Muoversi nella natura non è pericoloso, anzi, fa scoprire le potenzialità del proprio corpo e amplia la visione dello spazio allenando lo sguardo e la capacità di cogliere stimoli ambientali.
Ogni giorno, guardando i bambini della scuola primaria, mi chiedo: perché vanno a sbattere contro ogni cosa? Perché non calcolano le distanze? Perché non riescono a gestire, in modo ordinato, una pagina? Perché faticano a copiare dalla lavagna? Dove nascono le difficoltà di gestione dello spazio e del coordinamento, in particolare quello oculo-manuale?
La risposta sta nelle scelte educative che si fanno tra 0 e 6 anni. I bambini vivono tra televisione, divano e frigorifero e quando fanno sport, lo fanno molto spesso in ambienti chiusi. I loro occhi hanno poca familiarità con l’orizzonte, con profondità e distanze.
L’educazione è fatta di tanti piccoli gesti, piccole scelte che fanno parte di un quadro più grande, di un progetto che ogni adulto sceglie di realizzare quando decide di accettare il ruolo di genitore. Il progetto è a lungo termine e ha come obiettivo quello di far crescere l’uomo di domani.
Ogni cosa che il bambino impara a fare è il frutto di quanto ha sperimentato prima. Non starà seduto solo perché deve; lo farà dopo aver imparato a muoversi liberamente.
In che modo allora il movimento, e in particolare quello all’aria aperta, permette al bambino di acquisire alcune competenze trasversali che gli consentiranno di sedersi a 6 anni al banco di scuola, ed essere pronto a imparare? La risposta si costruisce attraverso molte attività: prima fra tutte, in ordine temporale sulla linea della crescita, la scoperta dell’ambiente e il potenziamento delle proprie abilità fisiche, intellettuali, sociali attraverso il movimento autonomo e libero.
Un bambino inizia ad apprendere dal primo istante di vita. Dopo i primissimi mesi, quando la vista si completa, steso sulla carrozzina o sul passeggino, riesce a cogliere l’azzurro del cielo, le forme delle nuvole o il movimento delle foglie mosse dal vento. Se invece il bimbo è nella fascia o nel marsupio, vede il mondo da un altro punto di vista. In entrambi i casi, vede ma non tocca e non scopre. L’adulto, però, ha portato con sé una coperta, la stende sull’erba, vi adagia il bambino e si stende con lui: ha deciso di lasciarlo fare da solo.
Il bambino allora sperimenta la consistenza dell’erba; la vuole toccare e così prova a spingersi, a rotolare o a tirarsi fin sui bordi della coperta per toccare quei fili verdi che un po’ si muovono e un po’ stanno fermi. Una volta giunto al bordo, guarda e scopre che tra i fili d’erba ci sono delle cose si muovono, delle formiche. L’adulto osserva e si limita a dire il nome delle cose senza intervenire. Il bimbo guarda le formiche, incuriosito muove la mano per toccarle e fa quel piccolo, importantissimo movimento che va ad allenare la muscolatura fine delle sue mani, per provare a stringerle tra indice e pollice. Ma poi passa una rondine e girando la testa per seguirla perde l’equilibrio e si ritrova a pancia in su con gli occhi puntati al cielo; ritrova la rondine e, incuriosito, tentando di seguirla con lo sguardo, prova ad afferrarla allungando le braccia. Sente abbaiare e la sua attenzione viene catturata da un cane che corre.
Il giorno dopo, si ripete la stessa passeggiata ma il bimbo sa già cosa troverà, non sarà tutto nuovo, anzi, sarà lui a cercare le formiche, la rondine o il cane e scoprirà altre cose nuove. Avremo messo in moto la memoria e la curiosità.
In tutto questo il bambino ha potuto conoscere un’infinità di cose e ha potuto scoprire e sviluppare gesti e movimenti attraverso i sensi: toccare le cose, sentire i rumori, conoscerli e non temerli, cogliere profumi e odori, cogliere l’orizzonte in rapporto alle sue mani e ai suoi piedi.
Il tempo passa e il bambino impara a camminare, e tutto ciò che per mesi ha potuto vedere ora può essere esplorato. Gli adulti, in questa fase, vivono nel terrore che si faccia male, ma il miglior modo per evitarlo è permettergli di provare a fare le cose, e se cadrà, permettergli di rialzarsi da solo. Questo gli consentirà di imparare a conoscere l’ambiente, così come guardare dove mette i piedi gli sarà utile per imparare a coordinarsi in autonomia. Coordinare il corpo con l’ambiente, i piedi con il suolo, le mani con gli oggetti sono processi complessi che richiedono conoscenza del mondo, capacità di muoversi e soprattutto coordinamento degli occhi con il resto del corpo.
Per approfondire, in questo articolo parliamo della percezione del rischio dopo la pandemia di Coronavirus.
Qual è il ruolo dell’adulto in questa fase? Quello di occuparsi della sicurezza. Nelle sue prime volte un bambino ha bisogno di sentirsi sicuro ma, allo stesso tempo, di fare da solo. Il che significa che l’adulto deve esserci, guidarlo con la voce, incoraggiarlo, rassicurarlo, fargli provare ad attraversare un prato, a superare un ostacolo, ad arrampicarsi su un albero, senza toccarlo o sostituirsi a lui.
Se il bambino avrà potuto esplorare per gradi, in autonomia, quando potrà camminare o correre, o sarà capace di saltare, lo farà sapendo di poterlo fare.
Via via che il tempo passa, il bambino acquisirà sicurezza nel proprio corpo e aumenterà da solo il grado di difficoltà nelle cose che gli piacerebbe imparare a fare. Se decide di arrampicarsi su un albero, e ci prova da solo, vedendo che non ci riesce abbandonerà l’impresa, ma solo temporaneamente. Ci riproverà dopo qualche tempo, quando si sentirà più sicuro nei movimenti, innescando i primi processi di autovalutazione e di autostima. Se invece l’adulto interviene per aiutarlo, passa un solo messaggio: «Non sei capace».
Se la palestra sarà lo spazio esterno, i bambini conosceranno l’orizzonte e sapranno copiare dalla lavagna, calcoleranno le distanze e non andranno più a sbattere contro lo stipite della porta o addosso ad altri, sapranno correre e saltare, quando si può e dove è consentito, e saranno capaci di stare seduti ad ascoltare.
Francesca va al parco a piedi, dista solo cinque minuti da casa, ma col suo bambino che ha già 3 anni, ci impiega anche mezz’ora; anzi, a volte, al parco neanche ci arriva. Passa lungo un canale attraversato da un ponticello di legno su cui ci si può sedere con le gambe a penzoloni a guardare l’acqua che scorre portando rami, pesci e alghe. Dalla riva del canale si possono tirare i sassi e si può saltare su e giù dal marciapiedi. Perché queste attività sono così importanti? Perché il bambino impara a gestire i movimenti del suo corpo e sulle conquiste del giorno prima basa le scoperte delle sue abilità in costruzione.
pedagogista, svolge attività privata di consulenza pedagogica nel sostegno alla genitorialità e al percorso di crescita nell’educazione allo studio di bambini e adolescenti. Coordina progetti di educazione ambientale ed extrascolastica e lavora come formatrice per genitori nella provincia di Padova. Dal 2018 scrive per Uppa.