La rottura delle acque, quando si rompe il sacco amniotico

Finché è integro, il sacco amniotico rappresenta l’ambiente all’interno del quale il feto cresce, si sviluppa e matura. Vediamo nel dettaglio cosa accade durante la rottura spontanea delle membrane e cosa fare

Immagine per l'autore: Silvia Brogi
Silvia Brogi , ostetrica
Donna durante il momento della rottura delle acque

Il feto è avvolto da quello che viene chiamato sacco amniotico, una borsa di liquido composta da una duplice membrana (amnios e corion) che garantisce, fino a quando si mantiene integra, protezione e contenimento.
Il liquido amniotico, detto anche “acqua”, distende il sacco e permette la crescita e i movimenti fetali. Il sacco compensa le variazioni pressorie e protegge il feto da traumi e vibrazioni, mantiene inoltre una temperatura adeguata e costante offrendo anche protezione dalle infezioni.

Finché il sacco rimane integro, il liquido amniotico protegge anche la placenta e il cordone ombelicale dalla pressione esercitata durante le contrazioni uterine, e agevola durante il travaglio l’appianamento della cervice, la dilatazione del collo dell’utero e il corretto posizionamento della testa fetale. 

Il liquido amniotico è costituito per il 99% da acqua ed è prodotto in parte dalla placenta e in parte dal feto. Il restante 1% è costituito da parti solide disciolte, da cellule cutanee e prodotti di degradazione. Rappresenta l’ambiente all’interno del quale il feto cresce, si sviluppa e matura. Si modifica continuamente nelle diverse epoche della gravidanza in rapporto sia alle condizioni del feto che partecipa alla sua produzione e al suo utilizzo, sia alla funzione di cellule, tessuti e organi gravidici. Il liquido amniotico riflette pertanto non solo il bilancio idrico e lo stato di salute fetale, ma anche l’attività funzionale dell’unità feto-materna, rappresentando un complesso ecosistema in continua evoluzione che assolve a importanti funzioni e consente la realizzazione di procedure diagnostico-terapeutiche, anche invasive (come ad esempio l’amniocentesi), molto importanti sia per la diagnosi prenatale di numerose condizioni patologiche, sia per il monitoraggio e la cura del benessere fetale. [1] [2]

Quando si rompono le acque?

«Dopo la rottura delle acque, quando avviene il parto?», mi chiede una donna appena entrata nel terzo trimestre di gravidanza. Andiamo con ordine e cerchiamo prima di capire come funziona questo processo.

Il momento fisiologico della rottura spontanea delle membrane è rappresentato dalla fine della prima fase del travaglio (fase dilatante) quando di solito è maggiore la forza delle contrazioni uterine. Per tutta la fase precedente le acque rappresentano un cuscinetto di protezione per il feto e uno strumento per mantenere costante la pressione intrauterina esercitata sul corpo fetale.
Quando la rottura delle membrane è tempestiva, il tempo che intercorre tra questo evento e la nascita è influenzato da diversi fattori:

  • parità (il numero di gestazioni terminate con parti vaginali);
  • presentazione e posizione del neonato;
  • qualità e frequenza delle contrazioni;
  • travaglio spontaneo o indotto;
  • ricorso o meno a partoanalgesia per il controllo del dolore in travaglio.

Generalmente la rottura delle membrane rappresenta una “accelerata” (soprattutto nei travagli delle mamme che hanno già partorito in precedenza) perchè di solito corrisponde anche al momento in cui il bimbo mette la “testa a posto”, scegliendo la posizione più favorevole alla nascita. I tempi del periodo espulsivo, che non necessariamente corrispondono alla rottura delle membrane, ma che iniziano con la percezione da parte della donna della sensazione di premito (spinte attive), possono variare da qualche decina di minuti nelle pluripare a tre-quattro ore nelle nullipare.

