L’avvio dello svezzamento è una fase della normale crescita dei bambini che, a volte, può essere accompagnata da dubbi e incertezze riguardo alla scelta del momento in cui iniziare e dei cibi da proporre per i primi assaggi. Se però quello che si sta per affrontare è lo svezzamento di bambini prematuri, potrebbero aggiungersi ulteriori preoccupazioni e domande. I genitori potrebbero chiedersi, ad esempio, se occorre adottare alcuni accorgimenti particolari, o se sia più opportuno considerare l’età anagrafica (calcolata a partire dalla data di nascita effettiva) o quella “corretta” (calcolata in base a quando il bambino sarebbe dovuto nascere) per decidere quando proporre cibo diverso dal latte.
O ancora: è opportuno prendere in considerazione l’autosvezzamento per i bambini prematuri? Il bambino necessita di specifiche integrazioni? Si tratta di perplessità più che lecite e sulle quali di seguito cercheremo di fare chiarezza.
Le linee guida e le indicazioni generali sullo svezzamento si riferiscono ai bambini sani e nati a termine, mentre non esistono raccomandazioni specifiche per lo svezzamento di bambini prematuri. I primi approcci al cibo durante l’avvio dell’alimentazione complementare sono fondamentali per gettare le basi di una buona educazione alimentare e per l’acquisizione di abitudini salutari. I primi mille giorni di vita, infatti, costituiscono un periodo di importanza strategica per lo sviluppo e la salute a breve e a lungo termine.
Ma come funziona lo svezzamento per i bambini prematuri e in cosa si differenzia rispetto a quello dei bambini nati a termine? Personalizzare l’intervento nutrizionale in questi casi è sempre fondamentale, e per capire come svezzare un prematuro devono essere presi in considerazione diversi fattori oltre all’età.
I bambini prematuri non sono tutti uguali: il caso del bambino nato nelle settimane che precedono di poco il termine della gravidanza sarà diverso rispetto a quello di un bambino nato molto in anticipo (il che spesso comporta un peso alla nascita molto basso e altre difficoltà).
Il grado di prematurità non è poi l’unica cosa che conta, dal momento che ogni bambino cresce a matura secondo tappe e percorsi individuali. Diventa fondamentale quindi il confronto con il pediatra di riferimento, che potrà, sulla base di rilevazioni antropometriche, considerazioni su come procede la crescita e una valutazione delle competenze neuro-evolutive, fornire le indicazioni giuste per quel determinato bambino.
Nel caso in cui il pediatra di riferimento valuti la possibilità di un aumentato rischio nutrizionale, ovvero l’eventualità di un peggioramento dello stato di salute per cause correlabili all’alimentazione del bambino, rivolgersi a un dietista esperto in alimentazione pediatrica può essere d’aiuto, ma non solo: un team specializzato che preveda anche altre figure professionali, come un fisioterapista e un logopedista, oltre a medici e infermieri, può fare la differenza.
Talvolta i bambini prematuri hanno bisogno di più tempo per avviare l’alimentazione complementare o necessitano di strategie volte a ottimizzare gli apporti di energia e nutrienti. Lo scopo da perseguire dovrebbe in ogni caso essere quello di introdurre una grande varietà di cibi, che inizialmente saranno complementari al latte. Proseguendo lo svezzamento, il latte verrà poi gradualmente sostituito da cibi in grado di apportare una buona quantità di nutrienti e di calorie.
Durante i primi 12 mesi di vita l’obiettivo è assicurare l’introduzione dei nutrienti necessari per una buona salute e una crescita adeguata. Potrebbe essere necessario verificare che il bambino riesca ad assumere attraverso il cibo non solo il quantitativo di energia di cui necessita, ma anche il suo fabbisogno di proteine e di altri micronutrienti importanti come ferro e zinco. Il pediatra potrebbe quindi valutare lo stato di benessere generale del bambino o prescrivere alcuni esami per capire meglio la situazione, oppure un esperto in nutrizione potrebbe approfondire le abitudini alimentari del piccolo.
In alcuni casi, proporre scelte alimentari ad alta densità energetica – che apportino quindi tanta energia ma in un volume ridotto – può essere utile. Si può ad esempio utilizzare una crema di verdura come condimento della pastina, aggiungendo dell’olio extravergine di oliva e una fonte proteica quale ad esempio il pesce o l’uovo. Oppure si può preparare un frullato con banana, yogurt intero e crema di frutta secca, con un aggiunta di cereali soffiati (in questo modo la merenda risulta più completa rispetto alla proposta della sola frutta fresca). Procedere in questo modo consente di ottimizzare il valore nutrizionale del pasto di un bambino che mangia poco o che si sazia in fretta, ma che ha bisogno di essere sostenuto nella crescita.
