Vitamina D a bambini e neonati, quando serve somministrarla?

Questa molecola svolge un ruolo essenziale nel regolare l’assorbimento di calcio e nel metabolismo osseo. Quando è fondamentale una supplementazione?

Irene Campagna , medico e comunicatrice scientifica
bambino assume vitamina D

Dare le gocce di vitamina D è davvero stressante per Marta. «Il bambino le sputa sempre e piange», si lamenta con il pediatra. «Sono proprio necessarie? Non basta portarlo al mare e fargli prendere un po’ di sole?».

Per quanto, per Marta, la somministrazione sia difficoltosa, la supplementazione con la vitamina D ai neonati può essere importante nel  primo anno di vita e, in alcuni casi, anche oltre. La concentrazione di vitamina D nel latte materno può essere insufficiente così come l’esposizione alla luce solare. In questi casi è necessario ricorrere a degli integratori che permettano di raggiungere livelli sufficienti di questa molecola. Ma a cosa serve la vitamina D ai bambini?

Vitamina D per i bambini: a cosa serve?

La vitamina D è importante perché svolge un ruolo essenziale nel regolare l’assorbimento di calcio e nel metabolismo osseo. Sono due le vie fondamentali per produrla:

  1. Tramite la nostra pelle, che è in grado di sintetizzarla a partire dal colesterolo grazie all’azione dei raggi solari.
  2. Tramite il nostro intestino, che può assorbirla direttamente da alcuni alimenti.

In particolare sono ricchi di vitamina D i pesci grassi, ovvero trota, salmone, tonno, sgombro e gli oli di pesce, come l’olio di fegato di merluzzo. I funghi possono contenere quantità variabili di vitamina D e piccole quantità sono contenute anche nelle uova, nel latte vaccino e nei suoi derivati.

Quando serve integrare la vitamina D nei bambini?

Per quanto tempo è necessario dare la vitamina D? Nei primi 12 mesi di vita è consigliata l’integrazione di vitamina D per i bambini con un dosaggio di 400 UI (Unità Internazionale) al giorno. Con la crescita il fabbisogno aumenta e diventa di circa 600 UI al giorno tra i 12 e i 24 mesi di vita. Il latte materno e l’alimentazione complementare possono non fornire quantità sufficienti di questa sostanza.

L’esposizione adeguata alla luce solare potrebbe essere sufficiente per soddisfare il fabbisogno di vitamina D. Tuttavia numerosi fattori, quali la stagione, l’ora del giorno, la copertura nuvolosa, lo smog, il contenuto di melanina nella pelle, influenzano l’esposizione ai raggi UV e quindi la sintesi di vitamina D. Secondo alcuni esperti sarebbe necessario esporre il corpo al sole per 5-30 minuti tra le 10 e le 16 ogni giorno o almeno due volte a settimana senza utilizzare creme solari per soddisfare il fabbisogno di vitamina D.  [1]

Quando non dare la vitamina D invece? La supplementazione può non essere necessaria nei bambini allattati esclusivamente con una formula artificiale. La maggior parte dei latti in formula, infatti, contiene già una quantità supplementare di vitamina D

Dopo l’anno di vita il pediatra può consigliare di proseguire nell’integrazione in presenza di condizioni che potrebbero esporre al rischio di un deficit vitaminico, ovvero:

  • scarsa assunzione con la dieta;
  • pelle scura o ridotta esposizione al sole;
  • obesità;
  • malattie che causano malassorbimento;
  • terapie farmacologiche.

Nella maggior parte dei bambini che seguono una dieta varia ed equilibrata e trascorrono molto tempo all’aria aperta la supplementazione dopo l’anno non è più necessaria.

Come capire se il bambino ha una carenza di vitamina D?

In caso di carenza di vitamina D nei neonati e bambini, le ossa faticano a svilupparsi correttamente e si può manifestare il cosiddetto rachitismo, caratterizzato da ossa più fragili e facilmente deformabili. Se non trattato, il rachitismo può determinare predisposizione a:

  • fratture ossee anche in seguito a traumi modesti;
  • ritardo nella dentizione e nella chiusura delle fontanelle;
  • curvatura delle gambe “a sciabola”;
  • cedevolezza delle ossa del cranio (cranio a pallina di ping pong);
  • il cosidetto rosario rachitico, ovvero la comparsa di sporgenze a livello delle articolazioni tra le coste e lo sterno.

Nelle forme di deficit più gravi i bambini possono faticare a crescere e manifestare ritardo dello sviluppo, convulsioni, spasmi, problemi cardiaci e anomalie dentali.
Ma come capire se si ha poca vitamina D? In casi dubbi, il pediatra può prescrivere un’analisi del sangue, che permette il dosaggio della vitamina.

Dare la corretta dose di vitamina è importante, perché anche il suo eccesso può essere tossico. Si considera eccessiva una quantità uguale o superiore a 1.000 UI tra 0 e 6 mesi e maggiore o uguale a 1.500 UI tra i 6 e i 12 mesi. Un eccesso di vitamina D causa un aumento dell’assorbimento del calcio e, quindi, un incremento di questo minerale nel sangue. Livelli eccessivi di calcio possono provocare nausea, vomito, inappetenza, debolezza muscolare, disturbi neuropsichiatrici, dolore, disidratazione, sete e diuresi eccessive, calcoli renali.

In casi estremi, l’eccesso prolungato di vitamina D può provocare insufficienza renale, calcificazione dei tessuti molli, aritmie cardiache e può anche essere letale. Cosa fare, allora, se il bambino sputa tutta la dose o rigurgita poco dopo averla presa? In questi casi è possibile riprovare a darla in un momento in cui magari il piccolo è più tranquillo. Se, invece, non si è certi della quantità assunta, bisogna fare attenzione a somministrare un’altra dose intera

Note
[1] AA.VV. Sunlight Exposure vs Oral Vitamin D Supplementation for Prevention of Vitamin D Deficiency in Infancy: A Randomized Controlled Trial «Indian Pediatr», novembre 2022, 15;59(11):852-858.
Bibliografia
Articolo pubblicato il 04/10/2023 e aggiornato il 05/10/2023
Immagine in apertura rudi_suardi / iStock

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