Scarpe speciali e plantari per bambini: utili o dannosi?

Le mode consumistiche talvolta incitano a non rispettare le fasi di apprendimento del bambino, e questo vale anche per le scarpe

Immagine per l'autore: Lucio Piermarini
Lucio Piermarini , pediatra e autore
Primo piano di piedi di bambino e scarpe

Se chiediamo a un adulto che passeggia per la strada, a bruciapelo, a cosa servono le scarpe, ci risponderà pressoché invariabilmente che servono a camminare. Se l’adulto in questione, invece che per la strada, sta passeggiando al mare lungo la battigia, ci risponderà molto probabilmente che non servono a nulla, visto che in quel momento non sa assolutamente che farsene, ma ne rammenterà immediatamente l’utilità non appena si troverà costretto a tornare al suo ombrellone a piedi nudi sulla sabbia rovente. In altre parole: la scarpa è utile relativamente alle condizioni del terreno su cui dobbiamo camminare; sulla moquette di casa, sulla sabbia fresca o su di un soffice prato all’inglese ne facciamo volentieri a meno; per strada, in un bosco o sulla neve ne sentiamo la necessità. In termini ancora più drastici, perché il messaggio sia “forte e chiaro”, possiamo affermare che, in realtà, per camminare bastano i piedi e le scarpe rappresentano solo un ausilio, necessario se pure scomodo, all’uso dei piedi su superfici sfavorevoli.

Scarpe come impedimento

Ora, se questo vale per un adulto, perché non dovrebbe valere per un bambino? Anche al bambino per camminare bastano i piedi. Anzi, a maggior ragione ha bisogno di non avere impicci ai piedi. Il bambino inizia a camminare perché deve obbedire al suo destino di bipede, e ha già scritte nei suoi geni tutte le tappe da percorrere, così come tutti i bambini che lo hanno preceduto. Ovviamente la parte del suo cervello che comanda i movimenti degli arti inferiori è programmata per tener conto di due piedi nudi, non di due piedi che calzano scarpe, tanto meno scarpe ingombranti. È proprio a diretto contatto con la superficie di appoggio che il piede riceve e invia al cervello il massimo delle informazioni utili a guidare i suoi movimenti. La scarpa rappresenta un serio ostacolo a questo processo di apprendimento e andrebbe quindi evitata ogni volta che è possibile. Con il tempo l’abilità del bambino aumenta, i movimenti si automatizzano e anche lui impara a camminare “a occhi chiusi” come un adulto: la scarpa non è più un problema. Ma attenti! Resta sempre un impedimento, tale quale per noi grandi. Ecco allora che le qualità che noi cerchiamo nelle nostre scarpe devono essere presenti anche nelle scarpe dei bambini e, tenendo conto dell’immaturità del suo piede e della sua fase di apprendimento, tali qualità dovranno essere ancora più accentuate. La scarpa dovrà essere quindi comoda, leggera, morbida e flessibile soprattutto nella suola, a meno che non vogliate veder camminare vostro figlio come un robot o addirittura indurlo a mimare un problema di deambulazione. Certo, perché il poverino per riuscire a farsi il minor male possibile escogiterà le posizioni più strane che, naturalmente, anziché essere attribuite a una scarpa impossibile, saranno interpretate come un difetto del bambino.

Scarpe “speciali”

Le insidie però non sono finite, perché troverete sicuramente delle persone come al solito bene disinformate che vi diranno: «Sì, può andar bene anche una scarpa normale, ma se si vogliono prevenire eventuali difetti del piede, (come ad esempio i piedi piatti!) e delle gambe è meglio scegliere modelli speciali nei negozi specializzati». Con tutta la stima per gli ingegnosi progettisti di tali scarpe, vi possiamo assicurare che non esiste dimostrazione alcuna della loro utilità. Evitate quindi scarpe provviste di strani dispositivi “educativi” o peggio ancora “correttivi” come tacchi sghembi o plantari. Il piede e il suo proprietario ci pensano da soli a imparare a camminare bene. Sarebbe come mettere dei guanti speciali ai lattanti per educare le mani a muoversi correttamente!

Scarpe usate

Altrettanto insensata è la raccomandazione di non utilizzare scarpe usate per il pericolo che la forma che hanno preso da chi le ha precedentemente calzate possa in qualche modo trasferirsi negativamente al piede che le indossa in seguito. Non è difficile intuire che, come si è adattata a un certo tipo di piede, così si adatterà a un altro, ma, se è una cattiva scarpa, come ne ha rovinato uno, così ne rovinerà un altro.
Resta solo un ultimo consiglio. Se veramente vi siete convinti di quanto abbiamo argomentato, siate coerenti. Non mettete le scarpe a chi non ne ha bisogno, tanto più se ancora non cammina. Non rendetevi schiavi di mode consumistiche. Ragionate con la vostra testa, anzi meglio, con i piedi, ma quelli del bambino.

Bambini piccoli e piede piatto

Il piede del bambino ai primi passi di solito non presenta un arco plantare evidente. La pianta del piede è infatti ben imbottita di grasso e per questo tende ad apparire piatta. Mettere un plantare di sostegno sotto un tale tipo di piede significa creare un serio fastidio al bambino, un po’ come un grosso sasso nella scarpa, con conseguente comparsa di posizioni “difensive” che faranno pensare a difetti in realtà inesistenti. Successivamente, anche dopo la scomparsa del cuscinetto di grasso, la pianta del piede, in posizione di riposo, tende normalmente a restare piatta per la relativa immaturità della struttura ossea e dei legamenti, mentre durante la deambulazione la tensione dei muscoli induce una normale formazione dell’arco plantare. Questa situazione è considerata normale fino ai 5-6 anni, età in cui l’arco plantare deve comparire progressivamente anche a riposo. Se il piede rimane piatto è necessaria una valutazione da parte del pediatra. Per carità, non andate in giro da soli per negozi di sanitari e specialisti; rischiate di vedervi prescrivere un plantare assolutamente inutile. E questo è vero, ovviamente, non solo nei casi che abbiamo definito “normali”, ma anche nei casi in cui si osserva un reale ritardo nei tempi di maturazione del piede. Già da diversi anni studi scientifici inattaccabili ne hanno dimostrato l’assoluta inefficacia nel risolvere il problema del piede piatto. Il plantare è stato un affare economico non indifferente e continua, se pur meno, a esserlo per la semplice ragione che è stato e viene prescritto a tutti i piedi fisiologicamente piatti, cioè normali, e destinati invariabilmente a “guarire” comunque.

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Lucio Piermarini

Ternano, dopo aver lavorato come pediatra ospedaliero, si occupa di formazione nell’ambito dei corsi di preparazione alla nascita presso il consultorio “Città Giardino” di Terni. È uno degli autori storici di Uppa e ha pubblicato numerosi articoli sullo svezzamento su riviste pediatriche e non solo. Nel 2019 è uscita per Uppa edizioni una nuova versione del suo libro “Io mi svezzo da solo!”

Articolo pubblicato il 24/06/2013 e aggiornato il 22/09/2022
Immagine in apertura Sviatlana Lazarenka / Shutterstock.com

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