Il 5 ottobre, per iniziativa delle Nazioni Unite, si celebra la Giornata Mondiale degli Insegnanti, istituita per ricordare un provvedimento che ha posto l’accento sull’importanza del ruolo di questi educatori, che accompagnano bambini e adolescenti nel loro percorso di formazione, ovvero la sottoscrizione delle “Raccomandazioni dell’UNESCO sullo status di insegnante”.
Ricoprire il ruolo dell’insegnante (chi scrive lo sa per esperienza) è una grande responsabilità e necessita di una notevole capacità di adattarsi a situazioni a volte imprevedibili, come gli anni della pandemia hanno contribuito a mettere in luce. Certamente anche la gestione di queste situazioni di emergenza avrebbe potuto essere più funzionale se si fosse pensato per tempo a interventi efficaci su tutto il sistema scuola, di cui gli insegnanti sono una parte importante, ma certamente non l’unica.
Bambine e bambini hanno profondamente bisogno di scuole in cui possano ricevere una formazione di qualità, rispettosa dei diversi bisogni e delle specifiche caratteristiche di ciascuno di loro. È importante sottolineare come questo non dovrebbe valere soltanto per le scuole dell’obbligo e per i bambini già grandicelli, vista l’importanza che rivestono nella formazione dell’individuo anche gli spazi formativi destinati ai primi anni di vita, cioè i nidi e le scuole dell’infanzia.
Come la pedagogia ha messo in evidenza, con il conforto dei dati provenienti dalla ricerca, che si stanno sempre più accumulando, anche il contributo delle attività educative strutturate che bambine e bambini intraprendono nei nidi ha una grande importanza come stimolo al loro sviluppo, che a quell’età ha come veicolo importante le esperienze sensoriali.
Accanto a questo aspetto, solo per fare qualche esempio, ricordiamo il grande contributo dato dalla possibilità di condividere esperienze e spazi con altri bambini, sviluppando le competenze sociali e sollecitando l’abilità linguistica per la necessità di comunicare con gli amichetti. Ma attività e gioco di gruppo sono anche un importante veicolo per le competenze prosociali, cioè la capacità di agire a vantaggio degli altri sviluppando empatia nei loro riguardi; si tratta di un aspetto della cui importanza la psicologia dello sviluppo e la pedagogia ci parlano da tempo.
Accanto a questa importante funzione che riguarda più direttamente i piccoli, ricordiamo in particolar modo che specifici studi hanno anche individuato, soprattutto nei nidi d’infanzia, uno strumento per favorire l’uguaglianza sociale e ridurre la povertà [1] .
Proprio per questa ragione, nel 2002, il Consiglio Europeo di Barcellona aveva stabilito, come obiettivo da realizzare entro il 2010 in tutto il territorio dell’Unione Europea, una percentuale di posti nei nidi pari al 33% della popolazione potenzialmente interessata, un valore da cui l’Italia rimane ancora distante, con zone (quelle più economicamente sviluppate e nei comuni più grandi) molto vicine all’obiettivo e altre (aree più piccole, periferiche e caratterizzate da disagio economico) drammaticamente lontane. Una situazione di questo tipo ha il potere di annullare il valore sociale di questa importante istituzione educativa.
Il problema viene ulteriormente aggravato dalla questione delle rette, che spesso rappresentano un notevole peso per le famiglie, già messe in grande difficoltà dalla crisi economica in atto e dai rincari in molti settori. I cosiddetti “bonus nido” sono sicuramente un aiuto importante, anche se non possono certamente essere risolutivi soprattutto nelle zone in cui i posti nei nidi sono nettamente inferiori al fabbisogno della popolazione.
In generale, si ha spesso l’impressione che servizi educativi e scuole non siano una vera priorità nell’agenda politica e che, in particolar modo, le esigenze dei più piccoli non vengano tenute adeguatamente in conto.
Nei mesi precedenti l’avvio delle attività didattiche, lo slogan «cominceremo l’anno scolastico senza carenze di personale e con tutti gli insegnanti in cattedra» viene ripetuto come fosse un mantra, così come si rassicura sull’esecuzione dei necessari interventi per garantire la sicurezza e la stabilità degli edifici [2] , ai quali si dovrebbero aggiungere anche provvedimenti per garantirne l’igiene, della cui importanza ci si è resi conto durante l’emergenza pandemica, oltre a interventi di efficientamento energetico. Ma all’avvio di ogni anno scolastico la situazione descritta dai fatti e lamentata dai sindacati di categoria appare profondamente diversa, sia sul piano della sicurezza degli edifici sia riguardo agli organici delle scuole.
Le stime sulle dimensioni della carenza di insegnanti non sono ancora ufficiali, ma i calcoli fatti ad avvio di anno scolastico hanno riferito numeri che vanno da 150 a 200mila insegnanti mancanti [3] . La causa principale è la lentezza, la farraginosità e la disorganizzazione tipica delle procedure di concorso. Anche se quello per la scuola primaria e per le scuole dell’infanzia è ormai praticamente concluso, una grossa percentuale dei posti rimane ancora non assegnata. A questi disagi si aggiungono quelli collegati con la gestione sempre problematica delle supplenze e, quest’anno, anche il taglio dell’organico Covid, cioè quel personale che, nel corso dell’emergenza sanitaria, è stato chiamato a supportare l’attività scolastica, contribuendo a sanare alcune delle tante lacune del sistema scuola.
È di questi giorni anche la segnalazione dell’allarme lanciato da parte di una federazione che rappresenta le scuole materne paritarie [4] , che segnala grosse difficoltà legate all’aumento delle bollette e delle altre spese, che aveva portato a una richiesta di emendamento nel decreto sostegni bis, rimasta inascoltata. Secondo i responsabili della federazione, questo mette molte scuole a rischio di chiusura entro gennaio (l’alternativa sarebbe far gravare ulteriormente l’aumento dei costi sulle famiglie).
In una situazione diffusamente complicata, che coinvolge tutte le scuole, statali e paritarie, in tutto il territorio nazionale cosa è possibile aspettarsi dalla quota del PNRR (il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) destinata alla scuola?
Con i fondi erogati si prevede di coprire i costi relativi a progetti presentati “dal basso”, cioè dagli enti locali. Tra questi, per esempio, si è parlato proprio della costruzione di asili nido, per sopperire alle gravi carenze di cui parlavamo. Allo stato attuale, però, il fatto che le richieste di fondi siano state scarse proprio nelle aree in cui il bisogno dei posti appare più stringente e, in generale, inferiori alle attese in tutto il territorio nazionale, fa pensare, come riferisce la stampa e come hanno messo in rilievo alcune analisi, che gli enti locali siano stati scoraggiati dalla prospettiva di non riuscire a coprire i costi collegati alle nuove strutture.
In altre zone sembrerebbe, inoltre, più razionale recuperare e rendere più efficienti strutture già esistenti piuttosto che costruirne di nuove, un aspetto che rientra in quello più generale della scarsa riflessione sui bisogni specifici di ogni area. Si aggiunge al quadro la carenza di personale specializzato nella gestione di questo tipo di progetti, che affligge diversi enti locali.
Mentre questi intoppi organizzativi e burocratici continuano a presentarsi, bambine e bambini continuano ancora a essere lesi nel loro diritto fondamentale: avere una formazione di qualità.
Divulgatrice scientifica, è socia effettiva e presidente della sezione pugliese del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) e membro del direttivo dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM. Scrive per diverse riviste cartacee e online, tra le quali Le Scienze, Mind, Uppa, Focus Scuola, Wired.it, Wonder Why, Scientificast.