Per quanto riguarda l’introduzione di alimenti allergenici si può procedere allo stesso modo che per i bambini nati a termine: possono essere introdotti senza una regola precisa o uno schema di introduzione dal momento in cui si inizia con l’alimentazione complementare. Ad oggi, infatti, non ci sono studi a sostegno di un’introduzione ritardata degli allergeni o del glutine. Si consiglia quindi di procedere con buon senso e gradualità.
Dunque, quando iniziare lo svezzamento dei prematuri? Le indicazioni per i bambini nati a termine suggeriscono di iniziare a proporre cibi diversi dal latte intorno al sesto mese di vita, ma per chi è nato prima è meglio tenere in considerazione l’età corretta o l’età anagrafica? Più che mai il riferimento all’età tende a essere del tutto relativo.
Alcuni bambini recuperano molto in fretta e non presentano grosse differenze rispetto a chi è nato a termine, altri hanno una storia più complessa e necessità più specifiche. In generale, così come per i nati a termine, l’avvio dello svezzamento dovrebbe essere guidato dal bambino stesso, ossia cominciare quando il piccolo mostra di essere pronto manifestando alcune caratteristiche, quali ad esempio:
La comparsa di queste capacità suggerisce che il bambino è pronto per approcciare alimenti diversi dal latte.
Se così non fosse, però, il bambino non va in alcun modo forzato. Come scrive la celebre dietista Ellyn Satter: «Se non gli piace, se farlo mangiare ti mette in difficoltà e se non è divertente nemmeno per te, non funziona. Smetti di provarci e aspetta ancora un po’».
Tempo fa si credeva invece che per avviare lo svezzamento fosse necessario il raggiungimento di un determinato peso o la scomparsa della protrusione della lingua o ancora che il bambino imparasse a utilizzare il cucchiaio, mettesse i denti o iniziasse a chiedere più latte, ma si è visto che in realtà ciò non serve e che queste tappe vengono poi naturalmente raggiunte man mano che il piccolo cresce.
In altre parole, è importante mettersi in osservazione e rispondere alle richieste che, probabilmente, verranno un po’ dopo, ma con le stesse modalità dei nati a termine. Più specificatamente, si suggerisce di avviare lo svezzamento tra i 6 e gli 8 mesi di età, sapendo che normalmente i bambini nati con un grado di prematurità più importante manifesteranno d’esser pronti più verso gli 8 mesi piuttosto che a 6. In caso di situazioni particolari, sarà poi il pediatra a dare eventuali indicazioni per uno svezzamento con tempistiche diverse o con specifici accorgimenti, fornendo ad esempio supplementazioni di micronutrienti qualora il bambino non sia pronto dopo il sesto mese.
L’avvio dell’alimentazione complementare non è una gara, ma un momento importante e delicato da vivere con quanta più serenità possibile. Allo scopo di evitare problemi nello svezzamento dei prematuri risulta importante quindi saper cogliere il momento giusto, rispondendo in maniera adeguata ai segnali, senza fretta, ma allo stesso tempo evitando uno svezzamento tardivo, che può capitare quando si pensa che il bambino sia troppo immaturo e non si creano le opportunità per far emergere le sue competenze; uno svezzamento tardivo rispetto a quando invece il piccolo mostra di voler cominciare potrebbe rendere poi più difficoltosa l’accettazione di cibo diverso dal latte.
Negli ultimi anni sempre più famiglie decidono di seguire la strada dell’autosvezzamento – o per meglio dire dello svezzamento guidato dal bambino – per affrontare il percorso dell’alimentazione complementare. Ma l’autosvezzamento è possibile anche per un prematuro? Non ci sono indicazioni contrarie a riguardo, bisogna solo tenere presente che alcuni bambini, soprattutto se prematuri, potrebbero avere bisogno di più tempo per acquisire le competenze necessarie a questo tipo di alimentazione e a nutrirsi da soli, pertanto vanno maggiormente accompagnati; ad esempio andranno imboccati o sarà bene proporre loro consistenze meno impegnative (come del resto può accadere anche per lo svezzamento di alcuni bambini nati a termine).
I tagli sicuri sono e rimangono fondamentali, assolutamente da conoscere quando parliamo di svezzamento e di bambini in età prescolare, indipendentemente dalla tipologia di svezzamento che si intende intraprendere.
Altra cosa molto importante è offrire un’ampia varietà di alimenti in grado di soddisfare l’apporto nutrizionale. L’invito è di evitare rigidità inutili e di assecondare anche le esigenze del piccolo, solo così lo svezzamento può dirsi veramente personalizzato per il bambino e per la famiglia.