Rottura del sacco amniotico prematura

La rottura delle acque precoce (anche detta PROM, dall’inglese Prelabour Rupture of the Membranes) consiste nella rottura del sacco amniotico prima dell’inizio del travaglio di parto e dell’instaurarsi di contrazioni uterine regolari, e ha una prevalenza di circa l’8%. L’insorgenza spontanea del travaglio dopo la rottura delle membrane avviene dopo 24 ore nel 60% delle donne ed entro 72 ore nel 95% dei casi. La rottura del sacco amniotico prematura rappresenta una delle principali indicazioni all’induzione farmacologica del travaglio di parto.

Rottura delle acque: i sintomi

Come riconoscere la rottura delle acque? Solitamente questo fenomeno si manifesta in modo abbastanza inequivocabile con la fuoriuscita improvvisa di un liquido caldo dai genitali. Di solito il liquido si presenta incolore e inodore e naturalmente la sua fuoriuscita non può essere controllata. La quantità di liquido amniotico, con ampie variazioni individuali, al termine della gravidanza equivale a un volume di circa 800 ml.

«La rottura delle acque può avvenire anche senza accorgersene?». A volte può non essere così evidente identificare in modo certo la rottura delle acque (la quantità di liquido fuoriuscito, ad esempio, non è così abbondante, o le sue caratteristiche differiscono da quanto descritto). La rottura del sacco può avvenire anche in modo parziale (“rottura alta”), in tal caso si verificano perdite di gocce liquide non facilmente distinguibili dalle piccole perdite di urina che a volte possono verificarsi al termine di una gravidanza o dalle perdite vaginali abbondanti definite come idrorrea gravidica tipiche della fase finale della gestazione. 

Rompere le acque

Capita talvolta che le mamme si chiedano come stimolare la rottura delle acque. Questa ipotesi è abbastanza remota, proprio in virtù del meccanismo fisiologico della rottura delle membrane determinato dall’interazione fra utero, posizione del feto e attività contrattile. Naturalmente, talvolta la rottura delle acque può essere associata a importanti traumi addominali o a percosse, ma si tratta per fortuna di eventi rari. Al contrario, le membrane risultano essere a volte talmente coriacee e resistenti da conservarsi integre fino a dopo la nascita; si tratta dei famosi “nati con la camicia”, evento che si verifica non molto di frequente e che proprio per questo conserva un alone di magia e superstizione legata alla fortuna di questi bimbi.

Rottura delle acque senza contrazioni

La rottura delle acque può avvenire anche senza dolori prima dell’arrivo delle contrazioni, e rappresentare un momento di paura e allarme per la mamma. Spesso, al termine della gravidanza, le mamme posizionano teli salvaletto impermeabili a protezione di divani, materassi e sedili dell’auto, anche se si rivelano spesso poco utili. La rottura delle acque rappresenta comunque un momento di grande fascino ed energia perché segna sicuramente un punto di non ritorno, l’inizio di un viaggio pensato e immaginato a lungo e che si concluderà con l’incontro col proprio bambino.

Rottura delle acque: a cosa prestare attenzione?

Uno dei primi strumenti di valutazione circa il benessere fetale quando parliamo di rottura della acque è il colore. Se tendente al verde o al marrone, potrebbe essere avvenuto rilascio di meconio nel liquido da parte del feto, e quindi probabilmente un evento ipossico (carenza di ossigeno), anche transitorio, ma che necessita comunque di una sorveglianza più attenta.

Talvolta, soprattutto se avviene in presenza di attività contrattile, si può verificare una rottura delle acque con liquido misto a sangue o di colore rosato. Tale eventualità è generalmente normale, poiché è estremamente frequente che le modificazioni della cervice uterina, sia rispetto alla consistenza (fenomeni di modificazioni fisiologiche del collo dell’utero) sia alla dilatazione, si manifestino attraverso la perdita di modeste quantità di sangue legate alla grossa vascolarizzazione del collo dell’utero.

