Può capitare di farci caso a occhio nudo, oppure al tatto, mentre accarezziamo il piccolo: la testa del neonato è piatta da un lato, un lato solo, è come se fosse schiacciata, e il bambino tende a dormire e riposare poggiandosi sempre su quel lato. L’effetto è un po’ quello di un pallone sgonfio che si appiattisce quando tocca il pavimento e non riesce a rotolare. Ecco, così si presenta la plagiocefalia, che altro non è che una anomala conformazione della testa del neonato.
La parola arriva dal greco plagios (πλάγιος), ossia “obliquo”, e chefale (κεφαλή), ovvero “testa”.
La forma più frequente di plagiocefalia, o “testa piatta del neonato”, è quella “posizionale”, una deformazione asimmetrica, unilaterale del cranio causata dal mantenimento di una posizione che l’ha “compressa” per lungo tempo (può accadere sia dentro l’utero che dopo il parto) e che coinvolge più spesso la porzione posteriore o laterale della testa.
I segnali di plagiocefalia riguardano, oltre alla deformità del capo, l’alterazione secondaria di altre parti del cranio. Semplificando, tra le caratteristiche della testa piatta del neonato c’è il fatto che, essendo “storta”, risulteranno non allineate anche altre parti del capo: uno degli occhi, a guardarlo dall’alto, può essere posizionato più avanti rispetto all’altro; la mandibola può essere asimmetrica; una delle guance risulta più prominente (bombata) dell’altra.
Perché ciò accade? Alla base della testa piatta del neonato ci sono molte cause.
L’incidenza della testa piatta del neonato, se posizionale, dipende dall’età, con un picco entro i primi 6 mesi di vita e una tendenza a diminuire fino ai 2 anni. La prevalenza in Europa è del 37,8% nei nati a termine e nei neonati senza patologie pregresse alle 8-12 settimane di vita.
Chiarite le dimensioni del fenomeno, cerchiamo di capire ora quali sono i motivi della testa piatta del neonato. I fattori che influiscono sono diversi, come i tasselli di un puzzle che contribuiscono in varia misura all’origine del problema.
Le principali cause di plagiocefalia posizionale si possono già inquadrare prima della nascita, o possono subentrare durante o dopo il parto. Possiamo suddividerle in tre gruppi:
Prima del parto risulta di enorme peso la posizione assunta dal piccolo in utero, che contribuisce a plasmare la volta cranica già prima che il bimbo nasca. Non bisogna però dimenticare anche condizioni particolari come la presenza di una minore quantità di liquido amniotico, ovvero la sostanza in cui il feto è immerso nel sacco amniotico. Se si riduce questo liquido, diminuisce lo spazio a disposizione del bambino e il naturale cuscinetto di ammortizzazione in cui galleggia.
I bimbi che nascono da gravidanza gemellare risultano maggiormente esposti, perché la presenza di due o più feti all’interno della pancia riduce lo spazio per ciascun bimbo e fa aumentare, di conseguenza, la possibilità di assumere posizioni che spingano la testa contro un punto duro che la schiacci.
Come abbiamo visto, già in utero il piccolo può essere “compresso” in una posizione che schiaccia e modella la testa, ma anche durante il parto alcuni eventi possono determinare una plagiocefalia.
I bimbi nati dal primo parto, ad esempio, sono più a rischio perché spesso il travaglio di parto è più lungo e difficoltoso.
Anche un parto distocico, con impiego di strumenti, può contribuire al modellamento della volta cranica che, va ricordato, in epoca neonatale è ancora plastica (pensate all’applicazione del forcipe sulla testolina per l’estrazione). I nati da gravidanza gemellare, oltre al fattore “spazio” descritto sopra, vanno appunto più spesso incontro a plagiocefalia anche per via dell’aumentato rischio di parto distocico, con impiego di strumenti.
Dopo il parto, l’aspetto che più può causare la comparsa di plagiocefalia è il mantenimento della testa in una posizione orientata sempre da un lato. Molti elementi possono influenzare questo aspetto. La prematurità, ad esempio. I neonati che vengono al mondo prima del termine auspicabile sono più esposti a plagiocefalia posizionale. Innanzitutto perché la loro testa è più plastica e modellabile rispetto a quella dei bimbi nati a termine, poi perché stanno più tempo fermi, in quanto presentano un tono muscolare minore. Hanno bisogno di più tempo per muoversi (verosimilmente, la quantità di tempo in più che avrebbero trascorso a riposare nella pancia se fossero nati “a termine”) e quindi tendono a mantenere di più la loro posizione statica.
Anche il torcicollo miogeno, seppur non frequentissimo, influenza la plagiocefalia in questa fase. Si tratta di un’anomala contrattura, congenita o acquisita, di un muscolo chiamato sternocleidomastoideo, che si colloca lateralmente nel collo e, se contratto, lo fa inclinare. Avere il torcicollo miogeno, per quanto nella maggior parte dei casi si risolva spontaneamente e senza lasciare traccia, comporta il fatto che il bimbo non possa voltare la testa da un lato finché il problema non scompare. Rimanendo con la testa sempre appoggiata su un lato solo, questi bambini sono più soggetti di altri allo sviluppo della plagiocefalia posizionale.
Infine, anche la posizione supina (pancia in su), seppure rimanga una pratica salvavita per quanto riguarda il sonno del neonato poiché riduce il rischio di SIDS (morte in culla), è associata a un aumento statistico dei casi di plagiocefalia posizionale.
Posta una diagnosi mediante valutazione clinica del bambino (basta una visita dal pediatra), si può pensare alla gestione del problema. Ma come si cura la testa piatta del neonato? A seconda del bambino e dell’entità della plagiocefalia verrà proposto dal medico un trattamento specifico.
È innanzitutto importante il tempismo. Il cranio del neonato è plastico e agire in tempo permette di attuare un approccio più gentile e naturale. In generale, se il bambino presenta la forma posizionale sarà possibile effettuare un trattamento “conservativo”. I consigli pratici per prevenire la plagiocefalia sono gli stessi che vengono impiegati per trattarla.
Importantissimo è il cambio frequente di posizione. Il neonato con plagiocefalia preferisce orientare il capo sul lato in cui è presente l’asimmetria, determinandone un peggioramento: è fondamentale cambiare spesso la sua posizione o ricorrere alla pratica del tummy time (ne parliamo in questo articolo).
Se il tummy time non è sufficiente, si può pensare alla fisioterapia, specialmente nei casi in cui la plagiocefalia è associata a torcicollo miogeno.
Se dopo i 4 mesi di vita la plagiocefalia non si è risolta o non è migliorata, alcuni studi sostengono trattamenti personalizzati più mirati, come ad esempio il ricorso a un “elmetto” creato su misura con un materiale termoplastico che aiuta il rimodellamento del cranio del neonato compensando l’asimmetria tipica della plagiocefalia (va detto che è comunque raro che si debba ricorrere a questo strumento). In conclusione, esistono dei rischi associati alla testa piatta del neonato? Anche se la plagiocefalia posizionale rappresenta una condizione benigna (non è associata, cioè, ad altre patologie), se non trattata adeguatamente può comportare delle conseguenze non solo estetiche (la deformazione del capo) ma anche su funzioni come la masticazione o il movimento (dato, quest’ultimo, comunque ancora dibattuto).