L’obesità infantile è sempre più diffusa e ne sono una dimostrazione i dati su bambini e adulti che soffrono di questa malattia. L’OMS stima che siano 340 milioni i bambini e gli adolescenti, tra i 5 e i 19 anni, che soffrono di un eccesso di peso. Secondo i dati Istat nel biennio 2017-2018 in Italia ci sono circa 2 milioni e 130 mila bambini e adolescenti che soffrono di obesità o di un eccesso di peso, il 25,2% della popolazione tra i 3 e i 17 anni [1] .
L’obesità infantile è un problema da non sottovalutare, dal momento che dall’inizio degli anni 70-80 ad oggi, la percentuale di bambini in eccesso di peso è praticamente raddoppiata e continua ad aumentare, seppure a una velocità ridotta.
Ma quali sono le cause dell’obesità nei bambini? Esiste una cura efficace che possa invertire la tendenza? Scopriamo insieme come affrontare l’obesità dei bambini e quali sono le strategie migliori per risolvere il problema.
Quali sono le cause responsabili dell’epidemia di obesità nei bambini? Il principale fattore oggi lo conoscono bene anche i più piccoli: è il cibo. Ci fornisce l’energia di cui abbiamo bisogno, ma se introduciamo più energia di quella che consumiamo, oppure se ne consumiamo meno di quanta ne introduciamo, ciò che avanza si accumula sotto forma di grasso. Evidentemente si tratta di una questione di quantità: se l’accumulo è progressivo, senza interruzione di sorta, si supera la soglia oltre la quale si mettono in moto meccanismi patologici che, sfortunatamente, non sono affatto oggettivabili, se non con esami di laboratorio. Insomma, si pensa di star bene e si cova invece la malattia.
Messa così, la soluzione è apparsa ovvia: mangiare meno e muoversi di più. Ma, visti i risultati, è ovvio anche che questo consiglio non sia bastato, per cui deve esserci stato qualche altro meccanismo che ha impedito alle nostre sagge e circostanziate raccomandazioni di avere successo.
La risposta può essere riassunta nell’affermazione di uno scienziato australiano, Boyd A. Swinburn: «l’obesità è il risultato di una risposta normale, da parte di persone normali, a un ambiente anormale». Vediamo di chiarire quella che potrebbe sembrare un’assoluzione di massa irresponsabile.
La nostra normalità consiste nel fatto che, nel corso delle migliaia di anni dalla comparsa della razza umana sulla Terra, ci siamo adattati a una situazione ambientale difficile, di carestia cronica o ricorrente, con occasionali e brevi periodi di relativa abbondanza, in cui, anziché darci ai bagordi, ci siamo ingegnati a trovare sistemi di conservazione delle provviste in eccesso, ben sapendo che inevitabilmente, prima o poi, avremmo dovuto affrontare nuovamente la penuria di cibo e la fame.
Il meccanismo di adattamento è consistito principalmente nel fatto che hanno sempre vissuto più a lungo, almeno fino all’età della maturità riproduttiva, i soggetti la cui costituzione era più idonea a sopravvivere in quelle condizioni di “normale precarietà”.
E così siamo arrivati fino al secolo scorso quando nel giro di qualche decennio siamo stati catapultati, e rispetto alle migliaia di anni precedenti è proprio il caso di dirlo, in un ambiente completamente diverso, e quindi per noi inadatto, e per questo anormale.
A partire dal secolo scorso il cibo è diventando più abbondante e a buon mercato e, in virtù della crescente meccanizzazione, non si doveva più neanche spendere eccessiva energia per guadagnare il denaro necessario ad acquistarlo. La prima risposta fu però, forse in forza della memoria ancora viva delle ristrettezze delle ultime generazioni, una diminuzione del consumo di cibo che, compensando il minore dispendio energetico, mantenne l’equilibrio.
Ciò che fece precipitare la situazione fu la rapida e progressiva diffusione di cibi ricchi di zuccheri e di grassi in combinazione con una rivoluzione nella preparazione di massa del cibo che ne rese la fruizione estremamente più semplice e rapida. Questi avvenimenti si verificarono prima nei paesi più ricchi e successivamente, ma con pochi anni di ritardo, interessarono anche il nostro paese.
