La tocofobia è un disturbo caratterizzato da una paura intensa e invalidante del parto, che può influenzare profondamente la gravidanza e le scelte delle future mamme. Per saperne di più, abbiamo intervistato Domenico de Donatis, medico psichiatra specializzato presso la scuola di Psichiatria dell’Università di Bologna e direttore sanitario di Serenis.
La tocofobia è una fobia specifica del periodo perinatale che è definita come una grave paura della gravidanza e del parto. Tale intenso stato di ansia può condurre alcune donne all’evitamento del parto e della gravidanza nonostante possano anche desiderare un figlio. Si distinguono principalmente due forme di tocofobia: tocofobia primaria e tocofobia secondaria. La tocofobia primaria riguarda le donne che non hanno partorito e può manifestarsi già in adolescenza o in giovane età adulta. Spesso può derivare dal racconto in famiglia da parte della figura materna di parti traumatici con conseguente sviluppo di paure relative alla gravidanza e al parto. Altre volte, invece, può purtroppo essere condizionata da episodi di abuso sessuale subìti in età infantile e/o adolescenziale.
La tocofobia primaria può determinare diverse conseguenze come l’evitamento dei rapporti intimi e sessuali, un’attenzione esagerata nei confronti di metodi contraccettivi e difficoltà in ambito sessuale (sperimentando condizioni come il vaginismo).
La tocofobia secondaria si riscontra invece in donne che hanno avuto esperienza di parti traumatici o di aborti o anche di eventi traumatici non perinatali. Aspetti traumatici riguardanti parti pregressi possono determinare nella donna una marcata paura che la sua vita o quella del nascituro possa essere in pericolo. Può essere caratterizzata da tutti i sintomi di un classico disturbo da stress post-traumatico come amnesia, pensieri intrusivi o ricordi intrusivi dell’evento, crisi di pianto improvvise. La tocofobia secondaria può infine determinare l’evitamento di ulteriori gravidanze o la decisione di interrompere la gravidanza in corso.
Per quanto riguarda il contenuto della tocofobia questo risulta essere molto sfaccettato e può riguardare la paura di interventi medici (come l’episiotomia), la paura di non avere il controllo della situazione, la paura di provare dolore, la paura di possibili complicanze per il nascituro ed anche la paura delle conseguenze del parto sulla sfera sessuale.
Negli studi di ricerca è stata riscontrata una prevalenza molto variabile di tale condizione a causa dei diversi strumenti diagnostici utilizzati per identificarla, ma si stima che la prevalenza possa variare dal 6% al 14% a seconda del tipo di gravità del quadro clinico.
Si identificano diversi fattori di rischio che possono favorire l’insorgenza della tocofobia e che sono rappresentati innanzitutto dalla presenza di pregressi disturbi di ansia e depressione. Ulteriori fattori di rischio sono caratterizzati dalla presenza di abusi sessuali, precedenti parti traumatici, temperamento ansioso di base, scarso supporto sociale, contesto famigliare ansiogeno. In questi casi è bene prestare particolare attenzione alla presenza di eventuali paure riguardanti la gravidanza e il parto per indagarne le ragioni e il grado di sofferenza che generano ed eventualmente intervenire richiedendo un supporto psicologico e/o psichiatrico.
La tocofobia non è un fenomeno nato di recente. Già alla fine del 1700 ci sono i primi resoconti scritti medici riguardanti la paura patologica del parto. Nonostante l’avanzamento della medicina moderna tale disturbo risulta ancora frequente e per questo motivo negli ultimi 20 anni sono aumentate le ricerche al fine di comprendere meglio tale problematica.
Il contesto culturale e sociale può influire su questo tipo di disturbo primariamente attraverso i fattori di rischio già descritti come lo scarso supporto sociale e contesti famigliari particolarmente ansiogeni o caratterizzati da storie di abuso. Anche il racconto transgenerazionale di esperienze traumatiche di parto può avere un impatto importante sullo sviluppo di stati d’ansia patologici riguardanti la gravidanza e il parto stesso.