Altri elementi a cui prestare attenzione sono:

  • Movimenti fetali. Rappresentano un efficace strumento di valutazione del benessere fetale. Dopo la rottura delle acque la percezione dei movimenti da parte della mamma può cambiare: alcune volte possono essere percepiti come più vigorosi e talvolta anche dolorosi.
  • Febbre. La comparsa di un’alterazione della temperatura materna può essere associata alla presenza di complicanze infettive materne e neonatali, anche se l’incidenza di corioamnionite (infiammazione delle membrane fetali) in donne con PROM a termine ha un’incidenza che varia fra lo 0,5% e il 2%. [3]
  • Fuoriuscita di piccole parti o del funicolo. In alcuni e rari casi (uno-sei ogni 1.000 parti), in concomitanza alla rottura delle membrane può verificarsi la fuoriuscita di piccole parti fetali, in genere quando la presentazione del feto non è “cefalica di vertice”, ovvero la testa non è flessa sul petto, o anche la fuoriuscita a livello dei genitali di un’ansa di cordone ombelicale. In entrambi i casi è necessario un tempestivo e rapido intervento.

Rottura delle acque: cosa fare

Quando si verifica la rottura delle acque si raccomanda di contattare il professionista di riferimento e porre attenzione alle osservazioni di cui abbiamo parlato precedentemente.
In linea di massima, il consiglio è di rivolgersi quanto prima alla struttura ospedaliera nei casi in cui:

  • non siate a termine di gravidanza;
  • il liquido che fuoriesce non è chiaro;
  • la rottura delle membrane è associata a una perdita di sangue importante;
  • la perdita di liquido si associa alla comparsa di piccole parti fetali o cordone a livello dei genitali.

In tutti gli altri casi, rassicurate dalla percezione dei movimenti del bimbo e dal colore del liquido amniotico, potrete godere dell’emozione e del mistero di questo evento. In un secondo momento, nel caso abbiate scelto di partorire in ospedale, potrete preparare la valigia per andare incontro alla vostra avventura, oppure iniziare a fare spazio all’idea che il momento tanto atteso sta per accadere nel vostro nido, nel caso in cui invece abbiate scelto la vostra casa per accogliere la nascita del bambino.

Rottura delle acque: gli step successivi

Ecco di seguito, passo per passo, ciò che accadrà in ospedale:

  • esecuzione di un tracciato cardiotocografico per la valutazione del benessere fetale;
  • valutazione dell’aspetto e dell’odore del liquido amniotico;
  • rilevazione dei parametri vitali materni con particolare attenzione alla temperatura corporea;
  • dettagliata informazione circa l’importanza della percezione dei movimenti fetali, sottolineando l’importanza di segnalare tempestivamente eventuali variazioni in numero e caratteristiche;
  • accurata informazione circa l’importanza del controllo periodico del colore del liquido amniotico, per diagnosticare tempestivamente la presenza di meconio o sangue nelle perdite vaginali;
  • eventuali esami ematici, nel caso in cui si sospetti un processo infettivo.

La diagnosi di PROM avviene soprattutto su base clinica: presenza in vagina di liquido amniotico o vernice caseosa visibile o meconio.
Nei casi di incertezza, per verificare che si tratti realmente di liquido amniotico, gli esami specifici indicati sono:

  1. PROM test. Simile al test di gravidanza, si raccoglie la secrezione vaginale su un cotton fioc che viene successivamente inserito in un liquido reagente. La comparsa della doppia striscia ci dice che si tratta di liquido amniotico. La sensibilità del test non è del 100%, quindi un test negativo non esclude che ci possano essere perdite di liquido amniotico, magari intermittenti.
  2. Esame vaginale con speculum, attraverso il quale si visualizza il liquido in vagina.
  3. Ecografia ostetrica. Il riscontro di una quantità di liquido ridotto o assente può confermare la PROM, ma la rilevazione di una quantità di liquido normale non esclude la presenza di una rottura parziale.