L’aumento della disponibilità e la varietà di cibo appetitoso, economico, ingegnosamente pubblicizzato ha portato il nostro organismo ad approfittarne per accumulare riserve per i tempi duri.
In sintesi, è vero che alla fin fine è il singolo individuo che decide, ma questa decisione è pesantemente condizionata da fattori ambientali, che tirano a portarci, per lo più inconsapevolmente, sulla cattiva strada.
Il patrimonio genetico di ciascuno sarà l’elemento che farà la differenza. Perché anche in questo caso entra in gioco il meccanismo di selezione naturale, cioè la strategia di sopravvivenza della specie che avvantaggia il più adatto fra tanti individui diversi, ognuno con le sue specifiche caratteristiche, più o meno favorevoli rispetto all’ambiente in cui si trova a vivere.
Nell’ipotesi che la situazione attuale dovesse perpetuarsi, si selezionerebbe, sempre nel corso di migliaia di anni, un nuovo tipo di popolazione capace o di resistere efficacemente ai condizionamenti ambientali o di avvantaggiarsene in virtù di un metabolismo sprecone.
Tutto quel che noi siamo è già scritto nei nostri cromosomi, ma si tratta di un testo che può essere letto in modi discretamente diversi, anche due gemelli identici, se vivranno in ambienti completamente diversi, non avranno necessariamente le stesse malattie.
In realtà, la quota di obesità inevitabile causata da alterazioni genetiche, o da malattie acquisite, è solo un’esigua minoranza. La stragrande maggioranza dei casi, quella che viene definita obesità comune, è invece favorita da una determinata costituzione, anche ereditabile, ma del tutto evitabile se, contrastando socialmente e individualmente i condizionamenti dell’ambiente, si riescono a praticare stili di vita corretti.
Abbreviato in IMC (o BMI dall’inglese Body Mass Index) è espressione dal rapporto tra il peso e l’altezza ed è lo strumento più comunemente utilizzato per classificare l’obesità. Si calcola dividendo il peso (kg) per l’altezza (m) elevata al quadrato. Ad esempio un adulto di 1 metro e 74 centimetri (1,74 m) di altezza e 82 chilogrammi di peso avrà un BMI = 82 : (1,74)² = 27 circa.
Un bambino di 30 mesi alto 90 centimetri (0,9 m) e di 14 chili di peso avrà un BMI = 14 : (0,9)² = 17,3 circa. Per gli adulti si parla di sovrappeso con un BMI superiore a 25 e di obesità con un BMI superiore a 30. Per i bambini non c’è un valore fisso in conseguenza della variabilità continua della qualità della crescita nel corso degli anni, per cui sono state calcolate delle curve specifiche in base all’età, preparate da diverse istituzioni internazionali, non sempre concordanti fra di loro. Come tutte le curve che usiamo per misurare i bambini, anche queste sono divise in percentili; di conseguenza, seguendo il BMI di un bambino nel tempo, è importante valutare la variazione del suo percentile. Il nostro ipotetico bambino di 30 mesi con un BMI di 17, 3 rientra nella norma. Sarebbe stato sovrappeso se sopra 18,2 (85° percentile per quella età) e obeso se sopra 19,2 (95° percentile per quella età).
Un altro criterio usato per definire la presenza di obesità è la circonferenza vita, indice molto sensibile per il sospetto di complicazioni dell’obesità in quanto è proprio il grasso che si accumula nell’addome che crea problemi all’equilibrio metabolico del nostro organismo. Di fatto è meno usato per le maggiori difficoltà di misurazione e la più problematica accuratezza.
Oggi sappiamo che le lesioni delle arterie prodotte dall’obesità, e che sono alla base del rischio di malattie cardiovascolari dell’adulto, si sviluppano fin dai primi anni di vita. Inoltre un bambino obeso su quattro è affetto da quella che viene oggi definita la “sindrome metabolica“, che ha portato a un incredibile aumento dei casi di diabete tipo 2 in età pediatrica, e uno su due presenta un accumulo di grassi nel fegato (steatosi epatica) con un elevato rischio di ammalarsi di cirrosi epatica da adulto ma, se pur meno frequentemente, anche da bambino.
