L’assunzione di arsenico attraverso il cibo, in particolare il riso, il cereale più contaminato da questo metallo, può essere, nei primi anni di vita, superiore ai livelli suggeriti dall’EFSA (European Food Safety Autority) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. In questo articolo affrontiamo la questione, riprendendo anche uno studio pubblicato recentemente sulla rivista scientifica «JAMA Pediatrics» e proponendo alcuni consigli utili.
L’arsenico è presente in bassa concentrazione nelle rocce, nel suolo e nell’acqua. Attraverso le emissioni industriali (estrazione, fusione di metalli e/o combustione di fossili non ferrosi) e il suo utilizzo come componente di fertilizzanti, preservanti del legno, insetticidi o erbicidi, l’essere umano ha contribuito ad aumentare i livelli di questa sostanza nell’ambiente. L’arsenico esiste in forma organica e inorganica: la prima non è tossica, al contrario della seconda, classificata dallo IARC (International Agency for Research on Cancer) come pericolosa e cancerogena.
L’arsenico si accumula particolarmente nel riso (dove la quota inorganica può raggiungere anche il 90% del totale della sostanza presente nell’alimento), e ciò avviene sia perché questo cereale viene coltivato in terreni allagati, ed è dunque esposto all’arsenico contenuto nell’acqua e nella terra, sia per la particolare fisiologia della pianta, in grado di estrarre la sostanza dall’ambiente per poi accumularla in grande quantità nello strato esterno dei suoi chicchi.
Secondo l’EFSA, chi consuma grandi quantità di riso è più esposto all’assunzione di arsenico tramite la dieta, e si stima che in genere i bambini con meno di 3 anni assumano circa due-tre volte la quantità di arsenico degli adulti proprio per il consumo frequente di prodotti contenenti questo alimento. A tal proposito, uno studio pubblicato nel 2016 su «JAMA Pediatrics» ha evidenziato che i bambini che mangiano riso (o cibi che ne contengono) hanno livelli di arsenico urinario maggiori rispetto a quelli che non ne mangiano. Negli USA, la FDA (Food and Drug Administrations) ha di conseguenza raccomandato ai genitori di far seguire ai propri figli una dieta varia e bilanciata, suggerendo anche altri cereali come possibili scelte nella dieta dei piccoli.
Anche la Commissione apposita dell’Unione Europea ha recentemente introdotto nuove regole: dal primo gennaio 2016 sono entrati in vigore i nuovi limiti massimi di arsenico inorganico consentiti nei diversi tipi di riso e nei suoi derivati (riso soffiato, gallette, cialde, cracker e latte di riso).
La prima cosa importante è mantenere una visione equilibrata e consapevole del fatto che il riso è un alimento molto importante per la dieta di gran parte della popolazione mondiale e che può quindi essere consumato regolarmente. Per limitare il più possibile l’assunzione di arsenico basterà seguire dei piccoli accorgimenti.
Si potrebbe innanzitutto intervenire “a monte”, ovvero a livello ambientale, migliorando le tecniche di coltivazione: controllo della qualità delle acque che irrigano le risaie, dei sistemi di irrigazione e dei pozzi, della qualità del terreno, della contaminazione ambientale da fitofarmaci o pesticidi; passaggio alla concimazione con silicio, elemento “antagonista” per l’arsenico.
A livello familiare è invece fondamentale, come già accennato, seguire una dieta varia e bilanciata, evitando l’alimentazione esclusiva a base di riso e derivati. Si può variare, ad esempio, il consumo di cereali (mangiare anche grano saraceno, amaranto, miglio, mais, bulgur, farro, avena, orzo e quinoa) e alternare le varietà di riso (rosso, venere, nero, basmati, selvatico, integrale). Ricordiamoci inoltre che il riso bianco o raffinato ha meno contenuto di arsenico di quello integrale (che però, d’altra parte, ha dei valori nutrizionali migliori), perché è privo della buccia in cui solitamente l’arsenico si annida maggiormente. Infine, non è una buona abitudine sostituire il latte con il latte di riso.
Alcune pratiche di preparazione e cottura possono ridurre notevolmente i livelli di arsenico presenti nel riso. Ad esempio, risciacquare bene prima della cottura rimuovendo eventuali impurità dal prodotto, cuocere in molta acqua (in rapporto uno a sei) e scolare il liquido in eccesso dopo la cottura riduce del 60% i livelli di arsenico in questo alimento.
Esistono poi altre modalità molto valide non ancora introdotte nel mercato, come la cottura “a percolazione”, che a differenza dei sistemi tradizionali (bollitura in acqua o a vapore), allontana l’arsenico contenuto nel riso facendo passare un flusso continuo d’acqua calda distillata attraverso i chicchi (un po’ lo stesso principio della caffettiera casalinga). Sperimentato dal gruppo di ricercatori della Queen’s University di Belfast, questo metodo abbassa tra il 60% e l’85% il contenuto di arsenico inorganico nei chicchi (dipende dal tipo di riso usato), sfruttando l’alta mobilità di questo metallo nell’acqua.