L’esplorazione vaginale in assenza di contrazioni andrebbe evitata e riservata eventualmente a precise eccezioni cliniche, come ad esempio:

  • prolasso di funicolo;
  • emorragia profusa;
  • senso di premito della donna (contrazione violenta dei muscoli dell’addome).

Quando la rottura delle membrane avviene in modo intempestivo rispetto al travaglio di parto, le raccomandazioni della società scientifica indicano:

  • di offrire alle donne con PROM a termine l’attesa di 24 ore, informandole sulla possibilità che nel 60-70% dei casi il travaglio insorga spontaneamente a fronte di un rischio di infezione neonatale grave pari all’1%; nel caso la donna non desiderasse l’attesa si raccomanda di informarla sulla possibilità di induzione al momento del ricovero (raccomandazione forte, basata su prove di efficacia di buona qualità);
  • di proporre l’induzione al momento del ricovero nelle donne con colonizzazione da Streptococco di gruppo B; nel caso la donna desideri procrastinare l’induzione si raccomanda di offrire la profilassi antibiotica al momento del ricovero (raccomandazione debole, basata su prove di efficacia di qualità bassa-moderata);
  • di documentare il counselling eseguito (raccomandazione forte, basata su prove di efficacia di moderata qualità).

L’American College of Obstetricians and Gynecologists (2018), la Canadian Society of Obstetricians and Gynecologists (2015) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (2011) raccomandano l’induzione del parto con ossitocina, in quanto più sicura e utilizzata. 

Le linee guida del National Institute for Health and Care Excellence (2008), del Canadian Society of Obstetricians and Gynecologists (2015) e del Royal Australian and New Zealand College of Obstetricians and Gynaecologists (2017) raccomandano l’uso di ossitocina non escludendo però l’utilizzo di prostaglandine per uso locale in donne con una situazione ostetrica sfavorevole.Per quello che concerne l’utilizzo di una terapia antibiotica profilattica sembra che non vi sia presenza di dati sufficienti per giustificare una profilassi antibiotica a tutte le donne con PROM in assenza di indicazioni per la profilassi dello streptococco di gruppo B. [4] [5] [6]

Immagine per l'autore: Silvia Brogi
Silvia Brogi

Ostetrica presso i presidi ospedalieri di S. Donà di Piave (VE), Policlinico Universitario a gestione diretta di Udine e Azienda Ospedaliera e Universitaria di Careggi di Firenze. Nel corso della propria formazione ha approfondito in particolare la fisiologia della nascita, la cultura della sicurezza, gli strumenti della comunicazione efficace in ambito sanitario, l’intelligenza emotiva e il benessere organizzativo nei luoghi di lavoro.

Note
[1] William M. Gilbert Amniotic fluid «Clinical Obstetrics and Gynecology», giugno 1997, 40(2):265
[2] Alberto Bacchi Modena, Stefania Fieni Amniotic fluid dynamics «Acta Bio-medica: Atenei Parmensi», 1 gennaio 2004, 75(Suppl)1:11–13
[3] Jenifer O. Fahey Clinical Management of Intra-Amniotic Infection and Chorioamnionitis: A Review of the Literature «Journal of Midwifery & Women's Health», maggio-giugno 2008, 53: 227- 235
[4] Commissione consultiva tecnico-scientifica sul percorso nascita, Assessorato alle Politiche per la salute della Regione Emilia-Romagna e Servizio Assistenza Territoriale, Induzione del travaglio di parto, «saperidoc.it», ottobre 2020
[5] ACOG, Guidelines on Premature Rupture of Membranes, 15 gennaio 2008; 77(2):245-246
[6] Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, Preterm Prelabour Rupture of Membranes – Green-top Guideline No. 44, «ranzcog.edu.au», novembre 2006
Bibliografia
Articolo pubblicato il 12/04/2021 e aggiornato il 10/09/2024
Immagine in apertura Mykola Sosiukin / iStock

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