Ricordiamoci che tra i bambini obesi di 4-5 anni, almeno uno su quattro resta tale anche da adulto. E fra gli adulti obesi le complicazioni per la salute aumentano e a quelle già elencate si aggiungono:
Infine tra le persone obese si registra un’aspettativa di vita inferiore a quella dei soggetti normali.
Curare i bambini che soffrono di obesità infantile è un compito che non si può più rimandare. Per cominciare, alle visite di controllo chiedete al pediatra come va il BMI (Body Mass Index) di vostro figlio, se supera la soglia di rischio o se si sta alzando bruscamente rispetto alla visita precedente.
I genitori hanno i bambini continuamente sotto gli occhi e non sempre riescono a valutare il loro peso da soli; spesso il pediatra ha paura di parlarne perché si è accorto di quanto siano diventati ipersensibili su questo tasto e non sa come affrontare il problema, ma lo farà volentieri se sarete voi ad autorizzarlo.
La terapia dell’obesità impegna molto il pediatra. I percorsi educativi, gli unici oggi raccomandati e che hanno dato prova di funzionare, sono costosi per tempo e risorse. È possibile, quindi, che il vostro pediatra non se la senta di affrontare questa patologia: per aiutare qualcuno a cambiare bisogna trasmettergli la sicurezza che ce la possa fare. In ogni caso saprà sicuramente a chi affidarvi.
Cosa fare se il BMI percentile è aumentato? Cosa ci può consigliare il nostro pediatra? Se per fortuna ce ne siamo accorti per tempo, cioè quando ancora il BMI percentile è compreso fra 85° e 95°, basta davvero poco per rientrare in un binario migliore, senza divieti né sacrifici.
Ridurre le attività sedentarie (tv, pc e videogiochi non oltre le due ore complessive al giorno) perché il rischio di obesità nei bambini cresce con l’aumentare del numero di apparecchi televisivi presenti in casa e raddoppia se il ragazzo ha il televisore nella propria stanza. Indirettamente ridurre la tv migliora l’alimentazione, promuove il movimento e riduce anche i danni psicologici causati dalla tv stessa (alterazioni dello sviluppo neuroevolutivo, della formazione culturale e lavorativa, promozione di comportamenti a rischio come isolamento sociale, abuso di alcool e droghe, sesso precoce).
E se invece ci siamo accorti dell’eccesso di peso un po’ più tardi, quando il BMI ha già raggiunto il 95° o addirittura il 99° percentile? Non è mai troppo tardi: la giovane età rende sempre possibili il miglioramento e persino la guarigione. Esistono tre punti fondamentali per curare l’obesità:
Vediamo di seguito in modo approfondito come applicare queste soluzioni per l’obesità infantile alla vita di tutti i giorni.
La prima importante soluzione è muoversi di più. L’attività motoria è uno dei modi migliori per rimettere in forma i bambini e i ragazzi, tutte le organizzazioni internazionali consigliano almeno un’ora al giorno di gioco libero. I vantaggi dell’attività fisica sono tanti:
Perché il cambiamento dello stile di vita e i suoi benefici durino nel tempo, è necessario che le attività siano piacevoli per il bambino e svolte in un ambiente gratificante. Quindi occorre rispettare le caratteristiche psicofisiche del bambino, i suoi limiti e i suoi bisogni.
In una prima fase è opportuno scegliere un’attività adeguata, favorire quelle a bassa intensità (camminare, andare in bicicletta, tirare calci a un pallone, saltare la corda, ballare, nuotare) e prolungare progressivamente la durata dell’esercizio (cominciando con pochi minuti fino a un’ora).
Il bambino ha bisogno di divertirsi, di essere aiutato a vedere il miglioramento delle sue abilità per accrescere la sua autostima: muoversi diventerà per lui una scelta piacevole e i risultati stupiranno tutti. Vanno inizialmente evitati, o affrontati con prudenza, i programmi di esercizio troppo intenso, come pure l’attività agonistica: l’allenatore, se mira al successo agonistico, è portato a demotivare e a isolare i meno dotati, piuttosto che a spronarli a superare le difficoltà. Va precisato che muoversi è soprattutto il gioco spontaneo con genitori, fratelli e amici.
