Il sonnambulismo infantile rientra tra quelle condizioni definite parasonnie (dal greco para, cioè “attorno” e dal latino somnus, cioè “sonno”), comportamenti anomali di tipo motorio e/o verbale che possono insorgere nella transizione tra i vari stadi di sonno, comprese le fasi di addormentamento e di risveglio. Fanno parte di queste condizioni anche i pavor nocturnus (terrori notturni), il sonniloquio (parlare nel sonno) e i risvegli confusionali. Tutti i disturbi elencati si manifestano tipicamente durante il sonno NREM (non REM), fase in cui sono assenti i cosiddetti Rapid Eye Movements (movimenti rapidi degli occhi) e il sonno è più profondo (all’elettroencefalogramma sono presenti “onde lente” e prevale nella prima parte della notte).
Nei bambini il sonnambulismo (che, va sottolineato, è un disturbo del sonno di natura benigna) può manifestarsi dai 2 anni di età in su e continuare anche in età adulta; dal confronto tra circa 51 studi in letteratura (comprendenti circa 100.000 individui) si stima che circa il 6,9% della popolazione sperimenti almeno un episodio di sonnambulismo nel corso della vita e che in rari casi questo disturbo esordisca in età adulta (in questo caso vanno escluse patologie neurodegenerative o patologie secondarie all’utilizzo di alcuni farmaci).
In letteratura, prendendo in considerazione un periodo di 12 mesi, viene riportato un 5% di bambini sonnambuli rispetto all’1,5% di adulti che soffre di questo disturbo: tale differenza potrebbe dipendere sia dalla riduzione del sonno a onde lente durante la crescita sia da una ridotta frequenza di “casi osservati” nei soggetti adulti; in altre parole, soprattutto nel caso di individui che vivono da soli, molti episodi di sonnambulismo risultano misconosciuti rispetto ai bambini che possono attirare l’attenzione di genitori o caregiver. Complessivamente, si stima che il 15-30% dei bambini sperimenta almeno un episodio di sonnambulismo, e che nel 6% dei casi gli episodi possono essere ricorrenti; la massima incidenza si ha nei bambini intorno ai 10 anni (14% dei casi).
Un ruolo chiave nell’insorgenza del sonnambulismo infantile è svolto dalla predisposizione genetica. Secondo uno studio pubblicato nel 2015, condotto su una popolazione composta da 1.940 bambini canadesi, la probabilità di essere sonnambuli è tre volte superiore nei bambini con un solo genitore che presenta questo disturbo e aumenta di sette volte nel caso di bambini con entrambi i genitori sonnambuli.
Sono stati riconosciuti dei fattori che favoriscono tale predisposizione:
Tali episodi si verificano per via del risveglio parziale di alcune aree del cervello (aree del movimento, aree arcaiche del cervello), mentre quelle “razionali” (le aree frontali) continuano a riposare.
Il bambino sonnambulo può compiere una varietà di gesti a occhi aperti dei quali non conserva alcuna memoria: mettersi a sedere sul letto, parlare, emettere suoni poco comprensibili o addirittura cantare; in alcuni casi di sonnambulismo infantile i bambini si alzano dal proprio letto e vanno in quello dei genitori o del fratello, o possono compiere gesti tipici della quotidianità come aprire una porta, accendere la luce, accendere la televisione, vestirsi eccetera. La durata di tali episodi può variare da uno a 30 minuti e solitamente, al termine, il bambino torna al letto.
Gli episodi di sonnambulismo infantile destano preoccupazione considerata la scarsa responsività del piccolo in quei momenti, e anche a causa delle potenziali situazioni di pericolo per la sua incolumità e quella dei familiari. Quali possono essere allora i rimedi per il sonnambulismo nei bambini?
In primo luogo si può intervenire sui fattori che favoriscono questo disturbo attraverso una adeguata “igiene del sonno”:
In secondo luogo, non è raccomandato risvegliare il bambino durante l’episodio di sonnambulismo, piuttosto meglio condurlo in modo cauto e con delicatezza a letto.
Nell’ottica di prevenire gli episodi di sonnambulismo dei bambini (soprattutto se particolarmente frequenti e disturbanti) vengono intrapresi dei percorsi simili a quelli utilizzati per l’enuresi, con cicli di risvegli notturni programmati per alcune settimane, così da anticipare l’orario tipico di insorgenza dell’episodio; tale trattamento viene tuttavia riservato a casi selezionati, mentre in genere sono sufficienti delle tecniche di rilassamento. Per quanto riguarda i farmaci, sono da riservare a casi specifici e per il loro eventuale uso è sempre bene affidarsi a uno specialista.
Gli altri rimedi attuabili per il sonnambulismo nei bambini riguardano la prevenzione di eventi traumatici:
Va comunque tenuto presente che tale condizione ha solitamente un andamento benigno e tende a risolversi senza alcuna terapia. La diagnosi è abbastanza semplice (basta la storia clinica). Il bambino sonnambulo va sottoposto all’attenzione di un neuropsichiatra infantile specialista in disturbi del sonno nei seguenti casi:
Nel sospetto di disturbi di natura epilettica può risultare indicato l’utilizzo della video-polisonnografia, esame strumentale che consente la registrazione dell’attività elettrica delle cellule cerebrali. Nel caso fosse necessario valutare la ricorrenza degli episodi (data la loro possibile sporadicità e imprevedibilità) si può utilizzare l’actigrafia, un sensore di movimento tridimensionale che viene posizionato sul polso (proprio come uno smartwatch) e una volta indossato rileva i movimenti effettuati. Raccomandiamo comunque di consultare il proprio pediatra prima di adottare qualunque provvedimento e per indagare eventuali situazioni di disagio psichico del bambino.
calabrese di nascita, ha studiato a Messina, dove si laurea in Medicina e si specializza in Pediatria, approfondendo in particolare i campi della Neonatologia e delle emergenze pediatriche. Il percorso di specializzazione la porta anche a frequentare la Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale “Buzzi” di Milano e il Pronto Soccorso Pediatrico dell’IRCSS “Burlo Garofolo” di Trieste. Dal 2019 scrive per Uppa.