I lettori di Uppa lo conoscono bene, ma da qualche anno sono in molti a citarne gli insegnamenti. Lucio Piermarini è infatti all’origine di quella piccola rivoluzione chiamata “autosvezzamento” che ha recentemente stravolto abitudini alimentari apparentemente incrollabili, una rivoluzione che in Italia è stata conosciuta grazie a un libro dal nome eloquente, Io mi svezzo da solo.
Qualche mese fa, Bonomi ha pubblicato il nuovo libro di Lucio Piermarini e Uppa non poteva certo fare a meno di parlarne. Si tratta di una lunga cavalcata attraverso il funzionamento (e le disfunzioni) dell’assistenza sanitaria all’infanzia, macchina che si mette in moto già durante la gravidanza per macinare eventi cruciali come il parto, i primi giorni di vita del bambino, si interessa (a torto o a ragione) dell’allattamento, muove organizzazioni complesse come gli ospedali e meno complesse come la pediatria territoriale. Insomma, tutto ciò che i nostri lettori hanno appena conosciuto o stanno imparando a conoscere in questi anni.
Quello che ne emerge sarebbe un quadro piuttosto sconfortante, anche se il racconto di tante “malefatte” si arricchisce di descrizioni paradossali divertenti e persino esilaranti, illustrate dalla matita ironica di Franco Panizon (uno stile del raccontare e dell’illustrare che i lettori di Uppa conoscono bene), se non fosse che c’è sempre una possibilità, un’alternativa. Come per lo svezzamento, dopo decenni di pappe, insipide pappe e poi ancora noiosissime pappe, ora molto sta cambiando nell’atteggiamento di genitori (e bambini, soprattutto!) nei confronti del cibo, anche nel rapporto con i pediatri, gli ospedali, e le strutture sanitarie che si occupano di bambini, molto potrebbe cambiare se gli utenti (che poi siete sempre voi, cari lettori di Uppa) decidessero di ragionare con la propria testa.
E così, a leggerlo meglio, sono due le realtà che vengono fuori da questo libro: quella (non proprio entusiasmante) che c’è e quella che invece potrebbe esserci. Ecco perché questo libro, la cui lettura certamente gioverebbe molto a un pediatra, può tornare altrettanto proficua per un genitore che, obbligato come è a fare i conti con la struttura sanitaria fin da quando si accorge che sta per avere un figlio, non intenda abbandonarsi alla fatalità di quello che passa il convento e preferisca ragionare con la propria testa. Scoprendo così, per esempio, che un reparto di maternità e una nursery possono essere organizzati e funzionare in molti modi diversi, che l’ospedale può essere una grande risorsa, ma anche trasformarsi in una trappola insidiosa, che non tutto quello che medici e paramedici fanno è proprio disinteressato o, meglio, interessato al bene dei bambini, ma che cambiare registro sarebbe possibile.
È in questa prospettiva sostanzialmente positiva che bisogna leggere il titolo di questo libro: se fosse stato soltanto Sotto il camice niente, parafrasi di un film sulla vacuità del mondo della moda (Sotto il vestito niente) il quadro che ne sarebbe venuto fuori sarebbe stato senza speranza. Ma il libro si chiama Sotto il camice niente?, con un punto interrogativo finale che sottintende un dubbio: sarà proprio vero che la realtà è tutta così brutta, o non c’è forse una speranza, una possibilità? La risposta, così pensa Piermarini, tocca a voi.
pediatra e giornalista, ha esercitato per quarant’anni come pediatra di famiglia nel Servizio Sanitario Nazionale e ha fondato nel 2001 il bimestrale per i genitori «Un Pediatra Per Amico», che ha diretto per 16 anni. Attualmente è un pediatra libero professionista.