Muoversi è anche svolgere le semplici attività della vita quotidiana: vestirsi, lavarsi, fare le scale, andare a scuola, a comprare qualcosa, aiutare nei lavori domestici (per un bambino può essere un gioco anche questo). Si può migliorare il comportamento motorio dei figli, modificando il proprio, con grande beneficio per tutti. Per il bambino è fondamentale che siano proprio i genitori a promuovere la sua voglia innata, e spesso sopita, di essere attivo: la sua motivazione al movimento può nascere dal piacere di seguire l’esempio delle persone per lui più importanti.
Il secondo elemento per riuscire a trovare una soluzione all’obesità infantile è mangiare un po’ meglio. Tutti pensano che per dimagrire si debba fare una dieta e pesare tutto ciò che si mangia; molti lo hanno già fatto, senza risultati durevoli. Noi vi proponiamo semplicemente uno stile alimentare più sano (per avere qualche spunto potete leggere il nostro articolo Menù settimanale per bambini).
Le famiglie sanno come si potrebbe mangiare più sano, ma non sempre riescono a farlo da sole e a volte hanno bisogno di un professionista: il pediatra può esservi di grande aiuto nel sostenervi. Autostima e fiducia sono la nostra ricetta per il successo. Perciò il compito che spetta al pediatra e la sua sfida è darvi fiducia nelle vostre capacità personali, sostegno e alcune informazioni su:
La maggior parte dei bambini, se non disturbati, riescono a regolare adeguatamente il loro appetito, ma esistono anche dei bambini particolari che, per loro costituzione genetica, presentano un maggiore difficoltà a restare in equilibrio. Per questi bambini riportiamo qui di seguito alcuni trucchi del professor Panizon, ripresi dallo speciale “bilancia” pubblicato su Uppa nel 2003:
«Tanta verdura all’inizio del pasto. Esistono alimenti in grado (appena, appena) di moderare l’appetito, e nello stesso tempo di ridurre l’assorbimento: sono le fibre; in altre parole i vegetali. I ragazzi di oggi non amano le verdure né la frutta. Ma le verdure e la frutta (perfino i succhi di frutta non zuccherati e “interi”, cioè non trasparenti) contengono poche calorie e molte fibre; inoltre “ingombrano” lo stomaco perché contengono molta acqua. Ebbene, un buon piatto di verdure (o una zuppa, o la verdura passata), poco condito, in apertura del pasto, ha l’effetto di sedare l’appetito e poi di ridurre e graduare l’assorbimento dello zucchero e del grasso. Inoltre fare più pasti (gli obesi a volte mangiano una sola volta nella giornata) aumenta il consumo di calorie da parte dell’organismo (perché anche la digestione è un lavoro) e riduce la voracità».
Il terzo importante punto per contrastare l’obesità infantile è instaurare in casa un clima più disteso. Quasi tutte le famiglie si devono confrontare con tanti problemi: lavoro, denaro, tempo, malattie, controlli sanitari, gestione degli anziani o di familiari non autosufficienti. Se la misura è esagerata, peggiora il clima familiare. A volte, anche quando il problema è stato superato, non si è più capaci da soli di tornare sereni. Provate a pensare al clima della vostra famiglia e al tempo che dedicate ad ascoltare i vostri bambini. L’ascolto è il modo migliore per aumentare l’autostima dei nostri figli, che resta lo strumento migliore per curare anche il loro problema di peso.E i risultati? Per alcuni saranno immediati, per altri si faranno attendere: per valutarli fatevi aiutare dal vostro pediatra; lui (o lei) sa bene che prima devono cambiare i comportamenti e che a volte occorre tempo per trovare le giuste strade per cambiarli. Solo dopo potrà cambiare il BMI percentile del nostro bambino. Il pediatra conosce la storia della vostra famiglia e sa bene che il metabolismo dei bambini, l’età, il sesso, la fase puberale non sono uguali per tutti e ognuno deve fronteggiare le proprie difficoltà. Ognuno può fare un passo verso il cambiamento e tutti possono stare meglio di prima.
Ternano, dopo aver lavorato come pediatra ospedaliero, si occupa di formazione nell’ambito dei corsi di preparazione alla nascita presso il consultorio “Città Giardino” di Terni. È uno degli autori storici di Uppa e ha pubblicato numerosi articoli sullo svezzamento su riviste pediatriche e non solo. Nel 2019 è uscita per Uppa edizioni una nuova versione del suo libro “Io mi svezzo da solo!”