La tocofobia può avere un impatto importante sulla salute mentale della donna che ne è affetta e determinare importanti conseguenze durante la gravidanza. La paziente può sperimentare sintomi quali ansia costante, attacchi di panico, insonnia, nervosismo, abbassamento del tono dell’umore. In casi estremi tali sintomi possono portare alla decisione dell’interruzione della gravidanza stessa.
In altre occasioni tale condizione può indurre stati ansiosi persistenti o reazioni importanti di tipo depressivo maggiore nella donna con potenziali ripercussioni negative anche sul feto (attraverso l’attivazione di meccanismi ormonali ed infiammatori) e sulla relazione madre-bambino nel post-partum.
La tocofobia può influenzare la scelta relativa al parto. Può infatti sfociare nella richiesta di un parto cesareo e in tali situazioni viene spesso richiesta una certificazione psicologica o psichiatrica per attestare la necessità di tale procedura al fine di permettere alla donna di affrontare il parto con minori rischi per la propria salute mentale e fisica.
L’approccio più corretto da parte delle persone che si trovano vicino a chi soffre di tocofobia è ovviamente quello di comprendere e accogliere il disagio riportato dalla donna che soffre di una problematica di questo tipo e di non sottovalutare o trascurare tale forma di disturbo d’ansia. L’obiettivo è quello di far sì che la donna che soffre di tocofobia possa ricevere un adeguato aiuto di tipo psicologico che possa trattare efficacemente questo tipo di paura.
Anche da parte del personale sanitario c’è spesso ignoranza rispetto a tale tematica con il rischio dell’impossibilità da parte della donna di usufruire delle appropriate cure psicologiche o psichiatriche. Talvolta per lo stesso motivo anche la scelta del parto cesareo viene preclusa con conseguenze negative per la salute mentale della donna.
In letteratura gli studi riguardanti gli interventi per la tocofobia sono ancora limitati, ma sono disponibili in ogni caso diverse possibilità di trattamento. Esistono percorsi di tipo psicoeducativo riguardanti il processo della nascita che possono essere erogati anche dal personale ostetrico e che permettono di offrire rassicurazione alle future madri e fornire loro le informazioni necessarie per affrontare il parto con maggiore consapevolezza e tranquillità.
Vi sono poi percorsi di tipo psicoterapico prevalentemente di indirizzo cognitivo-comportamentale (CBT) che possono essere di breve durata e che prevedono generalmente un lavoro di ristrutturazione cognitiva dei pensieri e conseguenti emozioni negative relativi al parto con descrizione delle aspettative del parto e rimodulazione delle stesse con l’obiettivo di raggiungere un maggiore controllo e serenità rispetto all’evento stesso.
L’apprendimento, inoltre, di tecniche di rilassamento come la respirazione profonda, la meditazione o lo yoga perinatale permettono alle pazienti di ridurre i livelli generali d’ansia e lo stress correlato al travaglio.
C’è infine la possibilità di interventi più specifici come l’EMDR (eye movement desensitization reprocessing) soprattutto qualora fossero presenti aspetti traumatici associati alla paura del parto.
Non bisogna provare vergogna per eventuali emozioni negative riguardanti la gravidanza e il parto. Come abbiamo visto, sono condizioni piuttosto frequenti nella popolazione generale e che possono essere affrontate e risolte. Per farlo, il primo passo fondamentale è quello di chiedere aiuto a professionisti della salute mentale come psicologi o terapeuti con competenze specifiche sul perinatale. Quando il timore del parto va oltre una fisiologica paura associata alla gravidanza e si manifesta come un disagio più profondo, è importante infatti affrontarlo senza paura e tramite l’aiuto di figure professionali esperte.
Ha girato il mondo a piedi, in bici e sul pedalò, fino a quando ha scoperto l’editoria e il marketing: dopo aver ricoperto i ruoli di redattore prima e di responsabile marketing poi, è diventato CEO di Uppa nel 2017.