare determinate sensazioni. Ma torniamo alla vista dei neonati…
Dunque, i neonati quando iniziano a vedere? L’apparato della vista si sviluppa durante la vita fetale e al termine della gravidanza è abbastanza maturo per cominciare a svolgere le sue funzioni. I neonati vedono, dunque, eccome: riescono a mettere a fuoco meglio a una distanza di circa 20-25 cm e possono vedere a una distanza di 6 metri ciò che un occhio adulto vede a 75 metri di distanza.
Vi siete mai accorti, ad esempio, cosa accade ai neonati quando vedono il volto della loro mamma? Ci si soffermano a lungo e lo preferiscono al volto di un’estranea, e ciò può accadere già dodici ore dopo la nascita. Offrire i propri occhi allo sguardo del bambino appena nato, spostando di tanto in tanto il viso da una parte all’altra, contribuisce a rafforzare le sue capacità di attenzione e ad allenare quei muscoli che servono a far muovere i globi oculari in tutte le direzioni.
La nonna di Michela ha capito dunque come funziona la vista dei neonati, ma ha subito pronta un’altra domanda: «Riusciva a vedere qualcosa anche quando era nella pancia?».
Le palpebre si formano intorno alla decima settimana di gestazione e rimangono chiuse fino alla ventiseiesima settimana. A questa età, un nato pretermine è in grado di rispondere a stimoli luminosi; a 28-29 settimane di contrarre le pupille in risposta alla luce; a 30-31 di fissare un grande oggetto a circa 20-25 cm di distanza;a 31-32 di seguire grossolanamente un oggetto in movimento. A 34 settimane di gestazione, il feto è in grado di percepire il colore rosso dei vasi sanguigni ricchi di ossigeno della placenta (forse è per questo che il neonato, quando vede degli oggetti rossi nelle prime settimane di vita, ne è molto attratto).
Già dopo il secondo mese di vita i neonati sono in grado di discriminare tra alcuni colori perché i recettori dell’occhio (i coni) maturano proprio intorno a quell’età; ma diventeranno esperti nella distinzione dei colori solo verso i 3-4 anni.
Dall’età di 3 mesi, poi, i bambini accoppiano le voci ai volti distinguendo tra volti maschili e femminili e anche tra volti del proprio gruppo etnico e quelli di altri. A partire da questa età, sono anche curiosissimi di vedere da vicino gli oggetti che li circondano: è per questo che non vogliono stare sdraiati, ma chiedono di essere presi in braccio e portati in giro.
«È normale che un occhio ogni tanto sia rivolto verso l’interno?», chiede la nonna. È un’osservazione molto comune. Infatti, i muscoli che fanno spostare gli occhi in tutte le direzioni nei primi mesi di vita di tanto in tanto possono avere momenti di “cedimento”, per cui un occhio può deviare. Solo se la deviazione persiste dopo i 4-5 mesi il pediatra valuterà se è il caso di consultare uno specialista.
Alla nascita, per una prima valutazione della vista dei neonati, i pediatri controllano la presenza del “riflesso rosso” in entrambi gli occhi: questo esame tende a escludere che ci siano patologie dell’occhio, le quali non permetterebbero di evidenziare il rosso della retina; qualora questo si verificasse, bisognerebbe approfondire al più presto la situazione.
Col passare dei giorni i genitori osserveranno che il bambino, quando ben contenuto e stabile, punta spesso lo sguardo sul loro volto o su oggetti che si muovono lentamente a 25-30 cm di distanza, seguendoli da una parte all’altra del campo visivo. Dopo il secondo mese di vita, ciò accade anche quando il piccolo non è contenuto e stabilizzato e fino a una distanza di circa un metro. Col passare dei mesi, poi, migliorerà anche la “visione stereoscopica”, cioè la capacità di mettere a fuoco un oggetto contemporaneamente con entrambi gli occhi.
In alcune situazioni può succedere che un occhio possa diventare “pigro” (in termini medici si chiama ambliopia), per cui all’area visiva del cervello arriveranno solo gli stimoli che provengono dall’occhio sano (la parte che riceve stimoli dall’occhio pigro non si svilupperà allo stesso modo). Dal momento che il bambino compenserà con l’occhio sano il difetto dell’altro occhio – e dunque non sempre manifesterà in modo evidente dei problemi – bisognerebbe accorgersene entro i primi anni di vita. Sarà il pediatra, durante i bilanci di salute del secondo e terzo anno di vita, a indagare sulla presenza o meno dell’occhio pigro, attraverso l’uso di cartoline con immagini in rilievo che possono essere viste solo da chi non ha questo disturbo.
Nei casi di ambliopia accertata, lo specialista prescriverà bendaggi dell’occhio sano o l’uso di lenti particolari, in modo da far lavorare maggiormente l’occhio pigro e far sì che recuperi il terreno perduto. Prima sarà fatta la diagnosi e minore sarà la necessità di terapie; se la diagnosi è tardiva (dopo i 6 anni), la probabilità di recuperare completamente la funzione dell’occhio pigro è bassa.
«E il bellissimo colore degli occhi di Michela?», chiede la nonna. Il colore dell’iride cambia man mano che i bambini crescono, per stabilizzarsi dopo il quarto mese.
«Io e mio marito siamo entrambi miopi. Cosa possiamo fare per evitare che anche Michela lo diventi?», domanda infine la mamma.
Molti bambini nell’età prescolare sono ipermetropi, non riescono cioè a vedere bene da vicino come vedono da lontano. In questi casi, spesso non c’è nemmeno bisogno degli occhiali, perché l’ipermetropia si corregge spontaneamente crescendo. Lo stesso non avviene, purtroppo, per il difetto opposto, ovvero la miopia. Evidenze scientifiche sembrano però dimostrare che i bambini che hanno genitori miopi sviluppano meno facilmente questo difetto se trascorrono molto tempo all’aria aperta, allenandosi a guardare più in là che tra le ristrette mura di casa: ebbene sì, portare i bambini fuori il più spesso possibile fa bene anche alla loro vista!
pediatra, è responsabile del gruppo nutrizione dell’Associazione Culturale Pediatri e fondatore dei “No Grazie”. È tutor e valutatore per l’iniziativa “Insieme per l’allattamento” dell’UNICEF. È stato direttore di Uppa magazine tra il 2016 e il 2021, è autore di oltre duecento pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali e internazionali e membro del comitato editoriale di «Quaderni ACP».